<%@LANGUAGE="VBSCRIPT"%> <% Dim Repeat1__numRows Dim Repeat1__index Repeat1__numRows = 8 Repeat1__index = 0 Recordset1_numRows = Recordset1_numRows + Repeat1__numRows %> LSDI: Dossier
home pagechi siamocerca
Uomini e fatti
Mediacritica
Censura
gIORNALI & pERIODICI
rADIO & tV
Televisione
iNTERNET
fOTOGIORNALISMO
Giornalisti e Giornalismi
bLOG
dICONO dI nOI
pubblicità
documentazione
Formazione
Deontologia & Leggi
Libri

appuntamenti


dossier
SEZIONE
AGGIORNATA

Dossier Tv: l'anomalia italiana

Dossier free-lance
L'altra metà delle redazioni

Dossier Venezuela


Siti utili
Edicole nel mondo

Italia

Internazionali

Stati Uniti

Federazione Nazionale Stampa Italiana

Free Press
Free Press

Piccoli formati
Grandi risultati

Una tesi di laurea ricostruisce il controverso fenomeno dei quotidiani gratuiti

‘’Il successo della free press sembra costituire un primo tentativo di riavvicinamento tra società civile e giornali’’. E’ una delle conclusioni principali di ‘’Piccoli formati, grandi risultati: viaggio nel controverso fenomeno della free press’’, la tesi che qui presentiamo, anche a integrazione del dossier sul fenomeno deiquotidiani gratuiti che Lsdi ha realizzato alcuni mesi fa (qui).

La tesi, con cui nelle scorse settimane si è laureata a Padova in Scienze della comunicazione Gemma Galfano*** – relatore Raffaele Fiengo – tenta di rispondere ai vari interrogativi che il fenomeno dei quotidiani gratuiti ha posto in questi anni che sono ancora nell’ aria.

La free press rappresenta un reale pericolo per i quotidiani classici? E’ solo un business, o al contrario può costituire un nuovo strumento per avvicinare il popolo dei non lettori al quotidiano? E sarà possibile convertire un giorno questi nuovi lettori alle testate a pagamento?

L’ accostamento dei giovani e delle donne alla forma quotidiano – risponde Gemma Galfano nelle conclusioni - potrebbe rappresentare un primo passo verso l’acquisizione di radicate abitudini di lettura. Una volta socializzati, i nuovi lettori potrebbero iniziare a rivolgersi ai quotidiani a pagamento.

Ma, probabilmente, è ancora troppo presto per sapere «cosa ne sarà» di questi neo-lettori, e della stampa italiana in generale.

In ogni caso, comunque,

L’avanzata inarrestabile della free press in Italia non dovrebbe costituire per i quotidiani a pagamento un motivo di allarmismo, quanto piuttosto un’occasione di riflessione.

La anomala crisi dei quotidiani a pagamento

La tesi parte da un’ analisi della scarsa diffusione dei quotidiani, presentando un’ ampia documentazione statistica, anche sulle disastrose competenze alfabetiche degli italiani -. Nelnostro paese – rileva l’ autrice - la lettura sembra

“destinata a veder sfumare la propria connotazione distintiva, fino quasi a venire considerata, in alcuni gruppi sociali e/o di età, alla stregua di un disvalore, quasi una perdita di tempo. E’ la televisione che guida il senso di appartenenza e l’identità collettiva italiana: infatti l’immagine, potentissimo mezzo di sollecitazione visiva, crea un’identificazione tanto forte e immediata nel pubblico, che l’antico potere della parola e della scrittura, viene meno. Nessun altro mezzo di comunicazione di massa, nella storia, ha creato un’illusione percettiva così intensa e così estesa: questo elettrodomestico è diventato ormai parte della vita familiare e personale di tutti, riuscendo a creare un senso di intimità per cui sembra che i «salotti televisivi» siano nelle nostre case – o viceversa.

