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Con un esposto agli Odg di Lombardia e Lazio

 

IL CODACONS DENUNCIA SPOT OCCULTI NEL GIORNALISMO TURISTICO

 

Nel mirino dell'organismo per la tutela dei consumatori il fenomeno delle spese per la produzione di testi e foto dei reportage pubblicati quasi sempre sostenute dagli stessi operatori turistici economicamente interessati ad orientare il pubblico proprio verso le mete proposte ai lettori – Tornano così a riproporsi quesiti e "tormentoni" sulla corretta applicazione della deontologia professionale da parte di chi accetta soggiorni e viaggi offerti gratis a testate e giornalisti - Una realtà che va anche oltre i confini del settore del turismo. Una riflessione di Amedeo Vergani. 

Torna di nuov[ a galla l'annoso problema deontologico riguardante "trasferte e soggiorni gratis" offerti da operatori del settore turistico a testate e a giornalisti che ne approfittano per realizzare a costo zero testi e foto per reportage da proporre ai propri lettori

A far riemergere tutti i "tormentoni" connessi a questo fenomeno ora è il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e la tutela dei diritti di utenti e dei consumatori ) che sul tema ha presentato un esplicito esposto per "spot occulti" ai consigli regionali dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia e del Lazio.

L'iniziativa è stata annunciata ieri attraverso un comunicato stampa nel quale i rappresentanti dei consumatori chiedono all'Odg anche sanzioni per i giornalisti del settore che commettono sgarri alle norme della deontologia professionale.

"Molti consumatori - spiega il Codacons - scelgono la meta delle loro vacanze dopo aver visto sulle riviste di viaggi o nelle rubriche di turismo di quotidiani e periodici, reportage che magnificano, nei loro testi o con foto, determinati luoghi e mete. Peccato però che, spesso, giunti a destinazione si accorgano che la realtà è ben diversa da quella illustrata sulle pagine del giornale. Sovente deludente, a volte anche una vera e propria fregatura".

"Legittimo perciò il dubbio - sostiene l'organismo pro consumatori – che molti dei reportage offerti ai lettori non siano altro che veri e propri spot pubblicitari camuffati da informazione giornalistica. Il sospetto è avvalorato anche da dibattiti e documenti interni alla categoria dei giornalisti secondo i quali i media del settore e i loro collaboratori producono questo genere di informazione quasi di norma con trasferte e soggiorni finanziati dagli stessi soggetti economicamente interessati ad orientare i lettori verso quelle mete turistiche (enti del turismo, tour operator, hotel, compagnie aeree .) ".

"Per questo il Codacons - prosegue il comunicato - ha presentato un esposto ai due principali Consigli regionali dell'Ordine dei giornalisti, Lombardia e Lazio, chiedendo, nell'interesse dei consumatori, di accertare eventuali violazioni alle norme deontologiche imposte dall'ordinamento professionale in difesa dei diritti dei lettori e che non ammettono commistioni tra pubblicità e informazione.E' evidente, infatti, che se i costi di produzione di un servizio giornalistico, anziché essere sostenuti in totale autonomia dall'editore o dai singoli giornalisti, fossero invece "offerti" da un'entità interessata alla promozione dei propri affari attraverso il servizio stesso, ci troveremmo di fronte ad una commistione di interessi che, sicuramente, non offre nessuna garanzia al lettore di terzietà, autonomia e indipendenza sia della testata giornalistica che dei giornalisti che vi operano".

La severa presa di posizione del Codacons ripropone un po' tutti i temi di un dibattito molto articolato, e a suo modo decisamente "illuminante" sul fenomeno dei "viaggi e soggiorni gratis", che - vedi dossier allegato- aveva tenuto banco per giorni, esattamente un anno fa, in diversi forum e notiziari internettiani che si occupano di giornalismo e delle sue problematiche.

In sostanza era fondamentalmente emersa la conferma che gran parte della produzione di testi e foto che alimentano il giornalismo che si occupa di turismo e viaggi è ormai prodotta solo grazie a sponsorizzazioni sostenute economicamente dagli stessi operatori turistici direttamente interessati alle mete proposte ai lettori.

In più, era anche venuta a galla la tendenza degli operatori turistici di accordare viaggi e soggiorni gratis solo a giornalisti e testate in grado di garantire pubblicazioni certe e pienamente funzionali ai loro affari.

Un fenomeno, quest'ultimo, confermato dal fatto che uno dei principali servizi di consulenza offerto dall'Adutei - organismo di raccordo e collaborazione tra trentotto dei più importanti enti nazionali del turismo di Paesi stranieri presenti in Italia - è proprio basato su uno scambio di informazioni tra i suoi membri sulla "validità giornalisti" e sui "risultati effettivi" che sono stati in grado di far ottenere. Vedi http://www.viaggiarenelmondo.it/chisiamo.htm.

Tutti dati e realtà che ovviamente avevano anche sollevato, e dovrebbero sollevare ancora ora, una serie di riflessioni, perplessità e dubbi sulla possibilità che un giornalismo "sponsorizzato" e, nel contempo, facile ostaggio dei suoi "sponsorizzatori", possa davvero assicurare al lettore tutte le dovute garanzie di un'informazione indipendente, completa e, soprattutto al di sopra di ogni sospetto di pubblicità occulta, come appunto denuncia ora il Codacons.

Tra i "tormentoni" sulla correttezza deontologica, o meno, delle produzioni giornalistiche "sponsorizzate", in primo piano c'era soprattutto quello determinato dall'obbligo imposto dalla "Carta dei doveri" del nostro Ordine professionale di rifiutare " pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici" che possano condizionare il nostro lavoro e l'attività redazionale o ledere la nostra credibilità e dignità professionale.

Una norma apparentemente piuttosto chiara. Però, nel dibattito di un anno fa, i colleghi si erano divisi sulla sua interpretazione. Da una parte quelli senza neanche l'ombra di un dubbio : il gratis condiziona, indi "no" assoluto a sponsorizzazioni e affini. Dall'altra invece quelli decisamente convinti che c'è anche la possibilità di accettare senza però farsi condizionare.

Un dilemma che forse ora, dopo l'esposto del Codacons, dovrebbe trovare una risposta definitiva da parte dell'Ordine che, non dimentichiamolo, è l'unico organismo istituzionale che ha il potere, assieme però anche al dovere, di chiarire la delicatissima materia.

Se questa volta ci sarà risposta, rappresenterà un passo molto importante per la tutela, come chiedono i rappresentanti dei consumatori, dei diritti di lettori. Un chiarimento dell'Ordine sarà però anche un elemento determinante per evitare che, nel perdurare dei dubbi e delle incertezze sulla legittimità o meno del "gratis", continuino a persistere emarginazioni e situazioni di lavoro gravemente svantaggiate per chi , pur di non commettere sgarri e per dignità e indipendenza professionale, rifiuta sponsorizzazioni e affini ponendosi così sul mercato, nel caso in particolare di chi opera nel lavoro autonomo, con costi di produzione giudicati poi dai giornali assolutamente improponibili in rapporto a quelli "azzerati", più competitivi, convenienti e accessibili di chi invece cerca, sollecita, accetta e prende a piene mani tutto quanto si può avere per produrre senza spendere.

Così non solo per il giornalismo di turismo. Viaggi e soggiorni gratis, sponsorizzazioni e tutto il resto sono realtà oggettive anche in moltissimi altri settori del giornalismo italiano.

(amedeo vergani)

GSGIV: Spot occulti turismo e viaggi

Dibattito senzabavaglio

Dibattito Barbiere della sera

Notizia Associazione Stampa Toscana

Notizia e dibibattito GSGIV

GSGIV Spot occulti

GSGIV: Spot occulti turismo e viaggi

A Franco Siddi

Presidente Fnsi – Roma

A Paolo Serventi Longhi

Segretario generale FNSI – Roma

A membri Giunta esecutiva Fnsi – Roma

A membri Comcontratto Fnsi- Roma

Prendendo spunto del malcontento generale  per i compensi sempre più esigui espresso da fotogiornalisti e fotografi che collaborano alle riviste del settore viaggi e turismo, i sottoscritti membri della Commissione nazionale contratto, segnalano al Presidente, al Segretario generale e alla Giunta federale Fnsi  la necessità  urgente di sollecitare fiduciari sindacali e comitati di redazione delle testate interessate a vigilare e intervenire affinché vengano ristabiliti rapporti  tra gli editori e i collaboratori che, anche attraverso più equi compensi economici, garantiscano un'informazione corretta e al riparo dal rischio di condizionamenti dell'autonomia dei singoli giornalisti da parte di interessi estranei a quelli dei lettori.

Le attuali tariffe imposte dalle redazioni a chi realizza e fornisce i testi e le immagini pubblicati da questi periodici, sono infatti così esigue da rendere inevitabile il  grave sospetto che buona parte dei servizi proposti ai lettori, essendo sottopagati persino rispetto  ai puri costi che la loro realizzazione dovrebbe comportare,  vengano prodotti grazie a finanziamenti e sponsorizzazioni da parte degli stessi soggetti che dalla loro pubblicazione traggono vantaggi di natura commerciale, concretizzando così commistione tra pubblicità e informazione e tutte le conseguenti  gravi violazioni alle norme deontologiche imposte dall'ordinamento professionale in difesa dei diritti dei lettori.

Amedeo Vergani

Maurizio Papucci

( membri Commissione nazionale contratto Fnsi )

5 luglio 2004

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Notizia Associazione Stampa Toscana

Più vigilanza contro spot occulti nelle riviste di turismo e viaggi

Serve più vigilanza contro il rischio di commistione tra pubblicità e nformazione nel settore delle riviste che si occupano di turismo e di viaggi. L'appello indirizzato ai vertici della Fnsi, arriva da Amedeo Vergani e Maurizio Papucci, fotogiornalisti della Commissione nazionale contratto della Fnsi.

Lo spunto parte dal malcontento esploso in questi ultimi giorni tra fotoreporter e fotografi che collaborano a periodici e rubriche che si occupano di turismo, settore nel quale i compensi, anche per chi realizza i testi, sono arrivati a tali livelli da fame che è ormai inevitabile il sospetto che i reportage proposti, anzichè essere realizzati in piena autonomia economica da giornali e giornalisti, vengano invece prodotti col sostegno finanziario diretto degli stessi soggetti interessati a vendere ai lettori le specifiche mete illustrate dalle riviste.
"Prendendo spunto del malcontento generale per i compensi sempre più esigui espresso da fotogiornalisti e fotografi che collaborano alle riviste del settore viaggi e turismo - hanno scritto Vergani e Papucci – i sottoscritti membri della Commissione nazionale contratto, segnalano al Presidente, al Segretario generale e alla Giunta federale Fnsi la necessità urgente di sollecitare fiduciari sindacali e comitati di redazione delle testate interessate a vigilare e intervenire affinché vengano ristabiliti rapporti tra gli editori e i collaboratori che garantiscano, anche attraverso più equi compensi economici, un'informazione corretta e al riparo dal rischio di condizionamenti dell'autonomia dei singoli giornalisti da parte di interessi estranei a quelli dei lettori".
"Le attuali tariffe imposte dalle redazioni a chi realizza i testi e le immagini pubblicati da questi periodici - spiegano poi i due membri della Commissione contratto - sono infatti così esigue da rendere inevitabile il grave sospetto che buona parte dei servizi proposti ai lettori, essendo sottopagati persino rispetto ai puri costi che la loro realizzazione dovrebbe comportare, vengano prodotti grazie a finanziamenti e sponsorizzazioni da parte degli stessi soggetti che dalla loro pubblicazione traggono vantaggi di natura commerciale, concretizzando così commistione tra pubblicità e informazione e tutte le conseguenti gravi violazioni alle norme deontologiche imposte dall'ordinamento professionale in difesa dei diritti dei lettori".
Il bubbone, pur non essendo una novità per nessuno, è stato riportato nuovamente sotto gli occhi di tutti dopo che, a metà della scorsa settimana, un gruppo di collaboratori della rivista "Weekend Viaggi" ( Fabio Ratti Editoria Srl) ha denunciato le vergognose tariffe pagate dal periodico, specificando che i compensi restano ridicoli anche per gli usi più prestigiosi che le immagini possono trovare su un illustrato: 50 euro per una doppia pagina e 150 per la copertina.
Cifre che, per chiunque sappia fare due conti, pur provvedendo a moltiplicarle per le tre o quattro foto portanti di un servizio, aggiungendoci pure qualche altra decina di euro per le immagini di contorno, difficilmente possono andare a riportare nelle tasche dei fotogiornalisti anche solo le pure e semplici spese sostenute per la produzione di un fotoreportage, soprattutto quando i luoghi e le mete narrati non sono dietro l'angolo di casa ma implicano viaggi, alberghi, noleggio d'auto, pellicole e tutto l'immaginabile resto.
Inevitabile perciò il legittimo sospetto che in questo settore del giornalismo gli "spot occulti" la facciano, ormai, davvero da quasi totale padrone.

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Dibattito Barbiere della sera

20.07.2004
Giornalista andata e ritorno
di Enomao

Slalom surreale nel mondo del giornalismo di viaggio, dove alcuni uffici stampa invitano i free lance, ma li fanno partecipare solo se hanno un accredito. Ma allora, che free lance dovrebbero essere?

All'eductour vengo anch'io! No, tu no. O forse sì. Dipende. Sei accreditato? Da chi? E quante copie tira chi ti accredita?

Come vanno le cose nelle relazioni tra uffici stampa e giornalisti - e in misura direttamente proporzionale all'allure edonistico del settore di attività: turismo, enogastronomia, moda, auto - lo sappiamo tutti.

Ci sono tuttavia soglie che, dall'una e dall'altra parte, non si dovrebbero mai superare, se non al prezzo di scoperchiare un vaso di Pandora dalle conseguenze difficili da controllare.

Ecco perchè, quando nei giorni scorsi ho ricevuto l'invito riportato qui sotto, prima sono trasalito, poi ho contato fino a diecimila per non perdere la calma e infine mi sono chinato sul computer per dire quallo che pensavo. Ovvero quanto segue.

L'invito era questo:

Viaggio stampa tra Baden-Württemberg e Baviera in occasione del 50° anniversario della “Strada delle Rocche” dal 23 al 26 settembre 2004. Degli oltre 1000 km della Strada delle Rocche da Mannheim a Praga, il viaggio porta alla scoperta del tratto che dalla valle del fiume Neckar arriva a Norimberga.

I partecipanti intraprenderanno un viaggio nel passato, a contatto con le numerose sfaccettature della Strada delle Rocche: castelli e fortezze, pittoresche cittadine, storia e cultura, specialità gastronomiche regionali, relax e la possibilità di scoprire la strada turistica dall’acqua.

In allegato il programma, per motivi organizzativi vi preghiamo di confermare la vostra partecipazione entro il 20 luglio. Il gruppo sarà formato da 5 giornalisti.

N.B. per i giornalisti freelance è necessaria la lettera di accredito della testata (minimo 50.000 copie).

Grazie e saluti,
Rosanna Fudoli

Questa è stata la mia risposta, inviata per conoscenza a un centinaio tra colleghi, pr e titolari di uffici stampa:

Cara Rosanna,
scrivo in assoluta serenità e senza la minima intenzione di polemizzare con nessuno, men che meno con te che esegui direttive non tue, ma credo che l'argomento andrebbe sviscerato meglio, in un confronto equilibrato tra professionisti della materia.

Ero a conoscenza da tempo delle nuove "regole" decise dall'Adutei in merito alla richiesta di lettere di accredito ai free lance come condizione per la loro partecipazione ai viaggi stampa e - lo premetto - pur non condividendole ne comprendo in pieno le ragioni, che in buona parte sono ovvie: a nessuno piacciono i "sedicenti" e chiunque invita si aspetta un "ritorno".

Chiarito questo, da un lato aggiungo però che non vedo in virtù di quale regola di deontologia professionale un giornale e/o un redattore possano e/o debbano preventivamente garantire un "ritorno" a chi li invita, visto che almeno in teoria gli inviti dovrebbero essere "prove" o visite conoscitive in determinate destinazioni.

Dall'altro spero che appaia ovvio a tutti come mandare a qualcuno un invito, condizionando però la "validità" dello stesso al rilascio da parte di terzi di un accredito, sia una contraddizione illogica e un po' ridicola.

In altri termini: se un ente invita me, ma a condizione che un altro "garantisca" per me, l'invitato sono io o è l'altro? E in questo caso, perchè non viene invitato direttamente l'altro, senza disturbare me?

Detto ancora più in soldoni: se l'invitato vero non sono io, Stefano Tesi (visto che posso accettare solo se "accreditato"), ma una testata del settore, che casomai potrà inviarmi per rappresentarla, perchè l'invito viene indirizzato a me? Sarebbe logico e necessario che l'invito fosse spedito al giornale e/o al suo direttore il quale, poi, delegherà chi vuole (sé medesimo, un free lance, un redattore, una segretaria, un'amante...) a presenziare.

Ripeto: le ragioni "profonde" di una tale prassi sono ovvie e evidenti a tutti, ma per un professionista che certo non vive di viaggetti a scrocco o di mascherate a nome altrui, quanto accade è avvilente, irritante e offensivo.

Da parte mia, desidero e pretendo o di essere invitato personalmente oppure non essere invitato per nulla. Non mi offenderò se non sono invitato (tanto se sono invitato "a condizione che", è come se non lo fossi); sarò ben lieto, riconoscente e collaborativo, ma senza che ciò mi faccia sentire minimamente vincolato a garantire "ritorni", se invece l'invito è personale.

Vorrei sapere dai rappresentanti degli enti del turismo e dai pr come nell'ambiente è stata accolta questa "regola" dell'accredito e se la cosa, come mi auguro, ha portato loro i giusti benefici nell'evitarei soliti imbucati, sedicenti, etc. Vorrei parimenti sapere dai free lance se dal punto di vista della loro dignità professionale ritengano questa prassi accettabile o meno.

Trovo giustissimo, sia chiaro, che gli uffici stampa abbiano le loro "liste" nere, bianche, grigie, etc. in base alle quali decidere discrezionalmente, come è loro pieno diritto, chi invitare ai viaggi e alle conferenze stampa.

Ma troverei altrettanto giustissimo se i liberi professionisti non accettassero di essere trattati come minorenni o minorati, bisognosi di un tutore.

Del resto, rovesciando la frittata, tutti sanno bene che quando si tratta di invitare le persone non agli ambiti viaggi, ma alle noiose conferenze stampa, i disprezzatissimi free lance di bocca buona tornano più che utili, se poi il pr deve mostrare al committente una sala bella piena e un fitto carnet dei biglietti da visita degli intervenuti. O no?

Concludendo, mi piacerebbe davvero conoscere la pacata opinione di tutti sull'argomento, convinto che solo un progressivo "ripulisti generale" (di imbucati professionali da un lato, di operatori troppo furbi dall'altro) potrà forse contribuire a migliorare la situazione.

In attesa degli auspicati riscontri, saluto cordialmente l'intera comunità.

Stefano Tesi

PS: non volendo, nè potendo, nè trovando giusto andare in giro a questuare un "accredito" di qualche tipo, è sottinteso che non potrò partecipare al pur interessante viaggio stampa in oggetto.

Bene, caro Barbiere, questo è l'argomento del contendere. Che, nell'ambiente, sta scatenando un discreto putiferio.

Siccome però, come ho premesso, so perfettamente che il fenomeno non è ristretto al settore dei viaggi, ma con le dovute differenze abbraccia trasversalmente tutto il mondo giornalistico, vorrei sapere che ne pensano i tuoi avventori. Cioè, volevo dire lettori.

