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Data journalism, verso una nuova razza di giornalisti ibridi

L’ inchiesta di Data journalism sui giornalisti minacciati ha fornito una conferma della direzione che il giornalismo, anche in Italia, è inesorabilmente destinato ad intraprendere, nonostante miopie, resistenze e casse cronicamente in rosso.

 

E’ quella della contaminazione reciproca delle competenze dei singoli, divisi tra giornalismo, design e informatica.
 

‘’Siamo convinti che una collaborazione interdisciplinare nella realizzazione di un’ inchiesta giornalistica amplifichi le possibilità in maniera esponenziale’’, spiegano Isacco Chiaf e Jacopo Ottaviani, che con Andrea Fama hanno realizzato l’ inchiesta, aggiungendo:   ‘’Blurring the boundaries, sfocare i confini tra le varie discipline: è un po’ questo il motto che abbiamo ripreso dai data-journalist angloamericani”.

 

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A circa un mese dalla pubblicazione della Data-inchiesta “Ma chi me lo fa fare? Storie di giornalisti minacciati”, Isacco Chiaf e Jacopo Ottaviani (autori del progetto insieme ad Andrea Fama) ci  forniscono una chiave di lettura importante della direzione che il giornalismo – anche in Italia – è inesorabilmente destinato ad intraprendere, nonostante miopie, resistenze e casse cronicamente in rosso.

 

 

Abbiamo già raccontato le caratteristiche e la genesi del progetto (con LSDI co-protagonista), che ha il merito di aver portato all’attenzione anche dei media e del pubblico generalista il tema dei giornalisti (e dell’informazione) sotto minaccia, insieme alle tecniche narrative proprie di un nuovo giornalismo sempre più partecipativo, interattivo e cross-mediale.

 

Oltre a Corriere della Sera, RAI, Internazionale (per citarne alcuni), il progetto ha raggiunto anche il pubblico di oltre confine su spazi quali l’European Journalism Observatory e datajournalism.net. Segnale che il tema è di quelli a cui dare la giusta visibilità. Ma, soprattutto, che la professione non può ignorare le nuove tecniche (e con esse le nuove professionalità) che hanno portato questo e altri importanti temi all’attenzione del grande pubblico.

 

Infatti, come sottolineano Jacopo e Isacco, “il punto forte del progetto si fonda sulla contaminazione reciproca delle competenze dei singoli, divisi tra giornalismo, design e informatica. Siamo convinti che una collaborazione interdisciplinare nella realizzazione di un’ inchiesta giornalistica amplifichi le possibilità in maniera esponenziale; nel nostro caso, l’unione delle rispettive competenze è alla base di un progetto innovativo che ha portato il tema dei giornalisti minacciati all’attenzione di nuovi pubblici – come ad esempio i giovanissimi ragazzi diRadio Kreattiva”.

 

“Ma se è vero che ognuno ha dato il meglio in ciò che è strettamente il suo campo, il valore aggiunto è nato dall’influenza reciproca. Blurring the boundaries, sfocare i confini tra le varie discipline: è un po’ questo il motto che abbiamo ripreso dai data-journalist angloamericani”, continuano i due giovani professionisti che per caratteristiche e percorsi formativi incarnano bene la “nuova razza” ibrida di giornalisti definita dal Prof. Irfan Essa.

 

Con quali occhi e quali reali prospettive l’Italia guarda a questi nuovi scenari della professione?

 

“L’Italia è ancora legata ai vecchi schemi, e per trovare i fondi necessari allo sviluppo del progetto abbiamo dovuto faticare. Le cose però si muovono e i media italiani non potranno opporsi all’ evoluzione delle forme giornalistiche. Non potranno fermare l’ avvento di queste nuove figure professionali che approdano nel campo dei media passando per percorsi formativi apparentemente estranei: statistica, informatica, fisica, oltre che design, illustrazione e arte. Presto ci si dovrà adattare a queste nuove forme, le quali offrono possibilità quasi illimitate a livello di narrazione visiva e testuale, permettendo un’ interazione col pubblico inimmaginabile prima dell’Internet 2.0”.

 

A proposito di risorse economiche per la realizzazione di progetti (spesso molto onerosi anche in termini temporali), Storie di Giornalisti Minacciati mette in evidenza un altro dei diversi vulnus del sistema dell’ informazione italiana, ovvero l’assenza di attori – quali ad esempio le fondazioni – che siano disposti a finanziare idee altre rispetto all’ info-business tradizionale.

 

Ci ha creduto Fondazione Ahref, che ha sostenuto il progetto attraverso un apposito bando per inchieste giornalistiche innovative e ad alto impatto civico, di cui si parlerà anche al prossimo Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia (mercoledì 24 aprile, ore 15:00, Centro Servizi G. Alessi).

 

 

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