Sarà per questo che il nostro Paese continua ad occupare le ultime posizioni della classifica europea per numero di quotidiani venduti.

Nonostante questo – rileva Gemma Galfano - il settore dell’ editoria quotidiana presenta

un andamento positivo, che stride con l’andamento non buono del prodotto in sé, il giornale, che continua invece a versare in una crisi grave.

Questo è quanto emerge dall’ultimo studio della Fieg, relativo al triennio 2000-2003.

La situazione positiva dei bilanci delle nostre imprese editoriali è da attribuirsi a una serie di fattori che hanno inciso favorevolmente sia sul fronte dei ricavi, sia su quello dei costi: sul fronte dei ricavi il fatturato editoriale delle aziende editrici di quotidiani è aumentato del 2,5%. Nonostante la flessione delle copie vendute e dei ricavi pubblicitari, infatti, l’aumento del prezzo di vendita dei quotidiani intervenuto verso la fine di febbraio 2002, a seguito del passaggio dalla lira all’euro, è stato piuttosto rilevante (mediamente intorno al 13%) e, comunque, tale da compensare le minori quantità di venduto. Inoltre, bisogna considerare che la molteplicità delle iniziative e soprattutto quelle caratterizzate da vendite abbinate di quotidiani ed altri prodotti, editoriali e non, ha generato una cospicua fonte di ricavo nella tradizionale catena del valore dei giornali.

Free paper per ogni lettore

Il settore della free press si è inserito in questo quadro come un fenomeno sorprendente, soprattutto per le forti differenziazioni che hanno caratterizzato sin dalla loro comparsa i tre quotidiani - Metro, City e Leggo – distribuiti gratuitamente.

Differenze sufficienti – spiega la tesi - per smentire chi sostiene che esista un elevato tasso di sostituibilità tra le testate concorrenti: i tre giornali gratuiti, infatti, hanno differenziato considerevolmente la propria offerta, e ce lo dimostrano i dati dell’ultima indagine Eurisko relativi ai consumatori di free press, da cui emerge che le tre testate si posizionano su fasce socio-economiche molto diverse.

Così City – rileva la tesi citando la ricerca Eurisko - ha fatto breccia nel pubblico con alta scolarizzazione (il 52% dei lettori ha un diploma di scuola superiore e il 32% una laurea), giovani e dinamici cittadini, liberi professionisti, imprenditori ed impiegati, single e coppie senza figli.

Interessante si rivela anche il profilo dei lettori di Metro, per circa il 70% al di sotto dei 45 anni di età e con cultura media o medio alta, prevalentemente impiegati o studenti. Insomma, quelli che vengono definiti «metropolitani». Come ha dichiarato di recente Carlos Oliva-Velez, il Responsabile di Metro International per il Sud Europa e il Sud America:

La dinamicità dei lettori di Metro è dimostrata anche dall’uso intensivo che fanno di altri mezzi di comunicazione. Dall’indagine Gallup 2004 risulta infatti che in Europa l’85% dei lettori possiede un cellulare, il 70% ha un PC e circa il 50% usa Internet tutti i giorni.

Leggo, infine, si propone come quotidiano «popolare», un unicum nell’editoria italiana, e per questo ha avuto successo. Ma, stando all’ultima indagine Eurisko, i lettori di Leggo “evidenziano un profilo sempre più elevato e si concentrano sempre più nelle classi socioeconomiche superiori”.

Insomma, c’è una free paper per ogni lettore, e ogni lettore ha la «sua» free paper. Una conferma immediata viene dai dati emersi dalle indagine di mercato: è sceso notevolmente l’indice di duplicazione. Questo significa che, se all’inizio il lettore prendeva in media 2.2 quotidiani gratuiti al giorno, ora ne prende 1.5.