Saluti,

Stefano

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la mia opinione
Terronzio - 20.07.2004

Effettivamente è un problema che esiste. Sono giornalista e sono freelance e mi sono anch'io trovato alle volte nella tua situazione, senza lettere d'incarico. Vorrei però spiegarti che gli US non hanno tutti i torti. Pensa agli squallidi che approfittano di queste occasioni per farsi il viaggetto gratis e poi non fanno uscire un tubo. Purtroppo per queste mele marce paga tutta la categoria. Io ormai ho guadagnato "sul campo" una certa fiducia degli Uffici Stampa, e non sono il solo. Eppure capisco il problema. Continua a insistere che viaggi-stampa se ne organizzano di continuo.
T

 

Re: Giornalista andata e ritorno
Terronzio - 20.07.2004

Poiché queste cose le sai (il mio pc ha fatto casino e ti ha mandato un commento non completo), ripeto insisti. Purtroppo il malvezzo dello scrocco ha assunto proporzioni significative. Sono sempre una minoranza a farli, ma per quelli paghiamo tutti.

 

Re: Giornalista andata e ritorno
edward crane - 20.07.2004

se credi che partecipare agli educational sia giornalismo serio, ti meriti il trattamento da servo un po' sfigato che ti riservano gli uffici stampa.

 

Re: Giornalista andata e ritorno
Sailor - 20.07.2004

Freelance o articoli 1, poco importa: accettare un viaggio come questo è una forma di corruzione.

Le organizzazioni giornalistiche serie (nel resto del mondo, chiaro) non accettano inviti di questo tipo: se decidi che vale la pena coprire un evento (o un itinerario turistico), ci vai e paghi tutte le spese.

Personalmente, non ho mai accettato viaggi o altre regalie, e quando mi capita di lavorare come addetto stampa ai giornalisti offro idee e contatti interessanti, mai biglietti aerei, cene e hotel 5 stelle.

 

Re: Giornalista andata e ritorno
JoMontalban - 20.07.2004

Ricordo il mio primo stage in un grande giornale. Mi mandarono a una conferenza stampa di una grande impresa. Mi rifiutai di prendere "l'omaggio" e nel corso della conferenza stampa non mi sono astenuto da fare domande "scomode". Al ritorno in redazione il capo mi ha chiesto immediatamente di tirar fuori il "regalino". Non voleva credere che non l'avevo preso... eppoi non mi pubblicò neanche l'articolo molto critico nei confronti dei dati diffusi dall'azienda in questione... Anche questo è il giornalismo, signori.

 

Re: Giornalista andata e ritorno
Giovanni Drogo - 20.07.2004

Io invece arraffo tutto: viaggi, cibo, gadget. Ma poi scrivo quel che mi pare. Sarà per questo, ma ormai mi invitano solo se hanno vere notizie.

 

caro Edward
Terronzio - 21.07.2004

Ho letto con un po' d'invidia il tuo commento. Anche io vorrei essere un freelance, come forse lo sei tu, che si possa permettere di fare un pezzo di giornalismo "serio" con una testata che mi paga tutto. Qualche volta per fortuna mi accade, non sempre, ma accade. Invece sono un freelance, quindi, in Italia, sono un collega di serie b... eppure mi pare, ma sicuramente mi sbaglio, che ci siano un paio di testate che hanno una convenzione con una casa automobilistica che gli offre macchine, 2 treni gomme l'anno e benzina gratis.... Perché lo cito? Ma è chiaro perché sono geloso. Quelli si che sono veri giornalisti (e potrei continuare con taanti esempi di questo tipo). Poveretti quei colleghi, loro sono costretti ad accettare. Queste non sono regalìe. Fuor di metafora si può fare un buon pezzo anche sfruttando gli educational. Le aziende che davvero s'ingraziano i giornalisti con i regalini non sono tantissime (una penna Mont Blanc poi, puoi sempre rifiutarla). Spesso sono invece i colleghi a volersi prostrare oltre il dovuto. Potrebbero evitarlo. Torniamo a considerare gli educational per quello che sono: uno strumento di lavoro.
T
PS. Drogo mandami un tuo poster autografo. Voglio appenderlo in camera mia!!!

 

Re: Giornalista andata e ritorno
Observer - 22.07.2004

Cari colleghi integerrimi con treni di gomme e realisti, secondo me il problema è un altro: la professionalità degli uffici stampa e dei Pr. Per quale motivo l'Adutei, l'ente che raggruppa gli enti turistici dei paesi esteri in Italia, ha deciso di inserire questa clausola sugli accrediti? Perché i viaggi da loro organizzati sono frequentati da pataccari. Chi ha il compito (per il quale viene profumatamente pagato) di filtrare gli inviti, lasciando a casa i pataccari e invitando gente seria (l'accredito non c'entra)? Uffici stampa e Pr. Perché non lo fanno? Per farsi belli con i loro committenti con i numeri degli invitati, cioè quantità a scapito della qualità. Tanto chi nel governo filippino è in grado di controllare se il filtro è stato efficace? Certo, se il governo filippino fosse furbo scaricherebbe il Pr o Us che ha una bassa "resa" di servizi pubblicati in rapporto ai viaggi effettuati, perché la responsabilità è tutta sua. Perché questo non avviene? Mah, un po' perché il governo filippino non funziona, un po' perché spesso i legami fra governo e Pr sono di natura non squisitamente professionale...
Ma al di là dei motivi, il problema è questo: si converte l'incapacità di Pr e Us in un diktat (l'accredito da 50mila copie, come se l'Ads fosse una cosa seria...) a danno dei colleghi seri come Enomao. Saluti e buon lavoro

 

scusa sailor
risi&bisi - 26.07.2004

''Le organizzazioni giornalistiche serie (nel resto del mondo, chiaro) non accettano inviti di questo tipo: se decidi che vale la pena coprire un evento (o un itinerario turistico), ci vai e paghi tutte le spese''.
non voglio pesare la serietà di editori, direttori e giornalisti stranieri anche perché ''resto del mondo'' è un'area geografica un po' troppo vaga, ma a livello Gran Bretagna non è affatto vero che le testate inglesi (ah, il mitico giornalismo anglosassone) non accettano inviti. Li accettano eccome, solo che quando avviene lo dichiarano in calce al pezzo scrivendo che John Smith ha viaggiato Quantas, guidato una Avis e soggiornato in un Hilton.
Credo che il punto sia uno solo: Jonny, invitato o meno, ha scritto le cose come stanno o ha smarchettato? Io, ad esempio, sento puzza di marchetta quando leggo di splendide cornici e di immaginario collettivo.

 

Re: Giornalista andata e ritorno
Enomao - 29.07.2004

Cari commentatori,
rispondo con un certo ritardo perchè, per motivi almeno a me ignoti, i commenti in calce agli articoli erano spariti dal Barbiere.
Noto, nelle parole di alcuni, parecchi equivoci. Inevitabile, visto che la mia letterina al BdS era parte di un ben più ampio e articolato dibattito tra me e alcune decine di colleghi del settore.
Cercherò quindi di chiarire meglio il mio pensiero, visto che molti mi hanno eccepito esattamente quello che invece intendevo dire.
1) E' vero che esistono testate che ti "inviano" e, oltre alla tua parcella, pagano tutte le spese. Io lavoro in prevalenza con queste. Sostenere però che ciò possa o debba essere una regola inderogabile è irrealistico. Se non ci sono collusioni (ed è frequente che non ci siano) tra chi ospita e chi scrive - al punto che chi scrive lo fa su argomenti o con tagli talvolta del tutto estranei al settore di attività dell'ospitante - non vedo nulla di male nell'accettare un invito, purchè appunto i patti siano chiari. Del resto, quando un giornale ti paga le spese o te le copre (nel senso che la testata ti procura biglietti aerei, prenotazioni alberghiere, servizi, etc.), nessuno si preoccupa, nè può sapere, se l'omaggio sia stato fatto al committente del servizio e/o se i denari dell'editore abbiano provenienza moralmente lecita. Quindi non diciamo sciocchezze: la mia professionalità e il mio rispetto delle norme deontologiche sono perfettamente integre nel momento in cui, in piena autonomia, scrivo ciò che voglio su quello che voglio, a prescindere da chi mi manda e da chi paga.
2) Caro Edward Crane, risparmiami le lezioncine sulla serietà giornalistica: di norma neppure io partecipo agli educational e, quando lo faccio, non credo affatto di fare del "giornalismo serio". Credo però il contrario: che si possa fare del giornalismo serio se per vedere, verificare, raccogliere informazioni e raccontare, capita di sfruttare un educational e si visitano (svicolando al momento opportuno) realtà altrimenti inaccessibili. Il mestiere del giornalista è fatto di ricerca e di curiosità, occorre guardarsi intorno e trovare notizie: per fare questo, quasi ogni mezzo è lecito. Se posso pagare un informatore per avere certe informazioni, non vedo perchè non possa utilizzare un educational per averle.
Vedo poi in giro, viceversa, molto "giornalismo serio" nelle pretese ma pessimo nei risultati: come se il fatto che uno vada a spese sue e del giornale, scansando ogni possibile tentazione e/o o ccasione di potenziale "inquinamento", bastasse a salvaguardare costui, se costui è un cretino, dal non vedere o dal non capire niente.
Mi pare anzi che quest'ultimo - cioè della capacità intrinseca, o della "bravura" del giornalista - sia un argomento scomodo che spesso tra noi si preferisce ignorare, utilizzando le pregiudiziali della deontologia per non riconoscere l'ampia insufficienza qualitativa della categoria. O no?
3) Giusta l'osservazione di risi&bisi sull'opportunità di segnalare in fondo al pezzo chi ha ospitato l'autore dell'articolo: se costui e la testata godono di stima e prestigio, il fatto che abbiano viaggiato spesati a mio parere non inficia per niente la loro credibilità. E' proprio su questo che si fonda la battaglia mia e di altri colleghi. Fare moralismo manicheo sulla inaccettabilità generalizzata di qualsiasi agevolazione è un po' ridicolo. Buona parte del nostro mondo funziona così e noi ne facciamo parte. Fingere di non vedere è patetico. L'importante è salvaguardare dignità, professionalità e serietà.
4) E' vero che non tutti gli uffici stampa sono uguali e che molti stanno dalla stessa parte dei giornalisti, offrendo notizie, contatti, assistenza senza chiedere in cambio nulla. E' proprio per questo che stupisce il comportamento dell'Adutei.
5) E' anche l'ora di finirla con discorso, un po' semplicistico, che "i free lance accettano tutto, viaggiano a scrocco e guastano il paniere". Sono argomenti da bar sport. La realtà è estremamente variegata:
-a viaggiare moltissimo, ben volentieri, quasi sempre sotto forma di viaggio premio, senza alcuna esperienza e senza alcun vero interesse verso il tema del viaggio sono proprio i redattori per i quali, grazie allo stipendio sicuro riscosso il 27 del mese, il viaggio è sovente una "vacanza" tout court, ambita e inseguita: ricevo in continuazione da colleghi assunti richieste di consigli su come "fare qualche viaggio";
-il free lance vero - colui cioè che campa del proprio lavoro - non può sprecare il suo tempo in "vacanze", ancorchè pagate da altri, e quindi si guarda bene dal partecipare a viaggi, conferenze stampa e iniziative che non gli diano una possibilità di giadagno e che per lui rappresentano, quindi, non un ricavo ma un costo; ne deriva che non possono essere condiderati free lance, ma sedicenti tali e/o dopolavoristi e/o hobbysti e/o semiprofessionisti quelli che si dedicano all'attività di partecipazione sistematica ai viaggi stampa. Senza offendere nessuno, sia chiaro: ma non si può (soprav)vivere stando in vacanza a vita.
6) Prima di esprimersi su argomenti apparentemente semplici come questo di cui stiamo discorrendo, sarebbe meglio poter mettere in campo un po' d'esperienza. Aver fatto un paio di educational e aver rifiutato qualche gadget alle conferenze stampa è ben lontano dall'avere conoscenza di una realtà (quella di pr, giornalismo, uffici stampa, stampa di turismo e di viaggio, etc.) - complessa quale è la nostra. Si tratta di uno degli snodi critici della professione. Occorre uscire dall'ipocrisia e dagli equivoci e ricostruire il profilo della professionalità del giornalista alla luce di un articolato stato di fatto: OdG, contratti, pubblicisti e professionisti, pr e uffici stampa, Inpgi, lettere d'incarico, abusivi, sedicenti, "tesserini", etc. etc.
Tutto il resto è fuffa.
Saluti e grazie per l'attenzione.

Enomao

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Più vigilanza contro spot occulti nelle riviste di turismo e viaggi 

Serve più vigilanza contro il rischio di commistione tra pubblicità e nformazione nel settore delle riviste che si occupano di turismo e di viaggi. L'appello indirizzato ai vertici della Fnsi, arriva da Amedeo Vergani e Maurizio Papucci, fotogiornalisti della Commissione nazionale contratto della Fnsi.

Lo spunto parte dal malcontento esploso in questi ultimi giorni tra fotoreporter e fotografi che collaborano a periodici e rubriche che si occupano di turismo, settore nel quale i compensi, anche per chi realizza i testi, sono arrivati a tali livelli da fame che è ormai inevitabile il sospetto che i reportage proposti, anzichè essere realizzati in piena autonomia economica da giornali e giornalisti, vengano invece prodotti col sostegno finanziario diretto degli stessi soggetti interessati a vendere ai lettori le specifiche mete illustrate dalle riviste.
"Prendendo spunto del malcontento generale per i compensi sempre più esigui espresso da fotogiornalisti e fotografi che collaborano alle riviste del settore viaggi e turismo - hanno scritto Vergani e Papucci – i sottoscritti membri della Commissione nazionale contratto, segnalano al Presidente, al Segretario generale e alla Giunta federale Fnsi la necessità urgente di sollecitare fiduciari sindacali e comitati di redazione delle testate interessate a vigilare e intervenire affinché vengano ristabiliti rapporti tra gli editori e i collaboratori che garantiscano, anche attraverso più equi compensi economici, un'informazione corretta e al riparo dal rischio di condizionamenti dell'autonomia dei singoli giornalisti da parte di interessi estranei a quelli dei lettori".
"Le attuali tariffe imposte dalle redazioni a chi realizza i testi e le immagini pubblicati da questi periodici - spiegano poi i due membri della Commissione contratto - sono infatti così esigue da rendere inevitabile il grave sospetto che buona parte dei servizi proposti ai lettori, essendo sottopagati persino rispetto ai puri costi che la loro realizzazione dovrebbe comportare, vengano prodotti grazie a finanziamenti e sponsorizzazioni da parte degli stessi soggetti che dalla loro pubblicazione traggono vantaggi di natura commerciale, concretizzando così commistione tra pubblicità e informazione e tutte le conseguenti gravi violazioni alle norme deontologiche imposte dall'ordinamento professionale in difesa dei diritti dei lettori".
Il bubbone, pur non essendo una novità per nessuno, è stato riportato nuovamente sotto gli occhi di tutti dopo che, a metà della scorsa settimana, un gruppo di collaboratori della rivista "Weekend Viaggi" ( Fabio Ratti Editoria Srl) ha denunciato le vergognose tariffe pagate dal periodico, specificando che i compensi restano ridicoli anche per gli usi più prestigiosi che le immagini possono trovare su un illustrato: 50 euro per una doppia pagina e 150 per la copertina.
Cifre che, per chiunque sappia fare due conti, pur provvedendo a moltiplicarle per le tre o quattro foto portanti di un servizio, aggiungendoci pure qualche altra decina di euro per le immagini di contorno, difficilmente possono andare a riportare nelle tasche dei fotogiornalisti anche solo le pure e semplici spese sostenute per la produzione di un fotoreportage, soprattutto quando i luoghi e le mete narrati non sono dietro l'angolo di casa ma implicano viaggi, alberghi, noleggio d'auto, pellicole e tutto l'immaginabile resto.
Inevitabile perciò il legittimo sospetto che in questo settore del giornalismo gli "spot occulti" la facciano, ormai, davvero da quasi totale padrone.

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Dibattito GSGIV

Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva
                 - Associazione lombarda dei giornalisti -


NOTIZIE PER GLI ASSOCIATI  42/2004
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Appello ai vertici Fnsi

PIU' VIGILANZA
CONTRO SPOT OCCULTI
NELLE RIVISTE
DI TURISMO&VIAGGI
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   Serve più vigilanza contro il rischio di commistione tra pubblicità e
informazione nel settore delle riviste che si occupano di turismo e di
viaggi.
   L'appello indirizzato oggi ai vertici della Fnsi, arriva da Amedeo
Vergani e Maurizio Papucci, fotogiornalisti della Commissione nazionale
contratto della Fnsi. Lo spunto parte dal malcontento esploso in questi
ultimi giorni tra fotoreporter e fotografi che collaborano a periodici e
rubriche che si occupano di turismo, settore  nel quale i compensi,  anche
per chi realizza i testi, sono arrivati a tali livelli da fame che è ormai
inevitabile il sospetto che i reportage proposti, anzichè essere realizzati
in piena autonomia  economica da giornali e giornalisti, vengano invece
prodotti  col sostegno finanziario diretto degli stessi soggetti interessati
a vendere ai lettori le specifiche mete illustrate dalle riviste.
   "Prendendo spunto del malcontento generale  per i compensi sempre più
esigui espresso da fotogiornalisti e fotografi che collaborano alle riviste
del settore viaggi e turismo - hanno scritto Vergani e Papucci - i
sottoscritti membri della Commissione nazionale contratto, segnalano al
Presidente, al Segretario generale e alla Giunta federale Fnsi  la necessità
urgente di sollecitare fiduciari sindacali e comitati di redazione delle
testate interessate a vigilare e intervenire affinché vengano ristabiliti
rapporti tra gli editori e i collaboratori che garantiscano, anche
attraverso più equi compensi economici, un'informazione corretta e al riparo
dal rischio di condizionamenti  dell'autonomia dei singoli giornalisti da
parte di interessi estranei a quelli dei lettori".
    "Le attuali tariffe imposte dalle redazioni a chi realizza i testi e le
immagini pubblicati da questi periodici - spiegano poi i due membri della
Commissione contratto - sono infatti così esigue da rendere inevitabile il
grave sospetto che buona parte dei servizi proposti ai lettori, essendo
sottopagati persino rispetto ai  puri costi che la loro realizzazione
dovrebbe comportare, vengano prodotti grazie a finanziamenti e
sponsorizzazioni da parte degli stessi soggetti che dalla loro pubblicazione
traggono vantaggi di natura commerciale, concretizzando così commistione tra
pubblicità e informazione e tutte le conseguenti  gravi violazioni alle
norme deontologiche imposte dall'ordinamento professionale in difesa dei
diritti dei lettori".
   Il bubbone, pur non essendo una novità per nessuno, è stato riportato
nuovamente sotto gli occhi di tutti dopo che, a metà della scorsa settimana,
un gruppo di collaboratori della rivista "Weekend Viaggi" ( Fabio Ratti
Editoria Srl) ha denunciato le vergognose tariffe pagate dal periodico,
specificando che i compensi restano ridicoli anche per gli usi più
prestigiosi che le immagini possono trovare su un illustrato: 50 euro per
una doppia pagina e 150 per la copertina.
  Cifre che, per chiunque sappia fare due conti, pur provvedendo a
moltiplicarle per le tre o quattro foto portanti di un servizio,
aggiungendoci pure qualche altra decina di euro per le immagini di contorno,
difficilmente possono andare a riportare nelle tasche dei fotogiornalisti
anche solo le  pure e semplici  spese sostenute per la produzione di un
fotoreportage, soprattutto quando i luoghi e  le mete narrati non sono
dietro l'angolo di casa ma implicano viaggi, alberghi, noleggio d'auto,
pellicole e tutto l'immaginabile resto.
  Inevitabile perciò il legittimo sospetto che in questo settore del
giornalismo gli "spot occulti" la facciano, ormai, davvero da quasi totale
padrone.

