
Di hate speech, trolls, odiatori seriali, haters, e commenti malevoli ci occupiamo da anni. In epoca non sospetta abbiamo avuto il grande privilegio e la fortuna di partecipare ad una ricerca internazionale sul tema, realizzata fra gli altri dall'Università di Firenze e da Cospe onlus, proprio dedicata all'hate speech in ambito editorial/giornalistico. Il paper conclusivo dei tre anni di lavoro e di studio realizzato in sei paesi diversi, lo trovate su
cospe.org.
Era il 2016, e la ricerca aveva occupato circa tre anni della nostra attività. E già allora era molto evidente tutta una serie di temi e narrazioni, che avrebbero via via avuto sempre maggior evidenza nell'esistenza di ciascuno di noi, sino a condizionare in modo forte molti dei nostri comportamenti quotidiani. In ambito giornalistico, anche tre anni fa, erano chiare le tematiche e anche gli interventi - almeno alcuni di essi - che dentro le redazioni avrebbero dovuto mettere a punto, per arginare il fenomeno, e produrre nei fatti quel cambiamento, quella
"transizione digitale", che in ogni caso, si andava, comunque, configurando.
Nella nuova dimensione digitale il lavoro giornalistico non si conclude con la stampa/diffusione del pezzo; il lavoro prosegue nel seguire