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Un film su Nellie Bly, grande maestra di ‘’giornalismo acrobatico’’

E’ stata definita “la madre di tutte le giornaliste” dal Wall Street Journal. Ennio Caretto, sul Corriere della Sera, ha detto di lei: «una Barzini senior in gonnella, una antesignana di Oriana Fallaci». David Randall l’ha inserita tra i protagonisti del suo libro Tredici giornalisti quasi perfetti classificandola come “il miglior cronista infiltrato della storia”. Un curriculum che fa di lei una stella del giornalismo di ogni tempo. Questa è Nellie Bly, una giornalista vera.

Il suo nome (www.nellieblyonline.com)  probabilmente è sconosciuto a molti anche se i suoi articoli dovrebbero essere inseriti d’obbligo in tutti i manuali di giornalismo del mondo.

 

 

 

di Fabio Dalmasso

 

Forse ora potrebbe venire in aiuto il film attualmente in fase di preparazione negli Stati Uniti e che si ispira ad uno dei suoi lavori più celebri, 10 days in a madhouse (www.10daysinamadhouse.com). Nelle scorse settimane è stata scelta la protagonista, Caroline Barry, che interpreterà Nellie Bly, la giovane giornalista che a 23 anni realizzò uno dei reportage più intensi ed emozionanti di sempre, una inchiesta sui manicomi realizzata fingendosi malata di mente .

 

 


 

Infanzia difficile

 

Nellie Bly in realtà si chiamava Elizabeth Jane Cochran e nacque il 5 maggio 1864 a Cochran’s Mills, in Pennsylvania, figlia di un ricco giudice locale. Una vita tranquilla, relativamente agiata e serena che però mutò bruscamente nel 1870: alla morte del padre, appena sessantenne, si scoprì infatti che non aveva lasciato un testamento e non c’era un’eredità né per la prima né per la seconda famiglia. Già, perché si scoprì anche che il giudice aveva due mogli e un totale di quindici figli: Elizabeth era la tredicesima. Fu l’inizio di un periodo nero: la casa messa all’asta; la famiglia di Elizabeth costretta a trasferirsi ad Apollo, per gestire una pensione nei quartieri poveri; il matrimonio della madre con un uomo violento dal quale riuscì a divorziare. Insomma, una situazione non certo idilliaca dalla quale Elizabeth, quindicenne, sperò di fuggire andando a studiare da maestra alla Indiana State Normal School. Ma dopo appena un trimestre il sogno si infranse contro le difficoltà finanziarie ed Elizabeth dovette tornare a casa.

 

 

La svolta dopo la lettera a un giornale

 

Ma, come nei migliori dei film hollywoodiani, anche nella vita di Elizabeth arrivò il momento della svolta e della rivincita contro una vita di stenti: leggendo il Pittsburgh Dispatch, Elizabeth si imbatté in un articolo di Erasmus Wilson intitolato What girls are good for (Per che cosa suono buone le ragazze) in cui il giornalista denunciava l’allarmante e preoccupante diffondersi delle donne lavoratrici, un vero pericolo contro il quale Wilson suggeriva alle ragazze di tornare ad essere gli angeli della propria casa. Una posizione non certo progressista che scatenò la reazione di Elizabeth e che, di fatto, le spalancò le porte al giornalismo.

 

La lettera che la ventenne spedì al giornale, firmata Lonely Orphan Girl (Ragazza orfana e solitaria) venne notata dal direttore George Madden che cercò un contatto con quell’autrice, non perfetta nella grammatica e nell’ortografia, ma di sicuro talento. Così, dopo essersi incontrati, il Pittsburgh Dispatch pubblicò i suoi primi due articoli: uno sulla discriminazione sessuale sui posti di lavoro e uno sul divorzio. Fu un successo: i lettori inondarono di lettere il giornale, i pezzi scritti dalla giovane Elizabeth avevano fatto breccia e il direttore le propose immediatamente un lavoro: 5 dollari a settimana per la prima donna della redazione del giornale. Ma bisognava trovare un nome adatto e venne scelto Nellie Bly, come il personaggio del titolo di una famosa canzone di Stephen Foster. Da quel momento Nellie Bly sarebbe diventato il suo nome da giornalista per tutta la vita. Un nome che avrebbe fatto strada, molta strada.