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Milano, 5 luglio 2004


2-


Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva
                 - Associazione lombarda dei giornalisti -


NOTIZIE PER GLI ASSOCIATI  43/2004
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Sempre più evidente la commistione informazione&pubblicità tra i turistici

" MIO CARO  FREELANCE
SENZA TESTATA CHE PUBBLICA
NIENTE INVITO
AL VIAGGIO STAMPA GRATIS"

Così, più o meno, la linea dell' Adutei, associazione dei delegati ufficiali
del turismo estero in Italia, che negli interscambi di esperienze tra i suoi
soci offre anche   una sbalorditiva banca dati su "validità giornalisti e
risultati effettivi" - Tutti schedati?

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   Altro chiaro segnale dell'imperversare della commistione
informazione&pubblicità nel settore del giornali e dei giornalisti che si
occupano di turismo e viaggi. Questa volta arriva dall 'Adutei, associazione
dei delegati ufficiali del turismo estero in Italia, attiva da più di venti
anni e che raggruppa le rappresentanze di quaranta dei Paesi stranieri
maggiormente interessati  ed attrezzati per attirare turisti e viaggiatori
italiani.
   Il segnale è nella nuova regola che prevede che inviti  per viaggi
stampa,  e tutto il resto, valgono solo per giornalisti che hanno alle
spalle una testata ben precisa, freelance compresi.
  In sostanza, pure se non è detto a chiare lettere, viaggia su invito
gratis solo  chi garantisce il  "ritorno" di una pubblicazione certa.
   Non tutte le testate però sono ammesse. " Per i giornalisti freelance -
ha scritto pochi giorni fa a dei colleghi l'addetta stampa dell'Adutei,
Rosanna Fudoli, pubblicista - è necessaria la  lettera di accredito della
testata : minimo 50.000 copie". Niente ospitalità gratis perciò alle
tirature proletarie.
   L'associazione degli uffici turistici stranieri  ha poi un'organizzazione
davvero molto precisa anche in fatto di selezione tra giornalisti da
invitare e quelli invece da lasciare a casa. Ce lo racconta persino la sua
stessa pagina di presentazione internet (
http://www.viaggiarenelmondo.it/chi_siamo.html ) , che, dopo aver spiegato
di avere tra i suoi ruoli portanti quello dell' interscambio di informazioni
tra gli enti ufficiali dei Paesi stranieri che vendono turismo agli
italiani,  nell'elenco dei servizi offerti ai propri soci pone, proprio al
secondo posto, una voce che lascia sbalorditi e nel contempo che ce la dice
davvero molto lunga: "validità giornalisti (risultati effettivi)".
   In sostanza, colleghi che cacciate viaggi "no pay" e tutto il resto,
occhio che se siete passati dall'Adutei, siete tutti schedati , nel bene e
nel male,  in una bella banca dati  e magari - qui però dovreste saperlo
voi - anche alla faccia di qualsiasi norma sulla privacy escogitata da
Rodotà&C per cercare di aiutarci a tenere  riservati i nostri variegati usi
e costumi.
   Viste le novità, qualche raro collega si è già incavolato. Tra i
pochissimi  anche Stefano Tesi, giornalista professionista senese, libero
professionista, che per sensibilizzare la categoria ha deciso di sparare ai
quattro venti, con raffiche di mail a colleghi noti e ignoti,  la risposta
risentita - leggere sotto - data all'addetta stampa dell'Adutei, nella quale
, tra l'altro, accenna anche al fatto che le aspettative dell'associazione
degli enti turistici stranieri dovrebbero tenere un po' più  in conto le
norme deontologiche che in Italia vincolano qualsiasi giornalista che si
rispetti.
   E qui, tanto per permettere un bel ripasso a tutti, il Gsgiv si unisce al
collega Stefano Tesi e vi regala un passaggio delle norme sulle
incompatibilità che ci sono imposte , in difesa dei lettori, della "Carta
dei doveri" del nostro Ordine professionale.
  " Il giornalista - dice senza lasciare dubbi questo documento sulla
deontologia professionale -  rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni,
vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o
prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo
lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità
professionale".
  Rifiuta dice la Carta. e chi non lo fa, ricordiamo noi, sgarra.
  E questo ovviamente vale, oltre che per i turistici, anche  per tutti gli
altri i settori del giornalismo.
  Il gratis, si sa, fa gola a tutti.

AV

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MESSAGGIO DI STEFANO TESI

Cara Rosanna, scrivo in assoluta serenità e senza la minima intenzione di
polemizzare con nessuno, men che meno con te che esegui direttive non tue,
ma credo che l'argomento andrebbe sviscerato meglio, in un confronto
equilibrato tra professionisti della materia. Ero a conoscenza da tempo
delle nuove "regole" decise dall'Adutei in merito alla richiesta di lettere
di accredito ai free lance come condizione per la loro partecipazione ai
viaggi stampa e - lo premetto - pur non condividendole ne comprendo in pieno
le ragioni, che in buona parte sono ovvie: a nessuno piacciono i "sedicenti"
e chiunque invita si aspetta un "ritorno". Chiarito questo, da un lato
aggiungo però che non vedo in virtù di quale regola di deontologia
professionale un giornale e/o un redattore possano e/o debbano
preventivamente garantire un "ritorno" a chi li invita, visto che almeno in
teoria gli inviti dovrebbero essere "prove" o visite conoscitive di
determinate destinazioni. Dall'altro spero che appaia ovvio a tutti come
mandare a qualcuno un invito, condizionando però la "validità" dello stesso
al rilascio da parte di terzi di un accredito, sia una contraddizione
illogica e un po' ridicola. In altri termini: se un ente invita me, ma a
condizione che un altro "garantisca" per me, l'invitato sono io o è l'altro?
E in questo caso, perchè non viene invitato direttamente l'altro, senza
disturbare me? Detto ancora più in soldoni: se l'invitato vero non sono io,
Stefano Tesi (visto che posso accettare solo se "accreditato"), ma una
testata del settore, che casomai potrà inviarmi per rappresentarla, perchè
l'invito viene indirizzato a me? Sarebbe logico e necessario che l'invito
fosse spedito al giornale e/o al suo direttore il quale, poi, delegherà chi
vuole (sè medesimo, un free lance, un redattore, una segretaria,
un'amante...) a presenziare. Ripeto: le ragioni "profonde" di una tale
prassi sono ovvie e evidenti a tutti, ma per un professionista che certo non
vive di viaggetti a scrocco o di mascherate a nome altrui, quanto accade è
avvilente, irritante e offensivo. Da parte mia, desidero e pretendo o di
essere invitato personalmente oppure non essere invitato per nulla. Non mi
offenderò se non sono invitato (tanto se sono invitato "a condizione che" è
come se non lo fossi); sarò ben lieto, riconoscente e collaborativo, ma
senza che ciò mi faccia sentire minimamente vincolato a garantire "ritorni",
se invece l'invito è personale. Vorrei sapere dai rappresentanti degli enti
del turismo e dai pr come nell'ambiente è stata accolta questa "regola"
dell'accredito e se la cosa, come mi auguro, ha portato loro i giusti
benefici nell'evitare i soliti imbucati, sedicenti, etc. Vorrei parimenti
sapere dai free lance se dal punto di vista della loro dignità professionale
ritengano questa prassi accettabile o meno. Trovo giustissimo, sia chiaro,
che gli uffici stampa abbiano le loro "liste" nere, bianche, grigie, etc. in
base alle quali decidere discrezionalmente, come è loro pieno diritto, chi
invitare ai viaggi e alle conferenze stampa. Ma troverei altrettanto
giustissimo se i liberi professionisti non accettassero di essere trattati
come minorenni o minorati, bisognosi di un tutore. Del resto, rovesciando la
frittata, tutti sanno bene che quando si tratta di invitare le persone non
agli ambiti viaggi, ma alle noiose conferenze stampa, i disprezzatissimi
free lance di bocca buona tornano più che utili, se poi il pr deve mostrare
al committente una sala bella piena e un fitto carnet dei biglietti da
visita degli intervenuti. O no? Concludendo, mi piacerebbe davvero conoscere
la pacata opinione di tutti sull'argomento, convinto che solo un progressivo
"ripulisti generale" (di imbucati professionali da un lato, di operatori
troppo furbi dall'altro) potrà forse contribuire a migliorare la situazione.
In attesa degli auspicati riscontri, saluto cordialmente l'intera comunità.
Stefano Tesi
PS: non volendo, nè potendo, nè trovando giusto andare in giro a questuare
un "accredito" di qualche tipo, è sottinteso che non potrò partecipare al
pur interessante viaggio stampa in oggetto.

MESSAGGIO INVIATO A STEFANO TESI DA ROSANNA FUDOLI

--- events ha scritto: > >
Viaggio stampa tra Baden-Württemberg e Baviera in > occasione del 50° >
anniversario della "Strada delle Rocche" > dal 23 al 26 settembre 2004 > > >
Degli oltre 1000 km della Strada delle Rocche da > Mannheim a Praga, il >
viaggio porta alla scoperta del tratto che dalla > valle del fiume Neckar >
arriva a Norimberga. > > I partecipanti Intraprenderanno un viaggio nel >
passato, a contatto con le > numerose sfaccettature della Strada delle
Rocche: > castelli e fortezze, > pittoresche cittadine, storia e cultura,
specialità > gastronomiche regionali, > relax e la possibilità di scoprire
la strada > turistica dall'acqua. > > > > In allegato il programma, per
motivi organizzativi > vi preghiamo di > confermare la vostra partecipazione
entro il 20 > luglio. > > Il gruppo sarà formato da 5 giornalisti. > > > >
N.B. per i giornalisti freelance è necessaria la > lettera di accredito
della > testata (minimo 50.000 copie) > > > > Grazie e saluti, Rosanna
Fudoli > > > > Centro del Turismo > Viale Brianza, 33 > 20127 Milano > Tel.
+39 02 6694.202/345/430 > Fax +39 02 6694.639 > [email protected] >
www.centrodelturismo.it > www.viaggivacanze.info > > --- > Outgoing mail is
certified Virus Free. > Checked by AVG anti-virus system >
(http://www.grisoft.com). > Version: 6.0.719 / Virus Database: 475 - Release
> Date: 12/07/2004 > > ATTACHMENT part 2 application/msword
name=viaggiostampa 23.26sett. BWBAY.doc

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Saluti a tutti
Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell'Alg

Milano , 18 luglio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3-

Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva
                 - Associazione lombarda dei giornalisti -


NOTIZIE PER GLI ASSOCIATI  44/2004
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Incompatibilità professionali & spot occulti

CONDANNATI ALLO SGARRO
DEI REPORTAGE CON SPONSOR
PER  SOPRAVVIVERE
ALL'INVASIONE DI CHI
NON E' TENUTO ALLA DEONTOLOGIA
PERCHE' LAVORA
SENZA ESSERE GIORNALISTA

Dietro le tariffe irrisorie imposte a fotoreporter e fotografi  nel settore
del giornalismo turistico anche i troppi colleghi disposti alla svendita pur
di disporre del "pubblicato" imposto dagli  sponsor di viaggi e soggiorni di
lavoro a chi vuole  nuove possibilità di produzione  con spese quasi
azzerate - Il sistema è identico anche in molti altri settori del
giornalismo.

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   La notizia dei viaggi gratis solo a chi  poi pubblica di sicuro e quella
della banca dati  su " validità giornalisti e risultati effettivi " offerta
dall'Adutei ai rappresentanti in Italia di enti del turismo stranieri, hanno
fatto anche un po' di chiarezza su uno dei principali perché del problema
delle tariffe quasi azzerate che vengono pagate ai freelance soprattutto nel
settore del giornalismo che si occupa di turismo e che, qualche giorno fa,
aveva innescato la protesta , sparata ai quattro venti, da un gruppo di
fotoreporter e fotografi collaboratori della rivista "Weekend".
 Sono troppi infatti i colleghi disposti alla svendita pur di disporre del
"pubblicato" che convinca i loro sponsor di viaggi e soggiorni di lavoro a
tenerli  nella loro lista dei  giornalisti  "validi" ed ottenere così nuove
possibilità per lavorare anche in capo al mondo con spese di produzione
quasi azzerate.
 Una realtà, ovviamente, ben nota ad editori e direttori di giornali che ,
di conseguenza, ne approfittano alla grande cercando di pagare sempre meno e
sempre peggio.
 Il problema, grave soprattutto per  i possibili sgarri alla deontologia
professionale che il sistema innesca, tocca in modo particolare il settore
del fotogiornalismo nel quale, ormai quasi sparita la figura del
fotoreporter assunto,  una larghissima fascia della miriade di freelance che
opera nel settore, per poter reggere alla feroce competitività che il
mercato impone, ha organizzato il proprio lavoro cercando di  contenere le
spese  di produzione dei propri  reportage  facendo coincidere la scelta
degli argomenti da proporre ai giornali  con gli interessi di entità
estranee al giornalismo ma , per i più variegati motivi, molto interessate
invece a far conoscere al pubblico questo o quel luogo, questo o quel
problema e tutto l'immaginabile resto.
 Il fenomeno è diffuso in particolare tra i colleghi che producono
fotoreportage su argomenti non legati alla stretta attualità e che, anche
dopo la loro prima apparizione su giornali e riviste, continuano a
mantenere, per tempi anche lunghi, la loro validità  per ulteriori
pubblicazioni sia nel loro insieme che come immagini singole.  In sostanza,
produzioni che, superata l'attualità, continueranno poi ad avere il valore
di immagini di repertorio, o di stock, in un po' tutti i variegati settori
del "consumo" delle foto giornalistiche.
 Quanto accade nel settore del giornalismo di turismo, non è però per nulla
assente anche su tutti gli altri fronti dell'informazione, compresi quelli
delicatissimi del sociale, aree di crisi comprese. Il tutto, ovviamente, con
profondo discapito dell'autonomia, della credibilità, della trasparenza e
della dignità professionali e, soprattutto, di quella qualità di
correttezza dell'informazione che è dovere dei giornalisti assicurare ai
lettori.
  Le vie d'uscita sono difficili anche perché nessuno dei vari soggetti
chiamati direttamente in causa dal problema  ha mai dimostrato grande
volontà di cercare di individuarle.
  Da una parte, per gli editori  il sistema funziona perfettamente così
perché permette loro di avere a costi irrisori quello che, altrimenti, li
costringerebbe ad  impegnarsi in investimenti che ormai, salvo casi davvero
eccezionali, appartengono ad un passato più che remoto.
  Dall'altra,  per i colleghi è invece valido ogni appiglio pur di trovare
giustificazioni ed alibi  per assicurarsi  vie di fuga al pesante sospetto
che il sistema da loro adottato sia in netto contrasto con i principi
cardine delle deontologia imposta  dal nostro ordinamento professionale.
  Non sempre le giustificazioni sono però prive di fondamento. Su tutte
prevale quella di una gravissima realtà che pur essendo da anni sotto gli
occhi di tutti viene totalmente ignorata. Cioè il fatto che il mercato del
lavoro autonomo, per chi fotografa ma anche per chi scrive, è invaso da
un'infinità di soggetti che svolgono attività giornalistica senza essere
iscritti all'Ordine e , pertanto, senza nessuno obbligo  ai doveri imposti
dalla deontologia del giornalismo, compresi quello del rifiuto per
incompatibilità o per commistione informazione pubblicità di trasferte,
rimborsi e viaggi gratis.
  Una realtà quest'ultima che,  vista la possibilità dei non giornalisti di
produrre, senza commettere violazioni, a costi inferiori di chi invece è
iscritto all'Ordine, potrebbe essere sottoposta per un giudizio di
legittimità all'Autorità garante della concorrenza.
  Un esempio eclatante e significante  in fatto di fotogiornalismo
esercitato da non giornalisti ce lo ha offerto , due anni fa,  la morte di
Raffaele Ciriello, ucciso da una raffica israeliana mentre lavorava a
Ramallah, in Palestina, accreditato dal Corriere della Sera.
  Ciriello, anche se da una decina d'anni era spesso nei punti più caldi dei
conflitti che allora travagliavano il mondo, non s'era mai neppure sognato
di porsi sotto l'autorità dell'Ordine dei giornalisti e delle sue norme
deontologiche.
  Era invece un chirurgo, iscritto all'Ordine dei medici e sottoposto,
ovviamente, ad una deontologia  professionale che , per certo, non avrebbe
mai potuto giustificare nessun genere di provvedimento disciplinare nel caso
lo sfortunato fotografo  avesse commesso pure le peggiori tra le possibili
violazioni alle regole che la legge sul nostro ordinamento professionale ci
impone a difesa dei diritti dei lettori.
  Al di là di alibi e giustificazioni più o meno condivisibili, moltissimi
colleghi del fronte "reportage con sponsor" non si pongono però neppure il
problema e tanto meno temono il rischio di possibili sanzioni per i loro
possibili sgarri alla deontologia.
  "Senza inviti e viaggi gratis dovrei chiudere bottega, per cui sono
disposto anche a farmi cacciare a calci dall'Ordine" ha commentato ieri uno
dei tanti colleghi che si sono messi in contatto con il Gsgiv dopo aver
letto le ultime  informative  su spot occulti e incompatibilità.
"Chiediamoci cosa ci cambierebbe anche un'eventuale radiazione definitiva -
ha poi proseguito - assolutamente nulla se consideriamo che, come girano le
cose ora, il fotoreporter lo fa proprio chiunque e senza problemi. In più,
quando mai un giornale ti chiede se sei o non sei giornalista?  Nel mio
caso, mai capitato in anni e anni di lavoro. Non frega nulla a nessuno. I
giornali fanno lavorare chiunque senza problemi. Basta che funzioni ai loro
voleri. Il tesserino dell'Ordine non gli interessa. Questo è il punto".
 E forse è proprio da qui, alla radice del caos che grava tra i freelance in
generale, che si dovrebbe partire se qualcuno dei nostri organismi di
categoria decidesse una volta per tutte di mettere  mano in modo davvero
definitivo ai gravissimi problemi  dei colleghi del lavoro autonomo e
cercando di dare loro tutte le tutele necessarie, li metta anche in
condizione di rispettare le norme della deontologia , quelle sulle
incompatibilità e  sugli spot occulti comprese, senza però, come accade ora,
determinare in parallelo la propria automatica espulsione dal mercato reale
e , in sostanza, votarsi ad un vero e proprio suicidio professionale.
AV
_________________________________________________________

  Qui di seguito, per arricchire il ventaglio d'opinioni sul tema dei
"reportage con sponsor", uniamo le riflessioni di tre autorevoli colleghi
inviate ieri al presidente Gsgiv dopo la notizia dei  viaggi stampa solo per
freelance "turistici" garantiti da accredito di una testata con tiratura
superiore alle 50 mila copie.
__________

1 - Saverio Paffumi

PERPLESSITA' SUL RIFIUTO
PER INCOMPATIBILITA'
LA DOVE C' E' LA POSSIBILITA'
DI ACCETTARE UN INVITO
SENZA ALCUN TIPO
DI CONDIZIONAMENTO
_____
Saverio Paffumi, giornalista professionista, libero professionista, membro
del Consiglio direttivo dell'Associazione lombarda dei giornalisti, membro
del Congresso nazionale Fnsi, ex revisore dei conti del Consiglio nazionale
dell'Ordine dei giornalisti
_____