Pregi e difetti

Analizzando una serie di forum dei lettori dei tre quotidiani, la tesi ricostruisce anche in una interessante tabella

i principali motivi di «lode» e di «biasimo» espressi dai lettori:

Pregi del quotidiano free:

  • E’ gratuito
  • Ha una piacevole veste grafica
  • Il formato è comodo e maneggevole
  • Ha uno stile fresco e veloce
  • Le notizie sono affrontate in modo sintetico, semplice e chiaro
  • Offre molte informazioni sugli eventi locali
  • Stimola alla lettura anche i tradizionali non-lettori

Difetti del quotidiano free:

  • E’ un contenitore di pubblicità
  • E’ un quotidiano «senza pretese»
  • Gli articoli sono molto striminziti e ridotti «ai minimi termini»
  • E’ un giornale dal profilo spesso scandalistico e «gossipparo»

La ‘’guerra’’ di Fnsi e Fieg

Un capitolo particolare della tesi affronta l’ atteggiamento guardingo di Fnsi e Fieg di fronte al fenomeno. Piuttosto duro il titolo

Il disprezzo della Fnsi, il muro della Fieg.

Contro la free press è guerra aperta

Free press: molto free e poco press?”. Eloquente il titolo scelto dalla Fnsi per un recente convegno dedicato ai quotidiani gratuiti: anche in Italia la stampa a costo zero ha i suoi nemici.

Ma perché la Federazione Nazionale della Stampa punta il fucile contro i free press? L’opinione generale è che i giornali gratuiti potrebbero togliere guadagni ai quotidiani in edicola, che hanno costi di produzione più elevati. Molti i dubbi, inoltre, sulla qualità di giornali che si reggono esclusivamente sulle inserzioni pubblicitarie.

[…] L’informazione la fa un giornale che vive di vendita delle copie e “anche” di pubblicità. Mentre un giornale che vive “esclusivamente” di pubblicità finisce inevitabilmente per fare –pur con tutto il rispetto per chi lo edita e lo realizza- non informazione ma comunicazione. Perché il cliente che deve soddisfare non è il lettore (che non paga), ma il committente pubblicitario (che paga)

Quanto agli editori, la tesi sottolinea l’ anomalia della situazione rispetto all’ostracismo di Audipress e Ads

La free press è alla ricerca di legittimazione nei confronti degli investitori. Per compiere il salto di qualità è necessario trovare strumenti di misurazione oggettiva, al di sopra delle parti, per il calcolo delle copie diffuse e della readership. Da tempo le tre maggiori testate hanno richiesto la certificazione dei dati su lettura e distribuzione ad Audipress e Ads, senza vedere risultati.

In attesa di una risoluzione, i quotidiani si sono affidati ad agenzie esterne per fornire dati che non siano il risultato di semplici auto dichiarazioni. City si è rivolto alla Gfp Associati di Giampaolo Fabris, mentre Leggo ad Eurisko. Metro invece, utilizza la consulenza e gli studi della Gallup, società francese di rilevazione dati.

Per evitare un far west metodologico, occorre comunque trovare un criterio unico con cui certificare la stampa gratuita.

La Fieg, da parte sua, ha vietato l’ingresso tra i soci delle nuove testate gratuite proprio per il fatto di essere «free»: la richiesta di associazione, infatti, derivava dalla necessità degli editori di questi giornali di poter avere dei dati certificati di diffusione da vendere agli inserzionisti pubblicitari.

E così, per il rifiuto della Fieg, le testate free sono ancora in attesa di ADS (Accertamento Diffusione Stampa), in attesa, cioè, di poter offrire agli investitori dati di diffusione universalmente condivisi: questo è senz’altro il limite maggiore imposto alla free press dal mondo della stampa tradizionale, un modo per tutelare i quotidiani a pagamento, tenendo a freno la concorrenza.

