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La fragilità del giornalismo digitale nello studio della Fieg sulla stampa in Italia

Colpiscono molto nell’ annuale studio della Fieg sulla stampa in Italia, presentato ieri, la fragilità del digitale e l’ esiguità del suo apporto al fatturato complessivo dei giornali.
 
Il presidente della Fieg ai giornalisti:
‘’La complessità dei problemi non giustifica né la tentazione di mantenere privilegi ormai insostenibili né la determinazione di far prevalere sulla realtà i propri interessi corporativi’’.

Un  messaggio molto esplicito lanciato sul tavolo della trattativa contrattuale con la Fnsi.

 

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Al di là dei numeri impressionanti sulla crisi dell’ editoria giornalistica, su cui si sono concentrati i media mainstream,   colpiscono molto fra gli elementi che emergono dall’ annuale studio della Fieg sulla stampa in Italia, presentato ieri, la fragilità del digitale e l’ esiguità del suo apporto al fatturato complessivo dei giornali.

 

Se infatti i lettori nel giorno medio sono passati nel biennio da 2,7 a 3,7 milioni (+36,2%), i ricavi hanno registrato un incremento del 30,2%, e le ‘’vendite’’ di copie online sono più che raddoppiate fra gennaio 2013 e gennaio di quest’ anno (da 176.218 a 359.169, pari al 103,8%), la percentuale del venduto online rispetto al cartaceo è pari al 9,5%; le vendite digitali pesano solo per il 2% dei ricavi e l’ apporto della pubblicità online nei rappresenta ancora solo l’ 11% dei ricavi pubblicitari globali dei quotidiani.

 

Tra l’ altro, se è vero che in Italia la pubblicità online fra il 2009 e il 2012 è cresciuta dell’ 83,7%, è anche vero che gli investimenti nel settore (1,503 miliardi di euro) sono quasi la metà, ad esempio, di quelli francesi (2,770 miliardi).

 

Un ulteriore elemento di criticità che fa pensare.

 

 

Complessivamente comunque  in Italia i ricavi da servizi ed editoria online, che nel 2011 rappresentavano il 3,9% del fatturato complessivo, nel 2013 sono saliti al 6,4% (vedi tavola qui sotto).

 

 

Secondo lo studio Fieg, si tratta di ‘’dati significativi’’, anche se parziali (in quanto riferiti a un campione di 34 aziende che editano quotidiani), ma è chiaro che il digitale non riesce assolutamente a colmare il declino a due cifre del fatturato.  E non si sa se e quando ci riuscirà.

 

La domanda chiave – come spiega lo studio – è proprio questa:

 

L’ adozione delle tecnologie digitali e il fenomeno della convergenza di contenuti e servizi su una molteplicità di piattaforme distributive potrà aiutare i giornali, sia quotidiani che periodici, a compensare l’emorragia di risorse innescata dal calo della diffusione delle copie cartacee e dal conseguente calo della pubblicità che ai livelli di diffusione è stretta-mente correlata?

 

A questo ‘’interrogativo non (…) di poco conto’’  lo Studio ritiene che

 

la risposta potrà essere affermativa nella misura in cui il management editoriale riuscirà a trovare formule efficaci per rendere la presenza online delle testate giornalistiche remunerativa, producendo contenuti e servizi a costi sopportabili, migliorandone la qualità e soprattutto rendendoli adatti a un pubblico sempre più orientato a utilizzare i-phone, smartphone e tablets.

 

Da segnalare l’ enfasi sul ruolo del management, l’ accento su ‘’costi sopportabili’’ e  l‘ assenza di un riferimento al versante giornalisti.

 

Un riferimento molto esplicito ai giornalisti, e in un’ ottica legata chiaramente alla trattativa contrattuale in corso, l’ ha fatto invece nel suo intervento Giulio Anselmi, presidente della Fieg (sarebbe interessante accertare quanto la federazione editori rappresenta rispetto all’ insieme dell’ industria dell’ informazione giornalistica), delineando due direzioni:

 

1) I modelli di business vanno ristudiati nell’ottica della ‘’smartphone revolution’’. 

2) È necessario produrre giornali migliori e di qualità, usando le diverse piattaforme attraverso le quali si diffonde l’ informazione. Ma la condizione-base per farlo è un sistema di aziende sane, sempre più moderne, efficienti e al passo con i tempi. Con maggiori livelli di efficienza e di produttività.

 

E precisa:

 

Non è un mistero che per raggiungere questo obiettivo altri passi dovranno essere compiuti, oltre alle recenti ristrutturazioni che pure hanno avuto un alto costo in termini di occupazione giornalistica e poligrafica. L’ attuale costo del lavoro rappresenta un onere difficilmente sopportabile da un sistema in difficoltà.

 I giornalisti, pilastro fondamentale di una informazione di qualità, devono accettare la sfida di adattarsi ai tempi e alle modalità nuove dell’ informazione, curando e migliorando il proprio profilo professionale e, con esso, l’attendibilità e la credibilità dei flussi informativi.

 

Ma, soprattutto, li avverte,

 

la complessità dei problemi non giustifica né la tentazione di mantenere privilegi ormai insostenibili né la determinazione di far prevalere sulla realtà i propri interessi corporativi.

 

Un messaggio molto chiaro lanciato sul tavolo della trattativa con la Fnsi.

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