Caro Amedeo,
1) sono convinto della centralità del dibattito che stai promuovendo, fra
l'altro strettamente collegato (o collegabile) ad altre discussioni in seno
all'Ordine sulle commistioni pubblicità/giornalismo.
2) sottoscrivo tutto quanto sostenuto da Stefano Tesi (in particolare la
sollecitazione a rivolgersi direttamente alle testate), al punto che vorrei
farglielo sapere.
3) ritengo che si dovrebbe inviare una nota di protesta a questi signori in
quanto tali e alle associazioni che eventualmente li rappresentino.
4) questa volta - tra l'altro - la discriminazione non riguarda solo i
"poveri" freelance, ma tutte le testate (in toto, dal direttore ai
fattorini) sotto le 50 mila copie di tiratura! Suppongo molte delle escluse
siano iscritte alla Fieg: la Fieg non ha nulla da ridire?
5) sono invece ancora perplesso per alcuni passaggi importanti del tuo
commento. Intendiamoci, vorrei vivere in un sistema informativo (parliamo
del settore viaggi/turismo) dove i giornali pagano tutto quanto c'è da
pagare per i loro inviati: viaggi, vitto, alloggio. Devi recensire un Hotel
a 5 stelle da 1000 Euro a notte? Vai in anonimo e paga il giornale. Magari
due o tre notti per avere un'idea giornalisticamente più verificata.
Villaggio da sogno alle Maldive? Il giornale paga e vai. Eccetera eccetera.
Ma insomma è come dire che vorrei vivere nella città ideale, con la donna
ideale e così via.
Citi giustamente la carta dei doveri:
  "Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni,
vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o
prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo
lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità
professionale".
Se leggi fin qui:
  "Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni,
vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o
prebende, da privati o da enti pubblici, ...."
non c'è scampo: la gran parte delle testate turistiche italiane e degli
articoli in esse contenuti (nonché degli articoli di viaggio contenuti in
testate NON turistiche), sono da mandare all'indice insieme a direttori,
dipendenti e freelance che vi lavorano.
se invece prosegui:
"...che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere
la sua credibilità e dignità professionale"...
sembrerebbe di poter individuare la possibilità di un distinguo, di un
compromesso. Ora io non conosco l'intenzione reale di chi ha steso il
passaggio della Carta, ma so che ho scritto reportage di viaggio su invito
di Enti Nazionali del Turismo SENZA alcun tipo di condizionamento. Mentre
diventa impossibile l'approccio critico a un albergo, a un villaggio, se vi
si è invitati direttamente dalla proprietà. Così come è molto difficile
descrivere la vita vera in un villaggio vacanze se vi si trascorre un
periodo su invito del tour operator che organizza i charter.
Il compromesso mi pare di nuovo accettabile se il tour operator intende
promuovere il territorio SENZA pretendere l'apologia del villaggio (si
accontenta di una asettica descrizione dell'offerta, che si può anche
evitare di firmare).
Inoltre molto dipende dall'atteggiamento della testata e del collega inviato
(e/o invitato). La piaggeria esiste anche dove non è richiesta.
Dico tutto ciò perché vorrei che il dibattito fosse sincero quanto legato
alla realtà concreta da cui prendiamo il pane quotidiano, senza arrivare
alla conclusione che dovremmo chiudere tutti i giornali condizionati e
andarcene (quasi) tutti a fare un altro mestiere.
Ciao
Saverio Paffumi
_________________________________________

2-  Laura Mulassano

COLPA DEI TROPPI INFILTRATI
MA RIFIUTARE INVITI A RICATTO
___________
Laura Mulassano, giornalista professionista, Segretaria della Neos
( aggregazione di giornalisti specializzati in turismo ) e membro del
Consiglio regionale dellla Lombardia dell'Ordine dei giornalisti
___________

CARO AMEDEO, DUE PAROLE SUI VIAGGI DIETRO GARANZIA. SONO ANNI CHE ANDIAMO
RIPETENDO - PARTICOLARMENTE NOI DELLA NEOS - CHE NESSUN GIORNALISTA DEGNO DI
TAL NOME, SEPPUR  LIBERO ESERCITANTE (ABBANDONO PER UN MOMENO LA PAROLINA
FATALE FREELANCE) E SENZA PADRINI O TESTATE DI APPARTENENZA, DOVREBBE
RIFIUTARSI DI SOTTOSTARE A RICATTI DEL GENERE SVENTOLATO DA ADUTEI.
SONO NATURALMENTE D'ACCORDO CON TESI, E GLIE L'HO GIA' SCRITTO.
PERSONALMENTE DA SEMPRE RIFIUTO  CHI MI INVITA IN TAL MODO, PRETENDENDO
LETTERE DI INCARICO DELLE TESTATE (MINIMO 50 MILA COPIE! E SI CHE GUARDA
CASO NE AVREI UNA DI 200 MILA!)
E MI PREGIO DI ESSERE ASSOLUTAMENTE INDIPENDENTE IN TAL SENSO.QUINDI NESSUN
DUBBIO SULLA FACCENDA
TUTTAVIA CERCO DI SPIEGARTI  PERCHE' MAI ALL'ADUTEI SIANO CADUTI (ALMENO
CREDO) IN QUESTO TRANELLO E ABBIANO PENSATO DI PORRE RIMEDIO A UNA CERTA
SITUAZIONE DI MALCOSTUME....
GLI ENTI INVITANO PER VIAGGI DI CONOSCENZA E PRATICAMENTE PER "EDUCARE" I
GIORNALISTI,  FACENDO LORO TOCCARE CON MANO PAESI E REALTA' CHE NON
CONOSCONO. MA IN MEZZO AI MOLTISSIMI QUALIFICATI (NON PER TESTATE DI
APPARTENENZA MA PER STORIA PROFESSIONALE, CREDIBILITA' E  E SERIETA') A
QUESTI VIAGGI "GRATIS" (E' OVVIO, SI TRATTA DI INVITI  E DI SOLITO DEVI SOLO
PAGARTI GLI EXTRA E MAGARI QUALCHE PASTO), CI SI TROVANO SPESSO PERSONAGGI
ASSOLUTAMENTE INEDITI.  PSEUDO-COLLEGHI E SCRIBACCHINI PROMOSSI SUL POSTO,
AMICI DEGLI AMICI INVIATI DA  TESTATE ANCHE PRESTIGIOSE: A ME E A QUASI
TUTTI I COLLEGHI E' CAPITATO DI TROVARE GENTE INVIATA DA QUOTIDIANI A
TIRATURA NAZIONALE CHE ERANO PARENTI O CONOSCENTI DEL VERO INVITATO, -
REDATTORE O CAPO REDATTORE O PERSINO DIRETTORE - CHE SOSTITUIVANO L'INVITATO
STESSO...TANTO PER NON PERDERE IL VIAGGIO
IL RAGIONAMENTO DOVEVA ESSERE:  "TANTO VALE CI VADA LA SCIURA PINA " O "IL
SIGNOR GIUSEPPE CHE MI HA FATTO UN PIACERE GROSSO: VADA VADA PURE AL POSTO
MIO IN MALESIA O IN THAILANDIA...."
EeCCO QUEL CHE SUCCEDE. DOPO ANNI DI IMBROGLI E SOSTITUZIONI FATTE A QUESTO
MODO, GLI ENTI DEL TURISMO E GLI OPERATORI CHE INVITANO SI SONO UN TANTINO
SECCATI E -SBAGLIANDO DI GROSSO COMUNQUE - HANNO FATTO LA BELLA PENSATA DI
FAR SCRIVERE LA LETTERA DI GARANZIA DALLA TESTATA.
ERANO STUFI DI VEDERSI RECAPITARE IN VIAGGIO LA SCIURA PINA O L'AMICA DELLA
MOGLIE DEL CAPOREDATTORE .
SPERO TU CAPISCA
QUESTO NON FA CERTO ONORE ALLA  CATEGORIA.  E  NON FA CHE PEGGIORARE LA
SITUAZIONE DEI FREELANCE O LAVORATORI INDIPENDENTI DELLA PENNA CHE IN TAL
MODO, PUR ESSENDO PERSONE SERIE E DI PROVATA CREDIBILITA' , SI TROVANO
COSTRETTI - PER DECENZA - A RIFUTARE INVITI SIFFATTI
ECCOCI QUA.
 CHE FARE? TENER DURO COMUNQUE, RIFIUTARE INVITI A RICATTO, EVITARE DI
FORNIRE LE LETTERINE DELLE TESTATE...E  COSA CHE NOI ABBIAMO GIA',FATTO PIU'
VOLTE - SPIEGARE CHE SE CI VOGLIONO, CI DEVONO PRENDERE COME SIAMO, SENZA
LETTERE, SENZA GARANZIE DI TESTATE
 E SE PENSANO CHE NON ABBIAMO LE CARTE IN REGOLA..... SEMPLICEMENTE NON CI
INVITINO.
CON STIMA E SIMPATIA
LAURA MULASSANO
____________________________________________

3- Guido Stecchi

NON GARANTIRE L'ARTICOLO
E IN PIU' FACCIAMOCI PAGARE
IL TEMPO CHE CI VIENE PRESO
PER IL VIAGGIO STAMPA GRATIS
_________
Guido Stecchi, pubblicista, libero professionista,  esperto di
enogastronomia e micologia
_________

Se vuoi un dibattito, partecipo.
Condivido al mille per mille i contenuti di quanto scritto da Stefano Tesi,
non condivido i toni. Stefano è stato cortese con chi non lo merita. Perché
chiedere preventivamente la certezza che verrà scritto un articolo è come
pretendere un assegno in bianco. Cos'è questa presunzione di essere bravi
per forza? Io accetto pochissimi viaggi stampa e di solito dopo molte
insistenze. Per il semplice motivo che scrivo sul serio, i giorni dell'anno
sono solo 365 e di sole 24 ore, quindi devo limitarmi ai viaggi che mi
servono per quello che scrivo. Quei pochi che ho fatto si dividono tra
quelli che mi hanno entusiasmato e quelli che sono stati una spiacevole
perdita di tempo. Nel secondo caso chi mi ha invitato deve solo ringraziarmi
se non ho pubblicato nulla, altrimenti non avrei scritto cose piacevoli. Nel
primo caso ho quasi sempre scritto, ma quasi mai subito. Infatti proprio
perché sono un free lance non dipende solo da me quali argomenti occuperanno
le testate su cui scrivo: chi invita, se offre qualcosa di degno si fa
conoscere e stimare. E' poi interesse di chi fa il mestiere di scrivere
sfruttare gli argomenti che ha avuto modo di conoscere. Non sempre però
l'interesse del free lance collima con quello delle testate a cui collabora.
Ma prima o poi l'occasione arriva.
A questo punto io non mi limiterei, come ha fatto l'amico Stefano, a passare
la mano, ma rilancerei: al suo posto non solo non garantirei l'articolo, ma
pretenderei di essere pagato per il tempo perso! Perché dovrebbe, un collega
serio come Stefano, regalare il suo tempo?
Io non regalo più il mio tempo da un bel pezzo, ma pretendo ben altro che
vitto e alloggio per passare le mie giornate in un posto diverso da quello
che decido io (grazie a Dio, nonostante l'insolvenza degli editori, non
muoio di fame, poi, se per fare i giornalisti occorre scendere a compromessi
simili è meglio guadagnarsi il pane raccogliendo le mele e zappando un
campo)! Salvo rare eccezioni (che mi aggradano per motivi personali, o
perché chi invita è un amico), accetto inviti solo dove ho un ruolo
retribuito. E, indipendentemente dal fatto che sono stato pagato per recarmi
in quel posto o per contribuire alla riuscita di quel viaggio, faccio
articoli solo se il luogo, l'accoglienza e quant'altro meritano che io ne
faccia oggetto di un consiglio ai lettori che - su qualsiasi testata mi
leggano - si fidano di me. Dirò di più, questo vale anche per il direttore o
la redazione di un giornale: non ho mai scritto né mai scriverò bene di un
luogo, di un operatore o di un prodotto solo perché il direttore o la
redazione di un giornale hanno deciso di inserirlo nel timone e hanno
chiesto a me di essere autore dell'articolo. O sono convinto che quel che
scrivo corrisponde al vero o mi rifiuto. Questo mi è costato molto in
termini economici e di buone relazioni con le testate, ma io non dimentico
mai quello che dimenticano in troppi, a cominciare da direttori ed editori:
chi paga noi giornalisti è il lettore, l'editore è solo l'intermediario (di
solito molto distratto perché i soldi si fermano presso di lui troppo a
lungo o addirittura per sempre).
Se tutti i colleghi seri decidessero di agire così, i maleducati e
presuntuosi che hanno la pretesa si scriva di loro indipendentemente dalle
qualità che sono capaci di dimostrare farebbero i loro eductour solo per gli
agenti pubblicitari o, come li definisce Stefano Tesi, i "sedicenti".
Tutto ciò è un paradosso? Tuttaltro, e lo dice un giornalista che ha vissuto
e vive entrambi i ruoli, l'invitato e chi invita. Infatti mi capita spesso
di aiutare enti amici a organizzare eductour. Ma io non ho mai chiesto a
nessun collega di scrivere subito e per forza: ho cercato di convincerlo
solo con i fatti, ovvero offrendogli argomenti di impatto giornalistico.
Certo, gli enti per cui ho operato non avrebbero potuto far nulla se
avessero dovuto anche pagare i colleghi ospiti, come non potrebbero
permetterselo la grande maggioranza degli organizzatori di eductour. Ma
possono permetterselo benissimo gli enti soci di Adutei, tra i quali ci sono
persone serie che organizzano tour con educazione, signorilità e
professionalità, ovvero offrendo al giornalista argomenti validi per un
articolo, altri che agiscono proprio da impiegati statali svogliati,
organizzando (ma il verbo non sarebbe il più adatto) viaggi raffazzonati,
avvalendosi di alberghi e ristoranti anonimi e dove regna indifferenza se
non cattiva educazione, con programmi ovvi che non offrono alcuna idea
giornalistica. E sono proprio costoro che, dopo aver sciupato al giornalista
alcuni giorni della sua vita, poi gli rompono le scatole a ogni pie'
sospinto chiedendo articoli che, se scritti sul serio e con onestà,
dovrebbero demolirli.
Pertanto si facciano tutti un bell'esamino di coscienza: il giornalista che
fa il serio professionista non ha tempo da perdere e accetta viaggi gratis
solo se sa di ricavarne informazioni e conoscenze utili per il suo lavoro;
ma pure il funzionario o l'addetto stampa di un ente turistico che sa fare
il suo mestiere conosce benissimo le qualità dei giornalisti e sa chi
accetta il viaggio solo per scroccare e non è capace di ricavarne nulla e
chi invece è in grado di coglierne gli spunti validi. Senza bisogno di
letterine di raccomandazione e di assegni in bianco. Anzi, chi sa scegliere
il giornalista giusto, e gli pagasse il tempo che gli chiede oltre che
ospitarlo (come il giornalista avrebbe il diritto di pretendere perché il
tempo è il bene più prezioso), mostrerebbe intelligenza e lungimiranza,
perché si guadagnerebbe un interprete creativo di ciò che vorrebbe far
conoscere alla gente, un autore entusiasta che si batterà per raccontare ciò
che l'ha entusiasmato. Purché ci sia effettivamente qualcosa da vedere, in
quel viaggio, che possa entusiasmare.
Credo di essere stato chiaro, ma se non lo fossi stato si impone un'ultima
precisazione: non ho affermato che un ente dovrebbe pagare il giornalista
perché scriva un articolo. Questo sarebbe deontologicamente scorrettissimo:
l'articolo deve pagarlo sempre ed esclusivamente - come rappresentante del
lettore - l'editore. Ho affermato che l'ente deve retribuire il giornalista
per le ore o i giorni che gli chiede di impegnare per andare a conoscere le
sue risorse. Il giornalista, da parte sua, se è intelligente si farà pagare
da chi può, regalerà il suo tempo a chi non se lo può permettere. Altrimenti
potrà scrivere solo di grandi viaggi e grandi alberghi o di operatori
intrallazzati politicamente bravi solo a farsi finanziare con i soldi
nostri.
Guido Stecchi

______________________________

Saluti
Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell'Alg

Milano, 19 luglio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




4 –

 

 

Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva
                 - Associazione lombarda dei giornalisti -


NOTIZIE PER GLI ASSOCIATI  45/2004
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SOMMARIO:

1- Protesta onorari "Weekend"

L'EDITORE RATTI
REPLICA ALL'ACCUSA
DI TARIFFE TROPPO BASSE:
"PAGHIAMO BENE
LE COSE BELLE"

__________

2 -Su "deontologia& viaggi gratis" il dibattito continua

SILENZIO DA TOMBA
SUL SERVIZIO
"VALIDITA' GIORNALISTI"
ORGANIZZATO DALL'ADUTEI :
TUTTI FELICI E CONTENTI
DI ESSERE SCHEDATI?

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_______________________________________________________

1- Protesta onorari "Weekend"

L'EDITORE RATTI
REPLICA ALL'ACCUSA
DI TARIFFE TROPPO BASSE:
"PAGHIAMO BENE
LE COSE BELLE"
_________________________________

   "Paghiamo bene le cose belle che purtroppo sono però sempre meno". Questo
il succo di un chiarimento inviato ieri al Gsgiv dell'Alg da Fabio Ratti,
editore e direttore della rivista "WeekendViaggi", messa sotto accusa  nei
giorni scorsi da un gruppo di  fotoreporter e fotografi  per le sue
tariffe troppo basse.
   Ratti non smentisce di pagare l'esiguo onorario di 50 euro per la
pubblicazione di una foto su doppia pagina, ma chiarisce che i 150 per
l'immagine di copertina denunciati dai colleghi, rappresentano invece il
compenso aggiuntivo pagato  quando la foto è già pubblica all'interno della
rivista e che in caso diverso,  la tariffa si aggira, in media, attorno ai
quattrocento euro.
   Nel suo chiarimento , Ratti specifica poi  gli onorari, in linea
generale,  pagati dal suo giornale. " Le tariffe di WeekendViaggi  - ci ha
scritto - si dividono in: 1) a giornata:  euro 210 al giorno, più spese
trasferta e fotografiche (rullini e sviluppo); 2) servizio di archivio: euro
930; 3) servizio di prima pubblicazione o di particolare qualità: da 2000 a
4000 euro".
   " Infine - specifica sempre l'editore -  le foto singole di archivio,
soluzione per noi onerosa ( i 50 euro a foto si aggiungono al forfait di
930), che certo non aggiunge qualità al servizio, quindi di ripiego, a cui
ricorriamo solo se a un servizio manca qualcosa. Fermo restando il diritto
del fotografo interpellato a rispondere: no grazie".
   "Mi spiace che queste tariffe vengano giudicate da fame - conclude
Ratti - ma la nostra scelta è di applicare un tariffario meritocratico:
paghiamo bene le cose belle, che purtroppo sono sempre meno. E le
valorizziamo (in termini di impaginato, qualità di fotolito, di carta e di
stampa) come pochi altri".
   Anche dopo questa specifica, è evidente che Fabio Ratti non entra certo
nella rosa degli editori che pagano meglio. Il suo ragionamento sui
cinquanta euro sborsati per la doppia pagina è piuttosto, usando un
eufemismo, discuitibile e  pone una serie di conseguenti quesiti sull'entità
, non specificata da Ratti,  delle tariffe per foto d'archivio pubblicate in
formati inferiori. Quanti euro, per esempio, per un ottavo di pagina? Una
decina? O
forse ancora meno?
   Però, cari colleghi, anche se Fabio Ratti pagasse un euro a foto, nella
sostanza  ha perfettamente ragione lui quando ci dice che "il fotografo
interpellato" può sempre rispondere con un bel "no, non ci sto".
   Chiaro perciò che se lui - così come anche tantissimi altri però -
continuerà a pagare in base a tariffe come quelle attuali,  è semplicemente
perché ha la certezza di trovare sempre chi, anche davanti a compensi quasi
vicini allo zero , gli risponderà con un  "va benissimo", aggiungendoci,
magari, pure il più autentico dei "grazie".
   Si potrebbe concludere perciò affermando semplicemente che "chi è causa
del suo mal, pianga sé stesso". Affari loro? No, cari colleghi, affari
nostri perché il  guaio , nel nostro caso, è che chi è causa del proprio
male, lo è anche di quello di tutti gli altri, soprattutto di coloro che per
"non piangere sé stessi"  hanno sempre saputo dire "no, grazie" alle
proposte di compensi indecenti, finendo però tutti, chi più chi meno, fuori
mercato e trascinati , da chi si svende, verso quella condizione di
precarietà pericolosissima  per la libertà e l'autonomia di chi svolge la
professione
di giornalista ed  ha il dovere di informare i lettori con la massima
indipendenza da qualsiasi forma di condizionamento.
___________________________________________________________________________


2 -Su "deontologia& viaggi gratis" il dibattito continua

SILENZIO DA TOMBA
SUL SERVIZIO
"VALIDITA' GIORNALISTI"
ORGANIZZATO DALL'ADUTEI :
TUTTI FELICI E CONTENTI
DI ESSERE SCHEDATI?
_____________

   Continua il dibattito sulla situazione dei colleghi che si occupano di
turismo e sui risvolti deontologici del sistema "inviti e viaggi gratis" sul
quale si basano ormai quasi tutte le produzioni giornalistiche del settore.
  Qui di seguito proponiamo altri due interventi .
  Nel ventaglio di opinioni e commenti che circolano c'è però un aspetto
davvero sorprendente.
  Nessuna reazione alla notizia del fatto che l'Adutei, associazione degli
enti del turismo stranieri presenti in Italia, offra ai suoi iscritti un
servizio che si occupa di dare informazioni su "validità giornalisti (
risultati concreti )", innescando il legittimo sospetto che questi organismi
abbiano dato vita ad una vera e propria banca dati comune su tutti i
giornalisti che hanno avuto a che fare con "viaggi stampa" , o iniziative
similari, organizzate da qualcuno dei singoli associati.
  In sostanza, tutto fa pensare ad una vera e propria schedatura con
delineazione dei profili dei giornalisti interessati ottenuta mettendo in
comune le singole esperienze di ogni associato Adutei  in quanto a rilievi
sul loro comportamento durante "inviti&viaggi gratis" e sui successivi
risultati in quanto a  quantità e qualità delle pubblicazioni concrete
ottenute con le loro collaborazioni a giornali e riviste.
  Materia che sotto larga parte dei suoi profili  va a toccare aspetti che
non potrebbero essere sviluppati senza il consenso dei diretti interessati
al trattamento dei propri dati personali.
  Gli interessati sono tutti davvero felici e contenti di essere stati
analizzati e schedati?  Gli sono state chieste le liberatorie del caso?
 Oppure qualcuno di loro ha già cercato di andare a fondo alla faccenda
chiedendo chiarimenti all'Adutei?
 Se qualcuno ha risposte, e soprattutto notizie, ce le passi. Il Gsgiv
Notizie sarà ben felice di diffonderle a tutti i suoi lettori.