In proposito Marco Stettler, general manager di Metro Italia,commenta così:

Non capisco perché i clienti che investono in pubblicità non abbiano fatto più pressione per avere un Audipress attuale. Senza questo strumento base per la pianificazione […] oggi come oggi non possiamo garantire investimenti efficaci. Questo e il fatto che la Fieg non ci permette l’adesione per il semplice motivo che siamo gratis, ci costringe ad andare avanti con i nostri sondaggi, sempre con Gallup/Abacus.

Interpellato sulla stessa questione, il segretario di ADS Mario Farina, dichiara:

Noi di ADS non possiamo affrontare da soli a questione. Se le associazioni sono interessate alla certificazione del mezzo Free Press, che ce lo dicano e insieme provvederemo. […] Il punto è che il controllo della stampa gratuita rappresenta un costo notevole se si vuole procedere alla certificazione […] ed è necessario spendere cifre consistenti […] Si capisce che però dev’essere una scelta partecipata in modo allargato.

Chissà chi la spunterà, alla fine? Per ora, l’attesa continua

I ‘’sì e i no’’.

Per i ‘no’ la tesi riporta il commento di Giuseppe Mazzarino, ex consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che arriva

‘’a definire i free papers «non-giornali»…

Nelle città dove sono più diffusi, questi non-giornali si sono limitati a sottrarre qualche fascia debole ai quotidiani locali tradizionali, magari di proprietà del loro stesso gruppo editoriale […]. Non ci pare che abbiano innovato positivamente il linguaggio dei quotidiani. […] Ma soprattutto, questi quotidiani senza riflessione e senza prezzo (per il lettore) disabituano a leggere e a riflettere, e disabituano anche a pagare per ricevere un giornale.

Un commento spietato, una critica su tutta la linea al fenomeno della stampa gratuita.

Ma i timori e le ire nei confronti della nuova informazione a costo zero, sono giustificati? Secondo Enzo Cheli, presidente dell’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, le paure di cannibalizzazione andrebbero ridimensionate:

…Anzi, la free press potrebbe contribuire, sotto la spinta dell’esigenza di maggiori approfondimenti informativi, all’allargamento del bacino dei lettori di quotidiani a pagamento.

Quindi, non solo la free press non sarebbe «dannosa», ma rappresenterebbe addirittura un utile strumento per avvicinare i non-lettori ai quotidiani tradizionali, i quotidiani «con la q maiuscola», come li chiamava un lettore nell’intervento che abbiamo riportato sopra.

Insomma

se il mercato dell’editoria è in crisi, non si può dare la colpa alla free press, che si rivolge ad un target differente, a coloro che prima il giornale non lo leggevano comunque. Anzi, se la stentata diffusione dei quotidiani a pagamento dimostra una disaffezione del pubblico nei confronti della carta stampata, il successo della free press sembra costituire un primo tentativo di avvicinamento tra società civile e giornali. L’accostamento dei non lettori alla forma quotidiano potrebbe rappresentare un primo passo verso l’acquisizione di abitudini di lettura più radicate.

Spunti di riflessione

Le conclusioni della tesi sono nettamente a favore della free press. I quotidiani gratuiti possono avere un grosso peso nella crescita dell’ interesse dei cittadini nei confronti dell’ informazione quotidiana e costituisce una forte sollecitazione ai quotidiani classici a rivedere la propria ossatura.

Con il suo stile fresco e accattivante, la free press – scrive Gemma Galgano - ha fatto breccia nel cuore di oltre un milione e mezzo di italiani.

Le ire e gli allarmismi degli editori di quotidiani a pagamento contro quella che definiscono una forma di «concorrenza sleale», appaiono però ingiustificati, dal momento che solo il 27,9% di questo esercito di «lettori a costo zero» aveva già dimestichezza con i quotidiani tradizionali. Ben 1.253.000, sono invece lettori «nuovi di zecca», tradizionalmente lontani dai media a stampa.

L’analisi della crisi della stampa italiana ha portato alla luce l’incapacità dei giornali di leggere la società e, contemporaneamente, quella che potremmo definire l’anoressia del sensocomunitario degli italiani.

