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Giornali che fanno soldi (in Usa): nessuna formula magica, solo talento, leadership e qualità

La chiarezza della visione; la capacità e il desiderio di cambiare in profondità la cultura della testata; il forte impegno sul piano della qualità del prodotto editoriale. Sono le tre principali  caratteristiche comuni nel successo dei quattro quotidiani americani analizzati dal Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism in una ricerca che nelle ultime settimane  è stata al centro dell ’attenzione (ne abbiamo parlato qui).

 
 Mark Jurkowitz, che ha condotto lo studio con Amy Mitchell, fa il punto sui risultati più importanti dello studio in una intervista sul sito dell’ American Press Institute di cui pubblichiamo la traduzione.

 

 

La conclusione? ‘’Può sembrare ovvio, ma il fatto è che quello che conta sono il talento e la capacità di leadership. Se ci fosse una formula magica a cui tutti i giornali potrebbero adattarsi, la avremmo scoperta molto tempo fa. E invece la differenza tra successo e fallimento sul piano economico spesso si riduce a come si fanno le cose. E come si fanno le cose è il prodotto della qualità delle idee e della capacità di direzione all’ interno delle testate’’.

 
 

 

1. Lei dice che i giornali  di successo condividono alcune caratteristiche essenziali. Quali sono?

 
Ogni giornale ha offerto delle indicazioni diverse. Ma essi hanno in comune tre caratteristiche generali:

– la forza della leadership, quella che l’ esperto di mercati Gordon Borrell chiama “chiarezza di visione.”

– il desiderio e la capacità di cambiare in profondità la cultura interna della testata della struttura. Tendiamo a pensare che questo significhi conciliare ad esempio le tensioni tra la cultura digitale e quella tradizionale, come spesso accade. Ma nel caso del Naples, ad esempio, questo cambiamento di cultura significava trovare dei responsabili delle vendite adeguati, con un’ autonomia molto maggiore che in passato.

– l’ ultima caratteristica comune infine era un forte impegno sul piano del prodotto editoriale, anche in una fase di risorse ridotte. Al Deseret News, in cui quasi il 50% della redazione aveva perso il lavoro in pochi anni, ci si poteva meravigliare dell’ impegno profuso in questa direzione. Ma il CEO Gilbert Clark, mettendo in primo piano alcuni obbiettivi editoriali, come l’ impegno nel campo della famiglia e della fede, e rendendo l’ intervento giornalistico in questi settori più approfondito e più mirato, ha migliorato in maniera rilevante la qualità del giornale.

 

Mark Jurkowitz

2. Vede anche delle qualità personali in comune nei principali leader di queste testate, al di là dei loro stili diversi?
 
Vale la pena di sottolineare che le quattro persone che guidano i giornali analizzati nella nostra Ricerca hanno delle personalità molto diverse: un esperto di economia con formazione ad Harvard come Clark Gilbert e un veterano della carta stampata come Mark Palmer del Columbia Daily Herald  non avrebbero potuto essere meno simili. Ma penso che condividano diverse qualità. La prima è che sono disposti a correre dei rischi potenzialmente molto grossi. Non si sono mossi lungo i bordi delle questioni ma hanno fatto delle grandi scommesse. E forse, ed è ancora più importante, hanno chiaramente comunicato la loro visione e gli obiettivi a ​​tutta la redazione. Il messaggio è stato ben compreso, nonostante qualche resistenza iniziale. In nessuna delle mie visite a quei giornali ho incontrato qualcuno che non sapesse quale era il progetto.

 

3. Cosa devono fare altri giornali ed aziende per emulare questi successi?
 
Direi che ci sono molti fattori che giocano un ruolo nel successo o meno di una innovazione economica. Si parte dalla struttura centrale e la cultura che in essa vive e dal sistema che sta alla base delle articolazioni locali. Poi si guarda ai mercati su cui queste testate si muovono. Mi pare chiaro che il mercato del Media Lab nella North Bay Area (The Santa Rosa Press Democrat ) sia un asset o che la comunità del Naples Daily News rappresenti un mercato favorevole; o ancora che un giornale di proprietà della Chiesa dei mormoni come il  Salt Lake City Deseret News riesca bene a trovare un pubblico a livello nazionale o internazionale. La  sfida più difficile, a mio avviso, era quella del Columbia Daily Herald, che ha deciso di immergersi nel flusso del digitale in una comunità dall’ attitudine digitale relativamente modesta. Dopo il mercato, si arriva poi alla qualità della leadership di questi giornali e alle risorse disponibili per cercare di sviluppare e implementare nuove idee.