AV
________________

a) Massimo Pacifico

"SI STANNO SCOPRENDO
SORGENTI D'ACQUA CALDA
GIA' DA DECENNI NOTE"
________________
Massimo Pacifico, giornalista professionista, libero professionista ed
editore, fotogiornalista, presidente Neos ( giornalisti di viaggio
associati) ed ex vice presidente Gist della Fnsi
________________

Ebbene, visto che si chiacchiera tanto sull'argomento che mi vede in causa
da parecchi anni e si invitano gli addetti ai lavori a dire la loro, lo
faccio, tentando di essere breve, dati anche i forse troppi miei interventi
in materia. Premetto che mi sembra si stiano scoprendo sorgenti edi acqua
calda già da decenni note. Mi permetto infatti di ricordare che di quanto
oggi si dibatte è stato ampiamente già parlato in diversi convegni ad hoc
organizzati e che non è la prima volta che si tirano in ballo i rapporti tra
Adutei e stampa del settore, tra giornalisti specializzati e ODG e FNSI e
quant'altro viene oggi "rivelato". Per chi ha la memoria corta o per chi
allora non era ancora nato nella categoria rammento quanto segue:

+ il sottoscritto ha già ampiamente (anche durante un convegno sulla
deontologia professionale organizzato dal GIST, di cui allora era
vicepresidente) tentato di spiegare ai rappresentanti dell'Adutei cosa vuol
dire invitare un giornalista ad un viaggio stampa. Più o meno paragonai il
viaggio ad un dossier stampa inviato sulla scrivania, allora, sul desk,
adesso, di un giornalista. Rilevavo che era compito del giornalista capire
se quanto veniva offerto era una buona  opportunità di approfondire le
proprie conoscenze in materia e che sarebbe stata quanto meno buona
educazione non pretendere ritorni, visto che si trattava di inviti. Feci
anche notare che se un Ente desidera comunicare sulla stampa quanto gli
aggrada da sempre esistono le inserzioni a pagamento. Nella stessa occasione
facevo presente ad un rappresentante di un importante Tour Operator che
sottolineò i costi che i giornalisti rappresentavano in quanto partecipanti
a viaggi stampa quanto costasse il tempo di un giornalista che magari per
dieci giorni era messo di fronte a situazioni che o non erano "notizie" o
che nell'interesse comune era meglio dimenticare.

* il sottoscritto ha tentato di mettere ordine, rivolgendosi all'Ordine, su
situazioni che considerava "imbarazzanti", come quelle di pubblicisti che,
titolari di uffici stampa, scrivevano sulle destinazioni dei loro clienti
(Ordini interesssati - tramite denuncia scritta - quelli del Lazio,
dell'Emilia e del Friuli) col risultato che i consigli regionali
"interpellati" hanno risposto che non trovavano in quanto denuciato nulla di
eccepibile!

* il sottoscritto ha tentato di sensibilizzare i rappresentanti della FNSI a
livello nazionale facendo presente la situazione dei liberi professionisti
lasciati completamente allo sbando nella "contrattazione" dei compensi: La
sola risposta ricevuta è stata  che non esistendo un contratto nazionale non
c'era possibilità di difenderli!

* il sottoscritto ha sempre lamentato che, per quanto consta, nessun
consiglio regionale dell'ordine rivedeva regolarmente le liste degli
iscritti agli albi.

* il sottoscritto (assieme a 7 altri giornalisti) ha fondato nel 1998 la
NEOS giornalisti di viaggio associati, ente che tenta in ogni modo di far
rispettare i principi deontologici della professione con l'intervento dei
propri probiviri, affatto morbidi, ogni volta che se ne presenti la
necessità e che da sempre avversa la politica del "ritorno" immediato.

* il sottoscritto ha sempre predicato ai giovani di pretendere rispetto,
attenendosi alle norme e denunciando, per iscritto e non con sterili
lamentele le situazioni imbarazzanti nelle quali si imbattevano.

* il sottoscritto non ha mai firmato accordi "compromissori" nè con Enti, nè
con editori, mettendo in guardia i giovani aspiranti al "ruolo" sulle
difficoltà che possono derivare da una qualifica come quella di giornalista.

* il sottoscritto ha sempre dichiarato di non condividere la stranezza del
nostro Ordine che ammette, anche se in liste diverse, professionisti,
semiprofessionisti, pseudodilettanti condedendo loro il diritto alla
medesima qualifica.

* il sottoscritto ha avuto, ed ha, ottimi rapporti con diversi enti del
turismo che hanno supportato il suo lavoro senza pretendere niente a priori
e che a posteriori si sono comportati con la massima correttezza.

* il sottoscritto, assieme ai colleghi della NEOS, sta da mesi lavorando
all'organizzazione di un convegno che dia l'opportunità a chiunque operi nel
settore di dire la propria sull'argomento.

* il sottoscritto è maledettamente stanco delle lamentele dei colleghi che
si ricordano di essere giornalisti solo in certe circostanze.

* il sottoscritto condivide a pieno quanto affermato da Stefano Tesi nella
sua lettera.

* il sottoscritto invita tutti i professionisti del settore a prendere le
distanze dalle situazioni poco chiare e a parteciparle sempre agli orgnaismi
competenti.

* il sottoscritto è stanco di ripetere le stesse cose da 25 anni. ahimè!

Ad majora, spero.

Massimo Pacifico

_____________________________________________________________

b) Stefano Tesi

FUORI DALLA RETORICA
E FUORI DAGLI EQUIVOCI
____________________
Stefano Tesi, giornalista professionista, libero professionista
____________________

Cari amici e colleghi,
mi fa piacere constatare che il sasso tirato in
piccionaia abbia smosso qualche volatile.

Ora, però, c'è il rischio che la questione si
trasformi in generatrice di fumo anzichè di arrosto o,
per continuare con la metafora proverbiale, nel
consueto e inutile fascio di erbe generiche.
Quindi facciamo ordine.

Usciamo subito dall'illusione che il problema in
parola riguardi unicamente il settore dei viaggi e del
turismo: pur ovviamente in circostanze diverse e
contesti diversi è ovunque la stessa stessa. Posso
affermarlo con certezza proprio in virtù delle mie
molte e trasversali esperienze giornalistiche.

Nel suo intervento su GSGIV Notizie 44/04 Guido
Stecchi, che oltre che un amico è un collega esperto
che stimo, ha centrato in pieno un punto nodale: per
me free lance, i giorni trascorsi a fare qualcosa (un
eductour, un'inchiesta, un articolo) sono un
investimento di tempo: e siccome per qualunque libero
professionista il tempo è denaro, questo investimento
deve produrre un reddito. In tal senso e fino qui,
paradossalmente, il free lance e chi invita a un
viaggio stampa, a una conferenza stampa, etc. sono
uniti: ambedue hanno interesse a "pubblicare" (odiosa
espressione che sa di lavoro esecutivo del tutto
estraneo alla natura del giornalismo, ma lasciamo
perdere), l'uno per far "rendere" il tempo perduto,
l'altro per mettere a frutto i soldi spesi.

Perchè questo cointeresse si concretizzi senza
esercizio di piaggeria da un lato e pressioni
dall'altro, la ricetta sarebbe semplice: basta che
l'oggetto del servizio sia un argomento
giornalisticamente valido e che il giornalista sia
obiettivo, autonomo e indipendente. Ciò che (primo
equivoco da abbattere) accade assai più spesso di
quando si pensi.

Il problema è che gli articoli non si autopubblicano,
nè il giornalista può incollarli a suo piacimento
sulle pagine dei giornali. Occorrono un direttore che
i servizi li acquisti e un editore che li paghi. Ed
eccoci al secondo scoglio: da un lato l'editore ha
tutto l'interesse a pagare il meno e il più tardi
possibile, dall'altro il direttore non ha affatto
l'obbligo di acquistare servizi da un "giornalista"
(ovvero da un iscritto all'ordine). L'effetto
combinato di queste due forze produce una ulteriore
conseguenza paradossale: chiunque può "scrivere" per
un giornale, di fatto rubando il lavoro al giornalista
attraverso una concorrenza sleale basata sul ribasso o
addirittura sull'assenza dei compensi. Questo signor
chiunque, campando di altri lavori, non avrà
difficoltà a cedere i propri scritti e/o foto "nummo
uno" o perfino gratis: per lui (che fa l'impiegato, il
tecnico, il medico...), la remunerazione vera è
consistita infatti nell'aver fatto gratis un
viaggio-vacanza, con l'aggiunta del prestigio e della
vanità appagata dal vedere la propria firma in calce
al pezzo.
Morale: nel "vendere" a una testata il frutto,
professionalmente svolto, del proprio lavoro, il
giornalista free lance deve misurarsi con una realtà
di fatto in cui ha tutto da perdere: concorrenti
sleali, compensi irrisori, necessità di far quadrare i
conti.

Non basterebbe quindi fare come qualcuno predica, cioè
produrre i servizi pagandosi sempre tutto di tasca e/o
costringere i giornali a produrre con lo stesso
sistema: a fronte di un costo zero (viaggio gratis e
articolo gratis) non ci sono qualità e giornalismo che
tengano, direttore ed editore comprano (forse perfino
giustamente: chi non farebbe come loro?) ciò che gli
costa meno. E nulla costa meno del gratis.

Ma non basta. Chi "invita" ha capito perfettamente
come funziona il meccanismo: mentre un giornalista non
posso (almeno in teoria, visti i principi deontologici
a cui è sottoposto) nè condizionarlo nei giudizi, nè
piegarlo facilmente ai miei programmi (cioè vedere,
visitare, etc. le "cose" di chi copre i costi, anche
se talvolta inutili, brutte, banali), nè men che meno
"comprarlo" con un viaggio, questo posso ottenerlo
facilmente con chi non è lì per portare a casa un
lavoro ben fatto e ricavarne qualche soldo, ma in
fondo solo per godersi il tempo libero.

Stecchi mi rimprovera bonariamente il tono cortese
della mia lettera. Ha ragione, sono stato cortese. Ma
a ragion veduta e per una serie di motivi precisi.
Innanzitutto non è vero che tutti gli enti del turismo
e tutti gli uffici stampa si comportano allo stesso
modo: molti, anzi (e lo stesso Stecchi lo testimonia
attraverso la sua doppia diretta esperienza di utente
e di organizzatore di certi eventi), sono consapevoli
e rispettosi della dignità e della deontologia
professionale dei giornalisti che invitano, free lance
in primis, quindi non pretendono nè impongono niente.
Secondo e non meno importante: siamo o dovremmo essere
noi giornalisti a difenderci, non possiamo pretendere
che siano gli altri ad astenersi da comportamenti
lesivi della nostra dignità professionale. In altre
parole: perchè gettare la croce addosso a chi, in
fondo, cerca di "ottimizzare" il risultlato delle
risorse che investe, cercando un "ritorno"? Ciò è
perfettamente logico e lecito. E' il "sistema" che
glielo consente e loro fanno bene ad approfittarne.
Saremmo noi, casomai, che dovremmo impedirglielo, o
opporci o almeno limitarlo. Idem per direttori ed
editori: è facile sparare addosso a loro, ma in realtà
è il sistema che gli consente di commissionare
articoli ai non giornalisti, nè esiste legge che
imponga a questi ultimi di farsi pagare. Mica è
vietato lavorare gratis. Dunque di che ci lamentiamo?
Chi è causa del suo mal, pianga se stesso (cfr deriva
proverbiale di cui sopra).

Eccoci quindi ritornati al punto di partenza: finchè
esisterà il "sistema" ora illustrato, non c'è
speranza. Un sistema in cui esiste un abisso tra il
giornalismo "legale" o "formale" (quello cioè
esercitato attraverso il possesso e/o in virtù del
possesso di una tessera rilasciata dall'Odg) e il
giornalismo sostanziale (quello cioè esercitato per
professione e nel rispetto delle norme deontologiche
sancite dall'Odg medesimo), ma in cui i due mondi
possono convivere tranquillamente e allegramente.
Un sistema che oltretutto, permettendo la
sopravvivenza di una categoria mezzingola come quella
dei pubblicisti, è il primo ad alimentare
ulteriormente la confuzione e l'ambiguità. Come tutti
sanno, infatti, nella categoria dei pubblicisti
confluiscono, indifferentemente:
-giornalisti eccellenti che non hanno avuto mai la
fortuna di un praticantato e/o la possibilità di
approdare tra i professionisti (Vergani non
t'arrabbiare, lo so che da un po' ciò è possibile, ma
prima non lo era e tuttora ne sono al corrente in
pochi): personalmente conosco decione di questi casi;
-bravi e onesti dopolavoristi consapevoli della
marginalità della loro attività giornalistica, che
pure svolgono con passione e serietà;
-cani sciolti che da un lato pretendono il
riconoscimento di una "professionalità" acquisita non
si sa in base a cosa e come, se non con la risibile
acquisizione del "tesserino" di cui sopra, ma
dall'altro pensano di poter esercitare l'attività
senza un minimo di inquadramento nè onere
previdenziale, fiscale, deontologico, etc;
-giovani illusi, aspiranti giornalisti, bazzicatori di
redazione sostanzialmente inconsapevoli della
complessità del mondo dell'informazione;
-asini, incapaci, furbi, sedicenti, scroccatori
professionali, sbarcatori di lunario, hobbisti, etc.
L'aneddotica in merito è vastissima e ognuno di noi
potrebbe contribuire con esempi esilaranti. Ma
purtroppo la realtà è tutt'altro che da ridere.

Dunque, che fare? In un simile contesto c'è da
meravigliarsi se pr e uffici stampa vogliono il
"garantito"? C'è da scandalizzarsi se tentano di
evitare, magari maldestramente, di essere truffati da
falsi collaboratori, da direttori che mandano
segretarie in viaggio premio, da dopolavoristi in
cerca di emozioni e di vacanze a scrocco?
Personalmente credo di no.
C'è da scandalizzarsi invece, ma individualmente, come
ho fatto io, se anche chi fa il giornalista in modo
serio e professionale, attento e scrupoloso
nell'evitare collusioni e ambiguità, conosciuto
nell'ambiente per la propria onestà intellettuale (e
siamo in tantissimi, non dimentichamolo), si trova poi
ad essere offensivamente ingabbiato in una griglia
predisposta per evitare imbucati e scorretti.
Con una sola, possibile reazione: chiedere di essere
espunto per sempre da certe mailing e di essere
invitato sempre e solo a titolo personale.

In attesa che il "sistema", cioè noi stessi, decida di
riformarsi in modo serio e definitivo.

Et de hoc satis,

                                      Stefano
_________________________________________________________
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Saluti
Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell'Alg

Milano, 20 luglio 2004

 

 

 

 

 

 

 

5 –


Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva
                 - Associazione lombarda dei giornalisti -


NOTIZIE PER GLI ASSOCIATI  46/2004
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VIAGGI STAMPA&DEONTOLOGIA
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1) Alberto Dell'Orto

IL DITO E' NELLA PIAGA
MA LA FERITA
E' PIU' PROFONDA
_______________________________
(da qp-senzabavagio di oggi )

Cari colleghi,
mi sembra che l'intervento di Stefano Tesi nel Digest 698 abbia toccato uno
dei tasti dolenti della categoria, specialmente del settore delle
specializzate. Per chi avesse bisogno di un riferimento, Tesi (mi perdonerà
se mi permetto di sintetizzarlo) in sostanza lamentava un rapporto tra
giornalisti e uffici stampa improntato poco alla professionalità e molto a
uno scambio di favori, una sorta di do-ut-des in cui sostanzialmente non si
chiede al giornalista di fare il suo mestiere (cercare, verificare e
pubblicare una notizia), bensì di comportarsi acriticamente da megafono
dell'uficio stampa medesimo in cambio di alcunchè (viaggi o altro).

Insomma, quello che dovrebbe essere una trasferta di lavoro per conoscere
l'oggetto della propria prestazione professionale diventa un viaggio
turistico
propedeutico alla pubblicazione di una notizia, un articolo o un servizio,
indipendentemente dall'importanza intrinseca della questione.
Nihil sub sole novi, dice Tesi, e ha ragione.

Però, cari colleghi, la colpa è anche e soprattutto nostra: se Tesi si sente
offeso (o almeno amareggiato) per essere invitato in base alla testata con
cui
collabora e alla "garanzia" di pubblicazione, bisogna purtroppo ammettere
che
questo modo di considerare i rapporti tra stampa e attività economiche è
così
diffuso proprio perchè i giornalisti si fanno "condizionare" da questi
giochi.
Dunque, perchè gli uffici stampa dovrebbero rischiare?

Per un Tesi che rivendica la propria autonomia professionale, ci sono dieci
altri in grado di fare lo stesso lavoro in modo assai più aderente alle
necessità di chi paga il viaggio, senza fare domande fastidiose o porre
questioni di principio. Le capacità di analisi, lo spirito critico, il
servizio
reso al lettore e il rispetto della deontologia vengono guardati raramente
con
rispetto, quasi sempre con malcelato fastidio. Tesi, e anche gli altri
colleghi, non ignora certo che la funzione di "premio" di queste iniziative
è
spesso sfuttata proprio dagli editori e dai direttori per gratificare chi si
adegua a certe logiche mercantili.

Per provare un'auto e scrivere un pezzo di due cartelle bisogna per forza
andare in una località esotica per una settimana, dove la conferenza stampa
durerà al massimo mezz'ora? Anche tra noi, c'è chi fa il giornalista perchè
ha
qualcosa da dire, e chi dice qualsiasi cosa pur di fare il giornalista.