Differenziando stile, contenuto e format, la free press ha saputo attrarre la generazione perduta di giovani lettori. Obiettivo raggiunto unendo un efficace sistema distributivo e strategie di marketing vincenti. Un formato snello, leggibile in venti minuti, un’ampia serie di notizie -locali, nazionali ed internazionali- sintetiche e scorrevoli, l’assenza di commenti ed un forte impatto grafico, sono gli altri ingredienti del successo.

Analizzando i target, abbiamo rilevato interessanti diversità tra i lettori di Metro, Leggo e City. L’ipotesi di un’elevata sostituibilità tra le testate concorrenti viene vanificata dal loro diverso posizionamento sul mercato editoriale.

Se il basso livello di diffusione dei quotidiani a pagamento dimostra una disaffezione del pubblico nei confronti della carta stampata, il successo della free press sembra costituire un primo tentativo di riavvicinamento tra società civile e giornali.

L’accostamento dei giovani e delle donne alla forma quotidiano potrebbe rappresentare un primo passo verso l’acquisizione di radicate abitudini di lettura. Una volta socializzati, i nuovi lettori potrebbero iniziare a rivolgersi ai quotidiani a pagamento.

Ma, probabilmente, è ancora troppo presto per sapere «cosa ne sarà» di questi neo-lettori, e della stampa italiana in generale.

Forse spetterebbe proprio ai quotidiani a pagamento fare «il primo passo» verso un riavvicinamento alla società civile.

Prolissi, ingombranti, enormi contenitori di linguaggi ibridi, privi di una differenziazione nello stile e nei contenuti, i quotidiani tradizionali sembrano incapaci di conquistare i giovani italiani.

La free press, invece, da sempre oggetto di critiche da parte degli editori di quotidiani a pagamento, va via via perfezionandosi, diventando sempre più un suadente strumento di informazione, e smentendo così coloro che vorrebbero liquidarla sbrigativamente come un «grande affare» e nient’altro.

Forse la chiave del successo della free press risiede proprio nella capacità di ascoltare il proprio pubblico, assecondandone desideri e inclinazioni.

I gratuiti hanno saputo fare di necessità virtù: i continui sondaggi sui gusti dei lettori, nati dall’esigenza di fornire un preciso identikit del proprio pubblico agli inserzionisti, hanno reso questi giornali più «capaci di ascoltare».

E mentre la free press avanza inarrestabile, conquistando nuovi lettori anno dopo anno, la stampa tradizionale non riesce a risollevarsi dalla crisi che da anni la attanaglia: ad essa gli editori tentano di porre rimedio con operazioni di marketing e tagli delle spese, invece di imboccare la via del cambiamento. -

L’avanzata inarrestabile della free press in Italia non dovrebbe costituire per i quotidiani a pagamento un motivo di allarmismo, quanto piuttosto un’occasione di riflessione.

-----------------------------------------------

*** Gemma Galfano, 22 anni, di Cesena, ha vinto nel 2001 il concorso Il Bancarella nelle scuole, con la recensione del libro I segreti di New York di Corrado Augias. All’ Università di Padova si è laureata in Scienze della comunicazione discutendo la tesi che pubblichiamo. Il lavoro nasce dall’esperienza diretta dell’autrice, che ha collaborato per un breve periodo all’edizione padovana di Leggo, per la pagina “Cultura e Spettacoli”.

All’attività giornalistica affianca quella musicale: cura recensioni di album e concerti per la rivista culturale Nonsolocinema, canta nel coro da Camera dell’Università di Padova e si dedica all’attività orchestrale, in attesa di completare i suoi studi di violino.

Si è ora iscritta al corso di laurea specialistica in Comunicazione Mediale all’Università Cattolica di Milano.

 SCARICA LA TESI IN FORMATO DOC PER WORD