E, infine, vi è la cultura della singola testata stessa. Una delle cose interessanti che Gordon Borrell ha detto, parlando di quello che era successo al Deseret News, era il fatto che anche “gente molto intelligente alla testa dei giornali hanno difficoltà a muoversi all’ interno del processo di cambiamento” nelle loro testate. E quindi è necessario che tutte le cose siano perfettamente a punto se si vuole implementare una innovazione significativa e farla trionfare. Se fosse stato più facile, allora la storia dei giornali sarebbe stata molto più allegra.

 

4. Quando lei dice che tutte queste storie di successo comportano una ‘’assunzione di rischi molto forte” che cosa intende dire? Che tipo di rischi? Che si corre il pericolo di accelerare la caduta dei ricavi se il progetto fallisce? Oppure che si rischia di spezzarsi il collo creando aspettative che poi possono essere smentite? Qual è la natura del rischio?
 
Penso che i nostri editori potrebbero dire che mettere la testa fuori del guscio e poi venire smentito non sia una preoccupazione rilevante in un’ epoca di sfida economica così pesante. Al Naples, Dave Neill dice chiaro e tondo che il rischio di non cercare di innovare il giornale era superiore di gran lunga a ogni paura di fallimento. E’ scontato dire che tutti hanno rischiato di accelerare il declino, ma tutti sentivano che non c’ era altra scelta rispetto al prendere quei rischi. Tutti e quattro questi giornali hanno subito quei gravi colpi alle entrate nella seconda metà dello scorso decennio che sono servite a mettere a fuoco lo sguardo. Al  Santa Rosa, per esempio, questo non significava solo chiedere al vertice del gruppo, che allora era la New York Times Co., di intervenire per alleggerire il bilancio, ma voleva dire anche riscrivere il piano industriale, che includeva appunto il Media Lab. Al Salt Lake City comportava una revisione fondamentale del prodotto giornale tradizionale. Non si trattava di semitoni o di piccoli ritocchi laterali.

 

5. Lei osserva anche che questi giornali hanno condiviso “un impegno a migliorare la qualità del prodotto editoriale”. Potrebbe sembrare un’ eresia, ma, se la crescita dei ricavi nel ​​digitale è legata a nuove idee di business, come ad esempio la consulenza nell’ online, perché dovrebbe essere importante la qualità del prodotto giornalistico?
 
In ciascuno di questi quotidiani la qualità del prodotto editoriale era vista come un elemento centrale per il “brand”, per la testata. In un mondo pieno di concorrenti digitali sul mercato, la gente a Santa Rosa compra il Media Lab sulla base della sua reputazione e della sua abilità come fornitore di contenuti. Al Naples, l’ ambizioso ‘’Lighthouse Project’’ è stato studiato per mettere il giornale al centro della più ampia conversazione della comunità, che migliorerà le sue prospettive di reddito. A Salt Lake City, il destino del prodotto tradizionale, e le entrate che esso produceva, spingevano a re-immaginare la sua missione editoriale e i vertici della testata  stanno provando ad allargare il pubblico con una nuova edizione nazionale e attraverso un nuovo progetto di syndication. Al Daily News, dove ai 13 redattori si è appena aggiunto un reporter investigativo da Detroit, l’ editore dice che la qualità del giornale è fondamentale per mantenere la propria posizione  commerciale. Tutti gli editori la pensano in questo modo.

 

6. Quanto è importante il ‘mobile’ in questi quattro casi di successo? (…) Come sono posizionati i giornali per sfruttare questo settore?
 
Nelle conversazioni con i dirigenti di giornali avute nel corso degli ultimi anni, per preparare questa analisi e quella del marzo 2012 sulla ricerca di nuovi modelli di business, era chiaro che il traffico sul mobile era in rapida crescita. Ma ancora una volta, la domanda chiave del “come si fa a monetizzare gli sguardi di questi occhi?” è tornata a far capolino.

Nella Ricerca dell’ anno scorso, basata sui dati relativi alla fine del 2010, i ricavi dal mobile rappresentavano solo l’ 1% di tutte le entrate digitali nei giornali che abbiamo analizzato, per cui vi è ancora una lunga strada da percorrere. I responsabili commerciali dei quotidiani riconoscono che, soprattutto quando si parla di cellulari, sono in gara con un gran numero di concorrenti nel campo della pubblicità sul mobile. E c’ è sicuramente un crescente consenso sul fatto che il tablet e il telefono saranno delle piattaforme che presentano varie  opportunità di guadagno. Quasi tutti sono convinti che sia importante stare nel settore mobile, ma la corsa all’oro non ha ancora fatto scoprire i filoni della vera ricchezza.