Alberto Dell'Orto
________________________________

2 - Stefano Tesi

LA SOLUZIONE
E' UNA SOLA :
RIPULISTI SPIETATO

___________________

Caro Alberto e cari colleghi,
certo che il problema è più ampio, come ho scritto da
qualche parte (ormai non so più se al BdS o al GSGIV o
a chi...).
Infatti la questione radicale è la seguente: chi
accetta, per connivenza e/o inconsapevolezza e/o
debolezza contrattuale, la logica del do ut des è e
può essere considerato giornalista alla luce delle
norme deontologiche professionali stabilite per la
categoria? O, da altra prospettiva: se costui risulta
iscritto all'albo, chi, come, quando, in base a cosa,
accertata la sussistenza di quali requisiti, lo ha
ammesso? E da un'altra prospettiva ancora: se c'è un
ordine che ammette e/o al quale si accede pur in
mancanza conclamata di requisiti soggettivi di
professionalità e deontologia, come si può e si deve
rimediare, prima che l'intera categoria si distingua
per la mancanza dei connotati di indipendenza e
obbiettività statutarii?
La soluzione è una sola, che si articola in due fasi
parallele: introduzione anche retroattiva di norme
rigorose per la verifica della sussistenza dei
requisiti minimi per l'iscrizione all'albo (morali,
professionali, deontologici, reddituali, etc.);
ripulisti spietato operato "dal di dentro" nei
confronti delle figure mezzingole, compromesse e
malleabili.
Già prevedo l'eccezione: OdG e Fnsi vivono di quote,
se si fanno fuori il 50% dei soci si perdono il 50%
delle entrate. Risposta: basta alzare le quote dei
giornalisti "veri", che essendo professionisti e/o
professionali non avranno in realtà alcuna difficoltà
a pagare, ad esempio, 250 euro l'anno invece di 125,
offrendo loro in cambio servizi e assistenza
altrettanto professionali invece dell'attuale
sinecura.
Direte che sono razzista, classista, fascista,
forcaiolo, giustizialista...e chi se ne frega, ci sono
abituato. Ma la sostanza non si cambia con gli
aggettivi.
Saluti a tutti,

                                      Stefano
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Saluti,
Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell'Alg

Milano, 22 luglio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


6 -

Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva
                 - Associazione lombarda dei giornalisti -


NOTIZIE PER GLI ASSOCIATI  47/2004
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Dibattito su viaggi stampa, inviti, regali, sponsorizzazioni & marchette

LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE GIORNALISTI
FA MOLTA  CHIAREZZA
CONTRO LA CORRUZIONE NEL GIORNALISMO

______________________

   Prosegue vivacissimo nei media internettiani che si occupano di
giornalismo il dibattito su viaggi stampa, inviti, regali, ospitalità e
sponsorizzazioni e sui confini che ci vengono imposti dalla deontologia
professionale per non cadere nelle trappole della commistione tra
informazione e pubblicità, finendo per fare, consci ed inconsci, da
strumenti per veri e propri "spot occulti" girati ai lettori mascherati da
notizie, reportage e tutto il resto.
   Per tenervi aggiornati, da diversi giorni il Gsgiv dell'Alg sta
raccogliendo materiale per un'informativa in grado di fornire le variegate
opinioni che vengono espresse su questo delicatissimo e scottante
tema&problema.
   E' proprio di oggi però un intervento di grandissima autorevolezza su
questa materia che probabilmente aiuterà a spazzare via molti alibi e
malintesi ed a far meditare anche tutti coloro che stanno disquisendo, tutti
profondamente convinti che, pur immersi sino al collo nel sistema del "no
pay", le "marchette" le fanno , per i più variegati perché, solo gli altri.
  Il monito arriva dall'Ifg, la Federazione internazionale dei Giornalisti
alla quale fa capo anche la Fnsi, che sull'argomento ha emesso un comunicato
che lascia ben pochi dubbi.
   Ve lo giriamo qui sotto, tratto dal sito www.fnsi.it., e lasciamo ad
ognuno di voi trarne le dovute valutazioni.
________________

 ( pubblicato il 3 agosto 2004 sul sito Fnsi )

 L'Ifj promuove
nuova campagna
contro la corruzione
nel giornalismo,
per un'etica
della professione
e dei media
____

La Federazione Internazionale del Giornalisti ha, oggi, dato il suo appoggio
a una nuova iniziativa per eliminare la pratica della commercializzazione e
la corruzione nel giornalismo.

L'IFJ è una delle sei organizzazioni che sostengono una serie di principi
miranti a promuovere una maggiore trasparenza nei rapporti tra
professionisti delle relazioni pubbliche e media, e per mettere fine alla
corruzione dei media nel mondo.

"Il problema del 'giornalismo in vendita', o del materiale pagato
considerato come legittimi reportage giornalistici, è una delle più grande
sfide che i media devono affrontare oggi", ha detto Aidan White, Segretario
Generale dell'IFJ. "La pratica erode la fiducia pubblica, mina la
professionalità e si prende gioco dei valori etici".

Il Congresso dell'IFJ svoltosi ad Atene in maggio ha incitato ad agire per
promuovere la qualità del giornalismo. "Questo insieme di principi è un è un
'ottima iniziativa del settore per rimettere in carreggiata la missione del
giornalismo eliminare ogni forma di corruzione", ha detto White.

Gli altri gruppi che sostengono la dichiarazione dei principi sono l'
International Press Institute, il Transparency International, la Global
Alliance for Public Relations and Communications Management, l'Institute for
Public Relations Research and Education, ed l'International Public Relations
Association.

I principi, inseriti della Carta per la Trasparenza dei Media sviluppata
dall'International Public Relations Association, sono i seguenti:
- Il nuovo materiale deve apparire dietro giudizio dei giornalisti e degli
editori, e non dietro pagamento in contanti o con altri metodi, o incentivi.
- Il materiale che presuppone un pagamento deve essere chiaramente
identificato come pubblicità, sponsorizzazione o promozione.
- Nessun giornalista o rappresentate dei media deve mai suggerire che la
copertura delle notizie debba avvenire per motivi differenti dal merito.
- Quando campioni o anticipazioni di prodotti o servizi sono ritenuti
necessari dalle aziende, i prodotti anticipati devono poi essere restituiti.
- I media devono istituire delle polizze scritte riguardanti la ricevuta per
regali o prodotti e servizi scontati, e ai giornalisti deve essere richiesto
di sottoscriverle.

"Questa iniziativa è la benvenuta", ha detto White. "Essa getta una luce
positiva sugli spesso oscuri rapporti tra il mondo degli affari e il
giornalismo, e ci aiuta a concentrarci sulla necessità di qualità nei media"
.

Lo scorso anno, l'Institute for Public Relations Research and Education e l'
International Public Relations Association, hanno resa pubblica una lista di
66 nazioni riguardante la possibilità che i giornalisti della carta stampata
cerchino o accettino denaro in cambio della copertura di notizie. Frank
Ovaitt, Presidente dell'Istituto, ha detto: "Riteniamo che si tratti di una
questione critica, che giornalisti seri ed esperti di pubbliche relazioni
devono affrontare insieme".

Lo studio dell'istituto sulla corruzione può essere visionato sul:
http://www.instituteforpr.com/international.phtml?article_id=bribery_index

Full
Press Statement on Statement of Principles -
http://www.ifj.org/docs/Joint%20statement%20on%20media%20transparency%20principles.doc

Per ulteriori informazioni: Aidan White, +32 2 235 2200, [email protected]

[ Pubblicato il 03/08/2004 ]

_________________________________

Saluti,

Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell'Alg

Milano, 3 agosto 2004

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GSGIV Spot occulti

Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva

  • Associazione lombarda dei giornalisti –

A Franco Siddi

Presidente Fnsi – Roma

A Paolo Serventi Longhi

Segretario generale FNSI – Roma

A membri Giunta esecutiva Fnsi – Roma

A membri Comcontratto Fnsi- Roma

Il problema degli spot occulti, imposto ora all' attualità dalle note vicende Rai, è da anni presente anche nel fotogiornalismo. Soprattutto nel settore dei periodici nel quale molti dei fotoreportage pubblicati vengono realizzati con immagini prodotte, anziché in quella totale autonomia che la deontologia professionale impone, con il sostegno economico degli stessi soggetti  al centro della specifica informazione giornalistica che viene proposta a chi acquista il giornale. Il tutto senza che il lettore ne venga, anche minimamente, in qualche modo informato.

Il fenomeno riguarda gran parte dei settori tematici del giornalismo, partendo da quelli che portano all'attenzione del pubblico determinati prodotti commerciali, sino a  quelli  più legati alla sfera del sociale e della politica.

Tanto per dare un'idea concreta attraverso un esempio, quello che un tempo accadeva in settori come quello del turismo ( reportage realizzati a spese di organismi pubblici o di agenzie di viaggio ), oggi sta avvenendo persino in comparti delicatissimi come quello che si occupa delle situazioni di crisi oggetto di intervento  delle organizzazioni umanitarie, entità anche loro sempre più spesso disposte ad investimenti mirati ad ottenere quella visibilità  necessaria a raccogliere consensi e finanziamenti tra i cittadini.

  Questo in un momento di estrema debolezza dei giornalisti dell'informazione visiva che, ormai totalmente tagliati fuori dalle garanzie assicurate dalle regole di un rapporto di lavoro subordinato e fortemente condizionati dall'estrema fragilità di forme sempre più selvagge di lavoro autonomo, sono sempre meno in grado di pretendere con rigore di poter esercitare la propria professionein modo da fornire un'informazione corretta basata su scelte non pilotate e subordinate ad interessi diversi da quelli dei propri lettori.

  Nel far presente il grave fenomeno, nel nostro ruolo di fotogiornalisti componenti dellaCommissione nazionale contratto, auspichiamo che Presidenza e Segretaria generale della Fnsi diano vita al più presto ad iniziative di rigorosa vigilanza che, imponendo agli editori di porre fine a questo vergognoso malcostume, possano fare piazza pulita di tutto quanto può mettere a rischio la fiducia dei lettori  nei confronti di chi  è impegnato nel dovere di fornire loro un' informazione visiva corretta.


Amedeo Vergani

Maurizio Papucci

( membri Commissione nazionale contratto Fnsi )

 

22 maggio 2004

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Dibattito senzabavaglio

Da:: Stefano Tesi <xmas60@...>
Data:: Sab Lu 17, 2004 5:37 pm
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/I PR all'assalto di giornalisti e giornali (di Stefano Tesi) xmas60
Offline
Invia email

Cari amici,
ritengo di fare cosa opportuna inviandovi quanto ho
già inviato privatamente ad alcuni, in merito ad una
lettera di pseudoinvito a un viaggio stampa ricevuta
l'altroeri (e riportata in calce alla mia risposta).
Sia chiaro: nihil sub sole novi. Ma non potevo
trattenermi e così ho sollevato il caso.
Che succederà? Io temo il peggio: non succederà
assolutamente niente.
Saluti,
Stefano

Cara Rosanna,

scrivo in assoluta serenità e senza la minima intenzione di polemizzare con
nessuno, men che meno con te che esegui direttive non tue, ma credo che
l'argomento andrebbe sviscerato meglio, in un confronto equilibrato tra
professionisti della materia.

Ero a conoscenza da tempo delle nuove "regole" decise dall'Adutei in merito
alla richiesta di lettere di accredito ai free lance come condizione per la
loro partecipazione ai viaggi stampa e - lo premetto - pur non condividendole
ne comprendo in pieno le ragioni, che in buona parte sono ovvie: a nessuno
piacciono i "sedicenti" e chiunque invita si aspetta un "ritorno".

Chiarito questo, da un lato aggiungo però che non vedo in virtù di quale regola
di deontologia professionale un giornale e/o un redattore possano e/o debbano
preventivamente garantire un "ritorno" a chi li invita, visto che almeno in
teoria gli inviti dovrebbero essere "prove" o visite conoscitive i determinate
destinazioni. Dall'altro spero che appaia ovvio a tutti come mandare a qualcuno
un invito, condizionando però la "validità" dello stesso al rilascio da parte
di terzi di un accredito, sia una contraddizione illogica e un po' ridicola.

In altri termini: se un ente invita me, ma a condizione che un
altro "garantisca" per me, l'invitato sono io o è l'altro? E in questo caso,
perchè non viene invitato direttamente l'altro, senza disturbare me?

Detto ancora più in soldoni: se l'invitato vero non sono io, Stefano Tesi
(visto che posso accettare solo se "accreditato"), ma una testata del settore,
che casomai potrà inviarmi per rappresentarla, perchè l'invito viene
indirizzato a me? Sarebbe logico e necessario che l'invito fosse spedito al
giornale e/o al suo direttore il quale, poi, delegherà chi vuole (sè medesimo,
un free lance, un redattore, una segretaria, un'amante...) a presenziare.

Ripeto: le ragioni "profonde" di una tale prassi sono ovvie e evidenti a tutti,
ma per un professionista che certo non vive di viaggetti a scrocco o di
mascherate a nome altrui, quanto accade è avvilente, irritante e
offensivo.

Da parte mia, desidero e pretendo o di essere invitato personalmente oppure non
essere invitato per nulla. Non mi offenderò se non sono invitato (tanto se sono
invitato "a condizione che" è come se non lo fossi); sarò ben lieto,
riconoscente e collaborativo, ma senza che ciò mi faccia sentire minimamente
vincolato a garantire "ritorni", se invece l'invito è personale.

Vorrei sapere dai rappresentanti degli enti del turismo e dai pr come
nell'ambiente è stata accolta questa "regola" dell'accredito e se la cosa, come
mi auguro, ha portato loro i giusti benefici nell'evitarei soliti imbucati,
sedicenti, etc.

Vorrei parimenti sapere dai free lance se dal punto di vista della loro dignità
professionale ritengano questa prassi accettabile o meno. Trovo giustissimo,
sia chiaro, che gli uffici stampa abbiano le loro "liste" nere, bianche,
grigie, etc. in base alle quali decidere discrezionalmente, come è loro pieno
diritto, chi invitare ai viaggi e alle conferenze stampa.

Ma troverei altrettanto giustissimo se i liberi professionisti non accettassero
di essere trattati come minorenni o minorati, bisognosi di un tutore. Del
resto, rovesciando la frittata, tutti sanno bene che quando si tratta di
invitare le persone non agli ambiti viaggi, ma alle noiose conferenze stampa, i
disprezzatissimi free lance di bocca buona tornano più che utili, se poi il pr
deve mostrare al committente una sala bella piena e un fitto carnet dei
biglietti da visita degli intervenuti. O no?

Concludendo, mi piacerebbe davvero conoscere la pacata opinione di tutti
sull'argomento, convinto che solo un progressivo "ripulisti generale" (di
imbucati professionali da un lato, di operatori troppo furbi dall'altro) potrà
forse contribuire a migliorare la situazione. In attesa degli auspicati
riscontri, saluto cordialmente l'intera comunità.

Stefano Tesi

PS: non volendo, nè potendo, nè trovando giusto andare in giro a questuare
un "accredito" di qualche tipo, è sottinteso che non potrò partecipare al pur
interessante viaggio stampa in oggetto.

--- events ha scritto:

Viaggio stampa tra Baden-Württemberg e Baviera in
occasione del 50° anniversario della “Strada delle Rocche”
dal 23 al 26 settembre 2004

Degli oltre 1000 km della Strada delle Rocche da Mannheim
a Praga, il viaggio porta alla scoperta del tratto che dalla
valle del fiume Neckar arriva a Norimberga.

I partecipanti Intraprenderanno un viaggio nel passato, a
contatto con le numerose sfaccettature della Strada delle
Rocche: castelli e fortezze, pittoresche cittadine, storia
e cultura, specialità gastronomiche regionali, relax e la
possibilità di scoprire la strada turistica dall’acqua.

In allegato il programma.
Per motivi organizzativi
vi preghiamo di confermare la vostra partecipazione
entro il 20 luglio.
Il gruppo sarà formato da 5 giornalisti.

N.B. per i giornalisti freelance è necessaria la lettera di
accredito della testata (minimo 50.000 copie).
Grazie e saluti,
Rosanna Fudoli



Da:: "Nicoletta Contardi"
Data:: Lun Lu 19, 2004 8:28 pm
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/Bravo Stefano, senti che è successo a me (di Nicoletta Contardi) "Nicoletta Contardi"
Invia email

Bravo Stefano,
anche a me è capitato di ricevere un invito a un viaggio stampa che mi è
stato poi "ritirato" per insufficienza di accredito.
Saluti a tutti.
Nicoletta



Da:: "Alberto Dell'Orto" <d.albe@...>
Data:: Mar Lu 20, 2004 9:50 am
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/Tesi ha messo il dito sulla piaga. Ma la ferita è più profonda (di Alberto dell'Orto) d.albe@...
Invia email

Cari colleghi,
mi sembra che l'intervento di Stefano Tesi nel Digest 698 abbia toccato uno
dei tasti dolenti della categoria, specialmente del settore delle
specializzate. Per chi avesse bisogno di un riferimento, Tesi (mi perdonerà
se mi permetto di sintetizzarlo) in sostanza lamentava un rapporto tra
giornalisti e uffici stampa improntato poco alla professionalità e molto a
uno scambio di favori, una sorta di do-ut-des in cui sostanzialmente non si
chiede al giornalista di fare il suo mestiere (cercare, verificare e
pubblicare una notizia), bensì di comportarsi acriticamente da megafono
dell'uficio stampa medesimo in cambio di alcunchè (viaggi o altro).

Insomma, quello che dovrebbe essere una trasferta di lavoro per conoscere
l'oggetto della propria prestazione professionale diventa un viaggio turistico
propedeutico alla pubblicazione di una notizia, un articolo o un servizio,
indipendentemente dall'importanza intrinseca della questione.
Nihil sub sole novi, dice Tesi, e ha ragione.

Però, cari colleghi, la colpa è anche e soprattutto nostra: se Tesi si sente
offeso (o almeno amareggiato) per essere invitato in base alla testata con cui
collabora e alla "garanzia" di pubblicazione, bisogna purtroppo ammettere che
questo modo di considerare i rapporti tra stampa e attività economiche è così
diffuso proprio perchè i giornalisti si fanno "condizionare" da questi giochi.
Dunque, perchè gli uffici stampa dovrebbero rischiare?

Per un Tesi che rivendica la propria autonomia professionale, ci sono dieci
altri in grado di fare lo stesso lavoro in modo assai più aderente alle
necessità di chi paga il viaggio, senza fare domande fastidiose o porre
questioni di principio. Le capacità di analisi, lo spirito critico, il servizio
reso al lettore e il rispetto della deontologia vengono guardati raramente con
rispetto, quasi sempre con malcelato fastidio. Tesi, e anche gli altri
colleghi, non ignora certo che la funzione di "premio" di queste iniziative è
spesso sfuttata proprio dagli editori e dai direttori per gratificare chi si
adegua a certe logiche mercantili.

Per provare un'auto e scrivere un pezzo di due cartelle bisogna per forza
andare in una località esotica per una settimana, dove la conferenza stampa
durerà al massimo mezz'ora? Anche tra noi, c'è chi fa il giornalista perchè ha
qualcosa da dire, e chi dice qualsiasi cosa pur di fare il giornalista.