 

 

Successo crescente

 

Una strada che, però, non era del tutto semplice: siamo alla fine del XIX secolo e le donne che fanno giornalismo non sono molte, anzi, sono davvero poche e spesso non vengono viste di buon occhio anche dai colleghi maschi. Ma Nellie è una cronista di razza, non ha paura dei giudizi dei suoi colleghi o della società che vorrebbe la donna a casa, ai fornelli e a fare da madre. E lo dimostra subito, con otto articoli sulle giovani operaie della città: il lavoro in fabbrica, ma non solo, visto che nei pezzi si parla anche delle attività sociali e dei sentimenti.

 

Come scrive Randall, “qui la Bly inaugurò quello che sarebbe diventato uno dei suoi tratti distintivi: fare le domane che altri cronisti potevano immaginare ma non osavano formulare”. Le reazioni furono esplosive: il giornale andò esaurito, i proprietari delle fabbriche protestarono, ma Nellie Bly era ormai sulla cresta dell’onda e il giornale decise di raddoppiarle lo stipendio e “promuoverla”. Inaspettatamente, infatti, viene spostata (o meglio, “promossa”, secondo un metro di giudizio giornalistico poco affine al suo stile) a redattrice della pagina di società per occuparsi di mondanità e mostre di fiori, della casa e della bellezza. Una “prigione” per una donna come Nellie, un tarpare le ali alla giornalista che infatti dopo un anno circa riesce a farsi assegnare nuovi articoli e reportage, fino a quando prende la sua decisione più importante: addio Pittsburgh Dispatch, si va a New York.

 

 

New York

 

Così, nel maggio 1887, Nellie Bly si trasferisce nella “Grande Mela”, sicura che il suo talento, apprezzato e osannato a Pittsburgh, le avrebbe aperto le porte del New York World, il giornale che pochi anni prima, nel 1883, era stato acquistato da Joseph Pulitzer e che in quel periodo era diretto dal colonnello John Cockerill, un uomo non molto incline a vedere donne all’interno delle redazioni giornalistiche. Eppure anche lui cedette alla carica e all’entusiasmo della giovane giornalista e le affidò un incarico che la lancerà definitivamente nell’olimpo dei giornalisti mondiali di ogni tempo.

 

Nellie propose, infatti, due articoli al direttore: andare in Europa e tornare in terza classe per raccontare il viaggio dei migranti oppure fingersi pazza e farsi rinchiudere nel manicomio femminile di Blackwell’s Island. Come dire no a una giornalista pronta a farsi rinchiudere in un manicomio pur di raccontare la verità da dentro, là dove c’è la notizia?

 

David Randall, nel libro già citato, descrive come questo audace e pericoloso incarico ebbe inizio: “La ragazza continuò a guardare fisso nel vuoto e a mormorare qualcosa su un baule scomparso. Il giudice ascoltò e giunse alla conclusione di non avere altra scelta di farla ricoverare al Bellevue Hospital e, da lì, quasi certamente a Blackwell’s Island, il manicomio della città”.

 

 

 Dieci giorni in un manicomio

 

Il servizio che Nellie Bly scrisse, e che venne pubblicato in due puntate per complessive quattro pagine, è un ritratto lucido, preciso e allucinante di una situazione di violenza istituzionalizzata, un imbarbarimento e una crudeltà che lasciano stupefatti e interdetti. Testimonianza tragica di una realtà oltre i limiti della civiltà, gli articoli di Nellie Bly narravano, con un linguaggio semplice e diretto, la quotidianità delle internate, sia di quelle affette da problemi psichiatrici che di quelle lucide, senza alcuna malattia, ma rinchiuse in manicomio per ragioni assurde e destinate a subire le angherie del personale oltre alle conseguenze nefaste della “terapia”. La conclusione degli articoli è lapidaria, schietta e diretta: “Il manicomio di Blackwell’s Island è una trappola per topi umani. È facile entrare, ma una volta dentro è impossibile uscire”.

 

Nellie Bly riuscì ad uscirne consegnata ai colleghi nel New York World, pronta a scrivere quello che sarebbe diventato uno dei suoi reportage più importanti. Gli articoli sul manicomio suscitarono intense reazioni sia da parte delle autorità che da parte della società: un’inchiesta confermò gli articoli della Bly e vennero stanziati fondi per migliorare le condizioni dell’assistenza ai malati di mente, mentre per la giornalista fu l’avverarsi di un sogno, diventare cioè cronista di attualità per il New York World.

