
Come fosse un trittico - a quanto pare lo è - si conclude con questo articolo pescato nel nostro archivio e risalente a ben 14 anni fa, questa serie di "pezzi" sul giornalismo dentro alla rivoluzione digitale, che abbiamo inaugurato due settimane fa. A concludere il terzetto, capitanato
dal nostro primo "Il contesto" e poi seguito
la scorsa settimana con "Curatela, superficialità e ignoranza" arriva questo. Non c'era alcuna premeditazione, da parte nostra. Le cose sono andate avanti così, in modo casuale, e anche grazie a qualche collaborazione,
"più o meno involontaria", giunta qui a bottega, ci siamo convinti che questa potesse essere l'idea appropriata.
In particolare, ad esempio, l'immagine di supporto al pezzo odierno, tratta da un celeberrimo disco di
Giorgio Gaber, ci è stata suggerita da un amico - di cui non faremo il nome, per il momento - come commento visivo perfetto su alcune riflessioni contenute nel nostro secondo articolo sul ruolo e la funzione del giornalismo dentro alla nostra odierna società. In particolare, e in estrema sintesi, l'illustre esperto e amico ci ha scritto fra le altre cose, questo messaggio che ci ha fatto molto riflettere:
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