Alberto Dell'Orto



Da:: Stefano Tesi <xmas60@...>
Data:: Gio Lu 22, 2004 7:44 pm
Oggetto:: ETICA E VIAGGI STAMPA/E' giornalista chi viola la deontologia? (di Stefano Tesi) xmas60
Offline
Invia email

Caro Alberto e cari colleghi,
certo che il problema è più ampio, come ho già scritto da qualche parte.
Infatti la questione radicale è la seguente: chi accetta, per connivenza e/o
inconsapevolezza e/o debolezza contrattuale, la logica del do ut des è e
può essere considerato giornalista alla luce delle norme deontologiche
professionali stabilite per la categoria?
O, da altra prospettiva: se costui risulta iscritto all'albo, chi, come,
quando, in base a cosa, accertata la sussistenza di quali requisiti, lo ha
ammesso? E da un'altra prospettiva ancora: se c'è un ordine che ammette e/o al
quale si accede pur in mancanza conclamata di requisiti soggettivi di
professionalità e deontologia, come si può e si deve rimediare, prima che
l'intera categoria si distingua per la mancanza dei connotati di indipendenza e
obbiettività statutari?
La soluzione è una sola, che si articola in due fasi parallele: introduzione
anche retroattiva di norme rigorose per la verifica della sussistenza dei
requisiti minimi per l'iscrizione all'albo (morali, professionali,
deontologici, reddituali, etc.); ripulisti spietato operato "dal di dentro" nei
confronti delle figure mezzingole, compromesse e malleabili.
Già prevedo l'eccezione: OdG e Fnsi vivono di quote, se si fanno fuori il 50%
dei soci si perdono il 50% delle entrate. Risposta: basta alzare le quote dei
giornalisti "veri", che essendo professionisti e/o professionali non avranno in
realtà alcuna difficoltà a pagare, ad esempio, 250 euro l'anno invece di 125,
offrendo loro in cambio servizi e assistenza altrettanto professionali invece
dell'attuale sinecura.
Direte che sono razzista, classista, fascista, forcaiolo, giustizialista...e
chi se ne frega, ci sono abituato. Ma la sostanza non si cambia con gli
aggettivi.
Saluti a tutti,
Stefano Tesi



Da:: qp-senza bavaglio
Data:: Ven Lu 23, 2004 10:32 pm
Oggetto:: ETICA/La coscienza di Debra Saunders (di Alay Colon) malberizzi
Offline
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Amelia Beltramini – che al congresso di Cervinia si è occupata di
approfondire i rapporti tra etica e giornalismo - ha tradotto per i lettori
di QP/Senza Bavaglio questo interessante articolo scritto da Aly Colòn,
l'animatore di un gruppo che si occupa di etica sul lavoro.

Poynteronline
Posted, Jun. 17, 2004
Updated, Jun. 17, 2004
Il costo di un viaggio gratis
By Aly Colón
Ethics Group Leader & Diversity Program Director

Immagina di essere un giornalista economico e di essere a una conferenza
stampa per intervistare qualcuno. Immagina che tutti facciano cadere il
biglietto da visita in una boccia che ne contiene altri, e tu ti uniformi.
Immagina anche che più tardi qualcuno estragga un biglietto, il tuo
biglietto: hai vinto un viaggio aereo in prima classe del valore di 20 mila
Euro.

Che fai?

È successo a Debra J Saunders, opinionista del San Francisco Chronicle. La
conferenza stampa era sul commercio bioetico, organizzata dal consolato
britannico. Lei ha rinunciato al premio. Aveva creduto che la boccia di
biglietti servisse agli ospiti per fare una mailing list di chi voleva altre
informazioni. Solo dopo aveva capito che c’era di mezzo un¹estrazione. E
contemporaneamente aveva deciso che se avesse vinto non avrebbe potuto
accettare.

La sua decisione sorprese gli altri. Qualcuno pensò che fosse pomposo
rinunciare al premio. Altri che trattandosi di un sorteggio non c’erano
problemi ad accettarlo. Altri ancora che avrebbe potuto darlo a un
componente della sua famiglia, o a un’opera di beneficenza.

Debra sostiene di averlo fatto per se stessa. Non voleva dimostrare nulla,
né invitare gli altri a imitarla. «Sto bene comportandomi così. Molti si
sarebbero comportati come me. Molti no. Mi è spiaciuto rinunciare: amo
viaggiare, ma amo ancor di più la mia integrità. Questa scelta avrebbe
minato la mia autorità morale e ridotto la mia credibilità anche se il
premio veniva dalla Virgin Airlines e non da chi aveva convocato la
conferenza stampa. Ma la compagnia aerea potrebbe in futuro aprire un
ufficio a San Francisco e mi potrebbe capitare di doverne scrivere. E io non
riesco a non essere grata quando ricevo un dono».
Debra è una opinionista conservatrice. Dice agli altri cosa ritiene giusto e
cosa sbagliato. E chiede a se stessa quello che chiede agli altri. «Scrivere
un’opinione mi rende più morale» dice Saunders. «Se dici come si dovrebbero
comportare gli altri, devi guardare prima di tutto te stesso. C’è chi dice
agli altri come comportarsi e non applica a se le stesse regole. Gente che
non rispetto»

John Diaz, responsabile della pagina degli Editoriali del Chronicle, ha
approvato la scelta di Saunders. Accettando il premio avrebbe infranto le
regole, e questo a prescindere dal valore del premio. Le regole etiche del
Chronicle nel capitolo del “niente regali” precisano: «Nessun giornalista
può accettare da potenziali fonti di notizia o da agenzie governative o da
agenzie di altri governi riduzioni sui mezzi di trasporto, doni o feste».

Eppure la risposta di Saunders ha suscitato sorpresa fra gli altri convenuti
al ricevimento del Consolato Britannico. Sembrò loro argomento per un
editoriale sul giornale. Il che dimostra alcune cose sull’etica
giornalistica. Mostra qual è il codice etico. È in contrasto con gli
stereotipi su cosa è l’etica nel giornalismo. Ricorda che le azioni
dimostrano come è ogni giornalista, e come è la categoria.

Alcuni definirebbero la decisione di Saunder “difficile”. A chi non farebbe
piacere un viaggio di lusso gratis? E potrebbe sembrare sciocco rinunciare a
tutto ciò quando neppure l’hai chiesto e per giunta non ti si chiede nulla
in cambio. Altri definirebbero la decisione facile. Chi non si sentirebbe
debitore nei confronti di un’organizzazione che ha regalato tanto? Dire “no”
evita l’accusa di conflitto di interesse che potrebbe seguire.

L¹entità del premio sembra avere un ruolo nella importanza assunta dalla
notizia. Ma è importante l¹entità? Se la rinuncia fosse stata a due
biglietti per un concerto, uno show, una partita, sarebbe diventata una
notizia? Forse sì, forse no. Se avesse accettato un pranzo si sarebbe
sentita meno in debito? Non so quante volte ho sentito giornalisti dire «non
mi comprano con un pranzo». E allora con cosa ti potrebbero comprare? Una
Mercedes? Un viaggio a Disneyworld tutto spesato? O un viaggio ai vigneti
della California sponsorizzato da un produttore?

Negli ultimi tempi, quello che i giornalisti chiamano integrità significa
poco, meno di ciò che rivelano quando la loro integrità è messa alla prova.
Un vecchio detto giornalistico dice «Non parlare, dimostra con i fatti»

Alay Colòn

Per chi fosse interessato ad altri argomenti di etica e giornalismo
segnaliamo il sito:
http://www.poynter.org/content/content_view.asp?id=31889&sid=32



Da:: Isa Grassano <isa@...>
Data:: Gio Lu 22, 2004 3:14 pm
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/Non tutti i pierre sono così (di Isa Grassano) isa@...
Invia email

Caro Stefano concordo con te.

Anch'io free lance alucni inviti e quindi la stessa richiesta di accredito...
Bisogna precisare quale sia il senso di un press tour: far visitare un luogo
con tutte le sue bellezze e le sue tipicità, per offrire al giornalista spunti,
idee, insomma per invogliarlo a scriverlo...non per "costringerlo".

In tutti i libri su come gestire un ufficio stampa o un'attività di relazioni
pubbliche si legge questo e questo è quanto mi hanno insegnato nei numerosi
corsi di specializzazione che ho seguito.
Credo, del resto, che chi da anni fa uffici stampa, ha ben chiaro
il concetto. C'è da aggiungere che ogni freelance ha tutti i motivi per
scrivere un articolo, visto che viene pagato su quanto pubblicato. Quindi,
credo che tutti i freelance, ad iniziare da me, abbiano tutto l'interesse a
proporre il servizio a più giornali...! Scroccare un viaggio per farsi una
vacanza? Qualcuno può anche pensarla in questa logica, ma obiettivamente un
professionista serio può anche permettersi di pagarla una vacanza...piccola
magari (visti i tempi)...
Mi è capitato negli anni scorsi, di organizzare qualche eductour per
giornalisti a Mantova (avendo curato per il Comune la promozione di qualche
evento). Bene ho invitato colleghi free e non, ma mai da nessuno ho preteso
nulla.
Vi posso assicurare che vi hanno partecipato colleghi regolarmente assunti,
anche con posizioni importanti di capiredattori o di capiservizio, e non ha mai
visto pubblicato nulla! Che avrei dovuto fare? Minacciarli? E non crediate che
il dirigente del settore cultura/turismo del comune di Mantova non mi abbia
chiesto dei riscontri.
Ho semplicemente detto loro che il giornalista invitato è libero di decidere se
scrivere. E se non avesse trovato idee interessanti da sviluppare?
L'unica garanzia che dopo un press tour un articolo venga pubblicato è
pagare un publiredazionale. O no?
Credo che questi siano una sorta di "ricatto" morale che lede la dignità di
noi freelance, che quotidianamente ci "sbattiamo" (concedetemi il termine)
per scrivere per più giornali, per proporre sempre servizi nuovi, per essere
sempre sull'onda... E siamo sempre noi che talvolta rifiutiamo perché magari
abbiamo la certezza che mai e poi mai potremo scrivere qualcosa sulla zona.
Del resto, e caro Stefano mi trovi ancora una volta concorde con te,
facciamo comodo quando dobbiamo riempire le sale delle conferenze stampa,
quando dobbiamo passare agli stands delle varie fiere di turismo, quando
riusciamo ad inserire qualche news su clienti dei vari uffici stampa, in
qualche nostro servizio.
Di imbucati ce ne sono tanti, è vero, ma una brava pierre che sfoglia
costantemente le riviste dovrebbe aver "imparato" a riconoscere le
firme...quelle firme che prima o poi potranno scrivere un articolo...magari
proprio sulla zona proposta...
Io stessa se devo fare un servizio per i viaggi di Repubblica (una delle
riviste per le quali collaboro) cerco ovviamente un contatto con un ente del
turismo per farmi ospitare in parte o totalmente. Penso che lo facciano
tutti, anche perché i compensi non sono elevatissimi, ma (insieme al
fotografo) ci fermiamo 2/3 gg il tempo necessario per prendere le
informazioni che ci servono...saltiamo persino il pranzo, per fare prima e
poi ripartiamo. Non portiamo nè mariti, nè mogli, nè amanti, nè prolunghiamo
la nostra permanenza...eppure visti i luoghi belli che visitiamo sarebbe anche
un vantaggio...
quindi sono bel felice di ricevere inviti come Isa Grassano, e da parte mia
tutta la collaborazione per cercare di "piazzare" il servizio, ma,
purtroppo, posso solo garantire per la mia professionalità. Null'altro

Isa Grassano



Da:: "Nicoletta Contardi" <nicoletta.contardi@...>
Data:: Lun Lu 26, 2004 7:47 pm
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/Ahimè, quell'ufficio è proprio recidivo (di Nicoletta Contardi) nicoletta.contardi@...
Invia email

Riguardo alla spinosa questione dei viaggi stampa, sono d'accordo con Isa che
non tutti gli uffici stampa sono uguali e che nel settore accadono abusi di
ogni genere da entrambe le parti.

Sarà una coincidenza, ma l'ufficio stampa di cui parla Stefano nella sua prima
mail è lo stesso che mi ha riservato questo "trattamento di favore" a cui ho
accennato in una mia mail precedente.

Un giorno ricevo una mail di invito a un viaggio stampa, rispondo
immediatamente per confermare, perchè a me quel viaggio interessava. Dopo poco
ricevo un'altra mail dalla titolare dell'ufficio stampa in cui mi prega
d'indicare la testata che mi accredita. Il tempo di accordarmi con una collega
per l'accredito e di rispondere che già non c'era più posto (il gruppo era
pieno), scusa ufficiale per dire che non ero abbastanza importante.

Successivamente ho saputo che ad altri colleghi sono successe cose analoghe.

Più di recente sono stata contattata nuovamente dallo stesso ufficio stampa
alla vigilia di un altro viaggio per cui evidentemente avevano bisogno di far
numero e mi sono trovata in mezzo a un gruppo eterogeneo, molto simile a una
gita scolastica, (età media dei partecipanti, a parte la sottoscritta e pochi
altri: 23-24 anni, di cui la maggior parte senza alcuna esperienza). Ovviamente
ognuno è libero d'invitare chi vuole, ma anche questo fa pensare.

Nicoletta Contardi



Da:: Maria Tanzarella <m.tanzarella@...>
Data:: Mer Lu 28, 2004 9:36 am
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/Il ricatto è inaccettabile (di Mariella Tanzarella) m.tanzarella@...
Invia email

D'accordissimo anche sul problema viaggi stampa, con il desiderio di
approfondire anche il ruolo delle testate. Mi manca, come sempre, il
tempo ma vorrei parlarne di più, qui si continua a far finta di non sapere
che ci giocano tutti: i giornalisti che accettano, ma anche le testate: la
mia, per esempio, mi obbliga a mettermi in ferie se voglo partecipare a un
viaggio, ma poi non si esclude che io ne possa scrire se lo ritengo opportuno:
allora, se sono andata lì e poi ne ho scritto, ero in ferie o di lavoro? O
nessuno può partecipare perché non è morale, o lo si può fare riservandosi
di scrivere o no (il ricatto "se non scrivi non vieni" è improponibile,
davvero una vergogna accettarlo), però come inviati e non come turisti.
Ci sentiamo presto, saluti a tutti
Mariella Tazarella



Da:: Amelia Beltramini <abeltramini@...>
Data:: Gio Lu 29, 2004 5:26 pm
Oggetto:: ETICA/Le relazioni perverse tra i protagonisti dell'informazione (di Amelia Beltramini) abeltramini@...
Invia email

di Amelia Beltramini

Mi occupo di divulgazione scientifica, e in particolare di medicina. (gli
altri argomenti, come psicologia e affini, non interessano economicamente
nessuno), per una testata interessante per gli uffici stampa perché vende
più di 700 mila copie al mese.

Gli inviti mi giungono prevalentemente da aziende farmaceutiche, ma anche da
cliniche private e di produttori di tecnologie biomediche.

Gli inviti sono a congressi, convegni, simposi, inaugurazioni di filiali,
presentazione di ³grandi scoperte della medicina² che si svolgono a volte a
Milano (dove è la sede del giornale) altre a Roma, ma abbastanza spesso,
soprattutto in primavera e autunno, in località amene, a volte addirittura
esotiche, oppure grandi capitali europee o americane.

Le parti coinvolte nel viaggio stampa sono quattro: l¹ufficio stampa
dell¹azienda ospite; i relatori, i giornalisti, la testata che hanno
interessi diversi. Ho provato ad analizzarli.

1. L¹ufficio stampa deve fare gli interessi dell¹azienda che rappresenta,
per la quale quel viaggio è un¹operazione di marketing pubblicitario. Lo
scopo delle aziende farmaceutiche è avere bilanci in attivo, non perdere
quote di mercato e pagare i dividendi agli azionisti. L¹obbligo quindi è di
risultati, non di mezzi. Non hanno nessun obbligo di essere obiettivi
sottolineando masochisticamente gli effetti collaterali dei farmaci. La loro
informazione quindi deve essere di parte: i relatori saranno scelti in
questa ottica, e i giornalisti ospiti pure saranno scelti fra coloro che in
passato hanno dimostrato di poter pubblicare la ³notizia² come è stata
presentata, meglio senza aggiunte critiche, su una testata interessante,
tale da garantire ricadute.
Per esperienza, se le mie premesse sono corrette, gli uffici stampa sanno
fare benissimo il loro lavoro.

2. I relatori, cui viene offerta una munifica ospitalità e pagata la
prestazione professionale, certo non saranno così ingrati da elencare i lati
negativi di un farmaco, o le lacune di una tecnica. Inoltre sono costretti
ad essere molto gentili nella speranza che sia finanziata una loro ricerca o
la borsa di studio di uno specializzando, manna viste le attuali condizioni
di asfissia della ricerca italiana.

3. Noi giornalisti scriviamo (o dovremmo scrivere) per i nostri lettori. Se
la testata è in attivo è il lettore che ci paga lo stipendio. Se
l¹informazione non è fatta bene, nel suo interesse, cercherà sul mercato
qualcosa di più attendibile: la testata rischia la chiusura e noi la cassa
integrazione. Ideale sarebbe essere inviati dalla testata a congressi
indipendenti e almeno internazionali. E ricevere in ufficio i testi delle
cartelle stampa (nn gli inviti, che per lo più non aggiungono nulla a
eventuali cartelle stampa fatte bene) per poterle leggere con calma e in
modo critico. Purtroppo ciò non avviene. Ma forse non sempre ci accorgiamo
di quanto l¹ospitalità munifica degli uffici stampa, la loro cortesia, la
loro generosità, influenza il nostro lavoro. Il Coordinamento per
l¹integrità della ricerca biomedica ha inviato recentemente un questionario
a 121 giornalisti medico-scientifici. Hanno risposto solo uno su tre (32%).
Di questi il 38% riconosce che l¹essere ospiti ha influenzato l¹articolo
scritto; il 13% che esiste una relazione tra munificenza dell¹ospitalità e
orientamento dell¹articolo; il 30% che ha subito pressioni per la
pubblicazione della notizia al ritorno dal congresso; il 13% di basarsi solo
sulla documentazione degli uffici stampa. Questi non sono articoli
giornalistici, ma pubblicità occulta.
Quello che emerge è un giornalista che spesso si abbassa a fare il
divulgatore passivo, che fa da megafono degli interessi di chi lo ospita.
Siamo quindi noi che non sappiamo fare il nostro lavoro, non gli uffici
stampa. Penso che il settore farmacologico, che può danneggiare la salute
dei lettori, sia il più critico, ma non penso che un viaggio turistico, o la
presentazione di un prodotto delle tecnolgie come un telefonino o altro
abbiano minore influenza sulla deontologia. Se tutti fossimo più
indipendenti e più critici, gli uffici stampa non potrebbero scegliere fra
giornalisti più o meno influenzabili. Saremmo tutti altrettanto
indipendenti. Ma soprattutto solo così potremmo dirci giornalisti.

4. Mi dicono che nelle redazioni i direttori e i vice direttori usano i
viaggi stampa per premiare la fedeltà dei giornalisti alla linea del
direttore. In questo caso chi si vende è non solo il direttore, ma anche il
giornalista che invece di andare a lavorare duramente in una trasferta
(altrimenti perché ricevere in busta paga il diritto di trasferta?) va a
fare una pubblicità occulta.
Non si tratta di reati punibili dal codice penale e visto che tutti sono
d¹accordo neppure con il codice civile. Ma sicuramente l¹Ordine dovrebbe
vigilare di più i rapporti fra uffici stampa e giornalisti, e mettere delle
regole sui viaggi stampa. Cominciamo ad essere sbeffeggiati su libri e
giornali.Si favoleggia di viaggi di una settimana in località per pochi
ricchi per decantare i supposti vantaggi di farmaci già rivelatisi una
bufala dalle pubblicazioni scientifiche accreditate.