 

 

Infiltrata per il giornale

 

Fu l’inizio di una carriera costellata di reportage e articoli passati alla storia per l’audacia e la professionalità della giornalista, sempre in grado di entrare nel vivo della notizia, intrufolandosi in ambienti e situazioni al limite e realizzando articoli superbi.

 

Così, in due anni, Nellie Bly divenne single in cerca di marito per indagare sulle agenzie matrimoniali; prostituta per raccontare le condizioni di vita in una casa per “donne perdute”; cameriera e testimone dello sfruttamento delle domestiche nelle case dei ricchi borghesi; ragazza madre per vivere l’esperienza di un traffico di bambini; ladra per riuscire a passare una notte in prigione e raccontarne le condizioni e operaia in una fabbrica di scatole di cartone per descrivere le condizioni assurde nella quali erano costrette a lavorare le ragazze. Alcune volte furono gli stessi vertici del giornale a dover fermare e bocciare i progetti di Nellie, definiti troppo audaci e pericolosi anche per quel suo stile così particolare che venne definito “giornalismo acrobatico” e che, oltre alla bravura della giornalista, ebbe anche il merito di portare alla luce i problemi delle donne, troppo spesso taciuti dagli altri giornali e dai colleghi di Bly.

 

 

 72 giorni per girare il mondo

 

Una tenacia, quella di Nellie Bly, che si evidenziò ben presto nella sua proposta più “folle” dopo quella del manicomio: fare il giro del mondo in meno di 80 giorni. L’idea parve eccessiva ai redattori del New York World che cercarono di farla desistere, ma a nulla valsero gli inviti alla cautela. Con il suo baule e armata di penna e taccuino, Nellie Bly si imbarcò sulla Auguste Victoria con destinazione Londra alle 9:40 del 14 novembre 1889. L’avventura divenne una vera e propria epopea, tra mezzi di trasporto di fortuna, un incontro fuori programma con Jules Verne, giornalisti concorrenti e documenti persi e poi ritrovati.

 

Una peripezia che si concluse il pomeriggio di sabato 25 gennaio 1890, dopo un viaggio di 72 giorni, sei ore, undici minuti e quattordici secondi.

 

Per Nellie Bly fu l’apice della carriera: il suo nome e le sue imprese erano sulla bocca di tutti, da giornalista divenne un vero e proprio personaggio pubblico. Il libro che raccontava la sua impresa intorno al mondo diede vita a una serie di gadget fino ad allora impensabili: una bambola ne riproduceva le fattezze, saponette e sigari presero il suo nome, così come un albergo, un treno e un cavallo da corsa, mentre i più piccoli potevano rivivere le sue avventure grazie a un gioco da tavola.

 

 

In Europa per la guerra

 

La vita di Nellie Bly proseguì con una serie di articoli di denuncia e il suo passaggio, nel 1895, al Times-Herald di Chicago prima di sposare Robert Seaman, industriale di 69 anni. Lei ne aveva 31. Il matrimonio non si rivelò dei più felici: lui geloso, lei vogliosa di indipendenza, testamenti redatti e poi rifatti, fino alla decisione di occuparsi delle fabbriche del marito, risollevando, per un periodo, le proprie sorti finanziarie. Ma il richiamo della carta stampata e le difficili condizioni economiche spinsero Bly a tornare al suo primo amore, il giornalismo. Seguì come inviata la Prima Guerra Mondiale, tornò a New York e riprese a scrivere articoli di inchiesta, ma non solo, visto che seguì anche un incontro di pugilato, e tenne una rubrica in cui cercava di aiutare “i cittadini in difficoltà”.

 

Nel gennaio 1922 fu colpita da polmonite: il 27 gennaio morì.

 

 

Una vera giornalista

 

“Il miglior cronista infiltrato della storia” lasciò un segno indelebile nel giornalismo: i suoi scritti, il suo stile, le sue idee rimangono tuttora un esempio di professionalità, correttezza e audacia. Come scrive David Randall, “Nellie Bly non era molto fantasiosa come scrittrice (anche se era limpidissima), ma aveva una curiosità incorreggibile e una fede incrollabile nel potere del giornalismo. Era convinta che, solo se si potevano svelare i fatti reali, allora si potevano spingere i cittadini e le autorità ad agire e ad apportare miglioramenti”. Questa era Nellie Bly, una vera giornalista.

 

 

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