Amelia Beltramini
Coordinatrice del gruppo "Etica e Informazione" di qp-Senza Bavaglio

Per saperne di più:
Marco Bobbio: Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza.
Einaudi2004
Maurizio Paganelli, Congressi o vacanze Salute di Repubblica 20 febbraio
2003 p 10
Chi fa la regia della stampa di settore? Il sole 24 ore sanità 4-11 novembre
2003 pp 16-17



Da:: "mulassano" <mulassano@...>
Data:: Ven Lu 30, 2004 9:41 am
Oggetto:: ETICA/Due storie raccapriccianti. E l'Ordine di Torino che fa? (di Laura Mulassano)/ mulassano@...
Invia email

Cari colleghi,
mi pare ormai acclarato che - per universale parere dei
colleghi ancora legati a una certa deontologia (che dovrebbe distinguere i
giornalisti d.o.c dai membri della cosiddetta Banda della Tartina) - i viaggi
stampa "a ricatto" (cioè con garanzia scritta di pubblicazione) sono
assolutamente inaccettabili.
E seocondo me portano soltanto pregiudizio a chi li accetta e anche - se mi
permettete - a chi li organizza.
Voglio però raccontarvi un piccolo "nanetto" che mette in luce le
responsabilità (purtroppo frequenti) anche delle testate giornalistiche,
sia periodiche che quotidiane, nell'accogliere collaborazioni e nel
distribuire incarichi.
Si è già detto dei redattori capo che inviano le loro amiche o di invitati
illustri che mandano il cugino o la sorella. Donde forse i ridicoli e assurdi
provvedimenti dell'Adutei di liste di giornalisti graditi o no e di richieste
di lettere di garanzia. Deprecabili è vero... ma alla fine pure comprensibili,
quale goffo e inutile tentativo di arginare un malcostume generale. Ma c'è
altro....
Poco tempo fa (poco più di un mese fa) su un quotidiano importante a tiratura
local/nazionale - quotidiano che in una sua pagina culturale ospita spesso
resoconti di viaggio o comunque articoli riguardanti destinazioni
"turistico/viaggistiche" - è comparso un lungo pezzo sulla destinazione Qatar,
nuovo luogo di meraviglie arabe, piccolo stato (che ospita anche una base
americana) petrol/gasifero.
Il Qatar è una interessante recente destinazione turistica, soprattutto per chi
si accinge a fare un viaggio lungo verso Oriente e vuol farsi uno stopover per
conoscere queste piccole, curiose e locupletosissime realtà mediorientali. Dove
hotel avveniristici cominciano a nascere come funghi, dove si costruiscono
piscine e campi di golf, si organizzano gite nel deserto e nei suq dell'oro
etc...nel tentativo di emulare Dubai e gli Emirati.
Benissimo. Ma la firma di questo lungo pezzo - interessante peraltro, ma
naturalmente elogiativo e entusiasta ai imiti della nausea - di chi era mai? Di
una signorina che è impiegata di un'agenzia di p.r che cura l'immagine del
Qatar! Signorina che non mi risulta - salvo errori - essere nè pubblicista nè
tantomeno professionista del giornalismo italiano. Forse figlia di qualcuno,
però.
Non basta: nella stessa pagina - a firma a me sconosciuta - appariva un secondo
articolo riguardante l'isola di Malta. Malta è - guarda caso - un'altra
destinazione il cui ente del turismo è sempre nel cast della medesima agenzia
di p.r torinese! Agenzia che per sua fortuna di enti del turismo ne gestisce
parecchi altri....
Ora la cosa non solo puzza, ma è a dir poco scandalosa. E su due fronti:
primo il giornale non si preoccupa di sapere (speriamolo almeno, peggio
sarebbe che lo sapesse) se queste persone che propongono pezzi e poi li
pubblicano - su Qatar e Malta in questo caso - siano giornaliste, siano
state nel Qatar e a Malta e possano parlare con cognizione di causa. E
soprattutto se (o no) abbiano dipendenze e "legami commerciali" con
l'argomento che trattano.
Il codice deontologico dei giornalisti vorrebbe almeno - nel caso che un p.r
scrivesse sulla sua destinazione o prodotto - che accanto alla firma
dell'autore apparisse chiara la sua qualifica come p.r o addetto stampa!
Secondo: le agenzie che promuovono e le persone che scrivono (magari su
imposizione delle loro agenzie) come diavolo fanno a non capire che queste cose
non si debbono fare? Se la persona che ha scritto non è giornalista... meglio
per lei, non è neppure segnalabile all'Ordine per avere violato il codice
deontologico in maniera clamorosa.
Ma l'agenzia? Non lo sa che queste cose non si fanno? E' chiaro, per loro è un
colpo da novanta, ma forse in agguato c'è qualcuno che può scoprire i loro non
del tutto corretti giochini....
E il giornale? I veri colpevoli in questo caso sono i responsabili della
pagina: non sapevano chi era chi proponeva il pezzo? Male. Lo sapevano?
Malissimo! Lo hanno combinato ad arte? Peggio ancora, gravissimo! Se vogliono
proprio pubblicare un pezzo sul Qatar (e uno su Malta sulla stessa pagina ....e
fare così un grandioso favore all'agenzia che cura le pubbliche relazioni dei
due enti) per cortesia usino almeno furbizia e buon gusto e travestano la
(anzi le) marchetta/e da pezzo/i normale.... facendolo/i magari fare a colleghi
che non hanno scheletri nel cassetto. Cioè che non siano proprio dipendenti
degli uffici stampa! Sarebbe come se il responsabile o un dipendente
dell'ufficio stampa della Fiat scrivesse su un quotidiano un'ode a nuovo
modello Fiat senza mettere sotto il suo nome la sua onoratissima qualifica.
Ma siamo uomini o siamo diventati venditori di tappeti del suq di Marrakech? Lo
chiedo ai responsabili dei giornali, naturalmente. Non all'agenzia. Che
ovviamente ha piazzato un bellissimo colpo con due sue destinazioni sulle
pagine di un grande quotidiano. E ha fatto splendida figura con i suoi clienti.
E' una pubblicità? Allora il giornale segnali regolarmente come è suo
dovere che si tratta di un publiredazionale: così può scrivere anche la
dipendente dell'agenzia e senza scandalo. Non lo è? Traetene voi le
conclusioni.
Io traggo una sola conclusione: è ormai un pessimo momento quello in cui
viviamo, almeno dal punto di vista della deontologia e della correttezza.
Nessuno guarda più, nessuno sorveglia, nessuno pare farci caso. Basta,
magari, non pagare l'estensore dell'articolo, ovviamente perchè si fa la sua
pubblicità gratis; tanto viene pagato doppio magari dall'agenzia di p.r!
Se poi l'estensore dell'articolo viene pure pagato dal giornale per aver
scritto delle sue cose...non mi fate commentare questi comportamenti. E poi
si parla di conflitto di interessi. Bisgonerebbe parlare di spazzatura.
Resta l'Ordine dei giornalisti è vero, che in certi casi (vedi Abruzzo,
Lombardia) si da da fare per identificare questo tipo di vergognose
commistioni e papocchi giornalistici. Personalmente non ho potuto portare la
questione all'Ordine della Lombardia - di cui sono da poco consigliera -
semplicemente perchè il giornale e la questione sono in ambito Subalpina. Ma
se qualcuno volesse farlo...e scandalizzarsi.......e segnalare....tutto è
benvenuto, in nome di una dignità che qualcuno vorrebbe fosse ancora
riconosciuta alla categoria
Laura Mulassano



Da:: "xmas60" <xmas60@...>
Data:: Gio Lu 29, 2004 10:13 am
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/La mancanza d'accredito va denunciata (di Stefano Tesi) xmas60
Offline
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Stefano Tesi risponde a Mariella Tanzarella.

Cara Mariella,
Se non ho capito male, qualcuno ha invitato te, assunta, a un viaggio
stampa, ma il direttore ti ha detto che, per partecipare, devi
prenderti le ferie. Se ne desume che alla testata la destinazione non
interessa e che, pertanto, per quanto la riguarda se vuoi partecipare
all'eductour devi farlo a titolo personale.
Ora, in teoria nulla vieta che da un viaggio di piacere un
giornalista possa trarre notizie o idee per fare un bel servizio.
Tuttavia ho forti dubbi che il pr ti abbia invitato per regalarti una
vacanza e quindi, per correttezza, credo che innanzitutto tu debba
avvertirlo della mancanza di "accredito".
Mi sembrerebbe però anche poco corretto se tu andassi a titolo
personale. Primo perchè ci vai effettivamente in ferie, ferie
oltretutto pagate (essendo tu assunta dal giornale): quindi per te
non rappresentano in alcun modo un costo, ma al massimo un utilizzo
del tuo tempo libero. Secondo perchè, andando, rubi di fatto il posto
a un collega freelance che potrebbe invece utilizzare il viaggio per
fare un servizio e ricavarne un reddito.
E' vero che, come è probabile, al tuo ritorno il direttore potrebbe
chiederti un articolo. Ma è proprio questo che non va: dapprima lui
si rifiuta di accreditarti e quindi non impegna la testata; tu però
vai lo stesso, ma in ferie; e alla fine il direttore svicolone ti
farà scrivere un pezzo che però non gli costerà nulla, essendo tu una
sua dipendente e avendo inoltre tu utilizzato le vacanze per
riportare la notizia, senza aver neppure sottratto al lavoro di
redazione un minuto. Morale: tu sei contenta, hai fatto un viaggio
gratis e hai ripagato il pr con un servizio come il pr si attendeva;
la testata non si è impegnata, non ha utilizzato il tuo tempo come
redattrice ma, sfruttando la tua "vacanza", si è procurata a costo
zero un servizio (a costo zero perchè, essendo tu assunta, lo
stipendio ti è comunque dovuto).
Come invenzione del moto perpetuo non è male. Tutti contenti, tranne
forse i freelance che in ferie non ci vanno perchè viaggiano per
lavoro. Peccato che così la deontologia e la professione
giornalistica vadano a rotoli...
Ciao,
Stefano

+ + + + + + + + +
Caro Stefano,
il problema è nel manico. I PR devono cominciare a capire che l'invito a un
educational non vuol dire necessariamente un articolo pubblicato.
Certo, come dici tu, "ho forti dubbi che il pr ti abbia invitato per regalarti
una vacanza" ma ritengo che sia sbagliato "per correttezza" lo si deba avvisare
della mancanza "accredito".
L'educational "pulito" nasce per mostrare a degli opinion leader (come
dovrebbero essere i giornalisti, ma vi prego di non ridere) qualcosa di
interessante, non per ottenere un articolo elogiativo. Se il viaggio fa schifo,
per intenderci, devi per forza parlarne bene perchè sei stato invitato e solo
perchè eri accreditato?
Se anche gli editori e i direttori dei giornali (specie quelli di settore)
ragionassero così, forse non si vedrebbero tutte quelle che Laura Mulassano, qua
sopra chiama eufemisticamente "marchette".
m.a.a.


Da:: Stefano Tesi <xmas60@...>
Data:: Gio Ago 5, 2004 3:46 pm
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/La pulizia va fatta prima di tutto tra noi (di Stefano Tesi) xmas60
Offline
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Caro Massimo,
ovviamente hai ragione, ma la faccneda è più
complessa. Se io come freelance propongo a un
giornale un servizio basato su un educational e la
destinazione fa schifo, i casi sono due: o io vado e
poi inganno sia il giornale che il lettore, dicendo
nel servizio che il posto è stupendo (e in questo caso
mi gioco la credibilità presso il direttore e presso
il lettore); oppure vado, dico al direttore che il
posto fa schifo, il pezzo non lo faccio (e quindi ho
sprecato il mio tempo), però ho salvato la faccia e la
credibilità.
Il freelance non può e non deve essere sottratto al
diritto-dovere della correttezza che si richiede a un
contrattualizzato.
Viceversa, però, non può essere sacrificato dalle testate
come carne da cannone nei confronti delle agenzie di
pr e essere messo a fare l'esecutore di accordi già presi
tra testata e pr stesso.
Perchè le marchette spesso sono fatte conto terzi e non
sempre con la connivenza del freelance.
Ma questo molti uffici stampa lo sanno benissimo e non è
giusto gettare tutto il discredito su di loro.
Come ho scritto e detto in decine di altre occasioni, è
tra noi giornalisti che bisogna cominciare a fare pulizia.
E bisogna poi capire che non è solo nel settore dei viaggi
che certe cose accadono.
Io mi occupo di parecchie cose: si ha idea di quello che
succede il politica, economia, sport, cultura, etc?
Ciao,

Stefano

Stefano Tesi ha risposto qui sopra alla nota qua sotto
che ripublichiamio.

Caro Stefano,
il problema è nel manico. I PR devono cominciare a
capire che l'invito a un educational non vuol dire
necessariamente un articolo pubblicato.
Certo, come dici tu, "ho forti dubbi che il pr ti
abbia invitato per regalarti una vacanza" ma ritengo
che sia sbagliato "per correttezza" lo si deba avvisare
della mancanza "accredito".
L'educational "pulito" nasce per mostrare a degli
opinion leader (come dovrebbero essere i giornalisti,
ma vi prego di non ridere) qualcosa di interessante,
non per ottenere un articolo elogiativo.

Se il viaggio fa schifo, per intenderci, devi per
forza parlarne bene perchè sei stato invitato e solo
perchè eri accreditato?
Se anche gli editori e i direttori dei giornali
(specie quelli di settore) ragionassero così, forse
non si vedrebbero tutte quelle che Laura Mulassano, qua sopra
chiama eufemisticamente "marchette".
m.a.a.

 



Da:: "Virginia Visani" <virginia.visani@...>
Data:: Lun Ago 16, 2004 10:35 am
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/"Non pagano le spese? E io non ti mando" (di Virginia Visani) virginia.visani@...
Invia email

Alle considerazioni di Mulassano che ovviamente condivido in pieno, vorrei
aggiungere una mia personale testimonianza: invitata ad un Convegno di
psichiatria, il giornale non mi ha mandato perché "le spese non erano
coperte da chi mi aveva mandato l'invito".
Mi sembra il peggio del peggio.
Virginia Visani



Da:: Stefano Tesi <xmas60@...>
Data:: Mar Ago 17, 2004 8:12 pm
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/Ma chi era l'invitato (di Stefano Tesi) xmas60
Offline
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Cara Virginia,
a mio parere occorre fare molti distinguo.
Il direttore e/o l'editore hanno tutto il diritto di
utilizzare come meglio credono le loro risorse umane e
finanziarie e - magari non facendo sempre del buon
giornalismo - decidere di non "coprire" un evento per
mancanza di fondi e/o di personale. Essere invitati
del resto non significa neppure essere obbligati ad
accettare l'invito. Se un giornale (o un free lance)
fosse tenuto a partecipare a tutte le sciocche
conferenze stampa alle quali è invitato, passerebbe le
sue giornate a non far niente.
Dal tuo racconto non ho capito però se l'invitato era
il giornale (ma in questo caso il direttore non doveva
rendere conto a te sul perchè aveva deciso di non
"mandarti") o se sei tu. E non ho capito se tu sei una
dipendente del giornale o se sei una free lance. Nel
secondo caso può anche essere legittimo che il
direttore ti chieda di assumerti (o di far assumere da
chi invita) il costo economico della spedizione: ovvio
che, da parte tua, tu sei non tenuta ad accettare la
proposta, ma la richiesta è formalmente legittima. Nel
secondo caso, si va alla prima ipotesi.
Ma il problema, come sempre, è nel "manico": in realtà
chi lavora in modo professionale non ha o non dovrebbe
avere il tempo per seguire nulla che non sia
giornalisticamente utile e economicamente produttivo.
Passare una settimana spesato (= reddito zero) non
basta a chi vive del proprio lavoro. Quindi il fatto
che qualcuno (il giornale o l'organizzatore) si
accolli le spese diventa una circostanza
paradossalmente trascurabile. Chi invita sa benissimo
come vanno le cose.
Resta invece il problema di controllare se chi "va"
spesato torna con un prodotto giornalisticamente serio
e tiene un comportamento deontologicamente
accettabile. Questo è il vero nodo: salvaguardare
l'indipendenza del giornalismo. Finchè c'è chi accetta
come ricompensa una semplice e godibile gratuità (=
vacanza a scrocco) e non pretende invece dal suo
interlocutore professionale (ovvero l'editore) un
corrispettivo proporzionato alla qualità del lavoro
svolto e del tempo impiegato, siamo tutti fritti. I pr
continuearnno a "comprarsi" i giornalisti con i
"viaggetti" (ma attenzione: non tutti lo fanno!) e gli
pseudogiornalisti continueranno a farsi "comprare" con
i viaggetti e/o la copertura delle spese.
Fine del giornalismo e amen.
Ciao,
Stefano

Da:: Stefano Tesi <xmas60@...>
Data:: Lun Ago 23, 2004 8:04 am
Oggetto:: VIAGGI STAMPA/Lavorare per guadagnare, per me è un must (di Stefano Tesi) xmas60
Offline
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Cara Virginia,
grazie per la risposta.
Viste le premesse, anch'io come te avrei rinunciato al
servizio. Non però per salvaguardare la mia dignità
professionale (già lesa dalla proposta di "seguire" un
evento per conto del giornale, ma a mie spese), quanto
perchè, come libero professionista, ho la necessità di
ricavare un utile dal mio lavoro e quindi non posso
permettermi di viaggiare in perdita. A meno che (ma
questa è una scelta che dipende dalla mia "strategia"
di freelance e non da un non meglio precisato
"obbligo" nei confronti della testata) non sia io a
deciderlo.
Questo argomento si adatta anche alla seconda delle
tue pur ragionevoli considerazioni a proposito dei
"giovani" freelance. Dici: "...Se di questo
lavoro si vive, ci si aggrappa all'ipotetico
servizio e si è costretti ad accettare pur di
lavorare". Mica vero. Si accetta se il lavoro ha un
compenso sufficiente a consentirci di "vivere",
altrimenti che si lavora a fare? Questo è un equivoco
che va dissipato una volta per tutte.
Come scrivevo sopra, niente da dire se, per
"investimento", io consapevolmente accetto di fare un
servizio in perdita, allo scopo di fare esperienza,
conoscere una realtà nuova, fare bella figura con il
direttore. Altro è però farlo con la sola prospettiva
di rimetterci.
Questo è uno dei classici sbarramenti di fatto che
fanno da "filtro" tra la categoria di chi realmente
riesce a campare di libera professione (una esigua
minoranza) e chi, barcamenandosi, prima o poi molla e
cambia mestiere perchè, giustamente, non vuole
continuare a fare la fame. Mi sembra una legge di vita
crudele, ma inaggirabile. E' il rischio
imprenditoriale legato a tutte le libere professioni.
Del resto, di fare il giornalista freelance non l'ha
ordinato il dottore.
Il punto critico, infatti, è un altro. Tra i geometri,
ad esempio, ci sono tariffe minime inderogabili
applicate da tutti: il cliente sceglie il
professionista di sua fiducia, ma non può
mercanteggiare sul prezzo sotto certe soglie. Tra i
giornalisti, invece, chiunque può accedere alla
professione, da un lato intasando un mercato già
saturo e dall'altro non dando la minima garanzia di
indipendenza, competenza, consapevolezza
professionale, non ricattabilità. Lo stato di cronica
debolezza contrattuale dei freelance è causata anche
da questo. Se poi si aggiunge che, in quanto
pletorica, la categoria è cronicamente incapace di
crearsi una qualsiasi base contrattuale e una minima
credibilità, il quadro è completo. Il cliente, nel
nostro caso, non solo sceglie il professionista ma
spesso decide anche il prezzo.
Questa è la realtà.
Ecco perchè dico che cambiare le cose dipende solo da
noi, con scelte molto dolorose. Tra queste, il
rassegnarsi a veder uscire dal mercato professionale
chi per malasorte, minori capacità, insufficiente
preparazione, scarsa padronanza della deontologia e
minore consapevolezza del proprio ruolo non è in grado
di porsi al di sopra della soglia di qualificazione
minima del "giornalista".
Del resto a chi altro, se non ai giornalisti, spetta
il ruolo di definire meglio e rendere più rigorose le
regole di accesso alla professione e, di conseguenza,
creare un sistema di compensi e di contratti adeguato
a una realtà più qualificata?
Saluti,
Stefano

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