 

7. Uno dei giornali di cui lei parla è piccolo, ha una diffusione di 12.000 copie in quello che lei definisce un mercato economicamente depresso. Molti direbbero che un quadro del genere rende più difficile l’ innovazione digitale. Come hanno fatto a smentire queste convinzioni? Piccolo non significa più stampa-centrico?
 
Il Columbia Daily Herald aveva lavorato molto bene in una comunità con un atteggiamento favorevole alla stampa prima che la recessione quattro anni fa provocasse la chiusura di circa due dozzine di imprese locali e di un impianto della GM, riducendo così in modo significativo la possibilità di introiti pubblicitari. Era il periodo in cui il giornale aveva iniziato ad accelerare lo sviluppo di nuove fonti di reddito, ma in quel momento i progetti riguardavano soprattutto il settore stampa. All’ inizio del 2011, ad esempio, l’ Herald non aveva praticamente nessun ricavo dal digitale: solo l’ 1% di tutti i suoi ricavi pubblicitari venivano dall’ online. Negli ultimi anni, ma in particolare nel 2012, c’ è stata invece una profonda immersione nel campo dell’ innovazione digitale, incluso un paywall (del tipo ‘’metered’’) e l’ avvio di una agenzia online.

I ricavi digitali stanno crescendo abbastanza velocemente e l’ obbiettivo è di raggiungere alla fine di quest’ anno il 15% di tutto il fatturato. Abbiamo scelto il Daily Herald come un caso di studio per la aggressività della sua cultura della sperimentazione. Ma l’ editore Mark Palmer, che è sempre cauto sulla prospettiva di nuovi flussi di ricavi, soprattutto nel campo digitale, vi direbbe che il verdetto della giuria su molte di queste innovazioni, non è stato ancora stilato.

 

8. Nella Ricerca affermate che “nelle comunità in cui le condizioni sono favorevoli, scommettere sulla carta stampata può ancora pagare” Quali sono queste condizioni favorevoli?
 
Al Naples, come ci diceva una fonte ben informata, la morale della storia è in sostanza: “non rinunciare alla stampa.” Naples è un centro sulla Costa del Golfo della Florida con una popolazione che varia molto a seconda della stagione. In generale è una comunità ricca, con una popolazione prevalentemente anziana, dove il turismo e il settore dei servizi rappresentano la base principale dell’ economia locale. Questi fattori contribuiscono a mantenere per la carta stampata un livello di ricavi che difficilmente si vede altrove. Columbia, che è una città piccola e non particolarmente sviluppata sul piano delle tecnologie digitali, è anche più favorevole rispetto alla stampa di molte altre comunità. L’ area da cui io vengo, la Northeastern Pennsylvania, è sempre stata un mercato molto forte per la  stampa, soprattutto a causa dell’ invecchiamento della popolazione.

Più in generale, come Rick Edmonds ha osservato in un recente articolo per  Poynter, diverse nuove ricerche sul settore suggeriscono che “ci può essere ancora un ampio spazio economico per la carta stampata”.  In altre parole, la transizione al digitale può includere per quanto riguarda i ricavi dalla carta un ruolo più lungo e più concreto rispetto a quanto in un primo tempo si prevedeva. Certo, i problemi nella raccolta di ricavi dalla pubblicità digitale possono giocare un ruolo significativo in questo tipo di atteggiamento mentale. Comunque in almeno tre dei quattro giornali che abbiamo esaminato, le nuove iniziative imprenditoriali hanno una significativa componente nel campo della carta.

 

9. Gli esperimenti sono relativamente recenti, ma dal tempo trascorso nell’ analisi di questi giornali quali pensa siano i rischi e i vantaggi di eliminare l’ edizione cartacea nei giorni meno redditizi lasciando la stampa solo in pochi giorni alla settimana?
 
Questo studio non affronta direttamente la questione e nessuno dei giornali analizzati ha detto che stava contemplando l’ ipotesi di una riduzione della frequenza di stampa. Quello che io penso deriva piuttosto dalle interviste condotte circa un anno fa con i dirigenti di 13 società editrici di quotidiani che, complessivamente, coprivano quasi il 25% del mercato nazionale. (…)

 In teoria, i benefici economici della riduzione della frequenza delle edizioni avrebbero comportato un taglio significativo dei costi tradizionali, accelerando la transizione verso un modello economico digitale. I rischi includono la rottura dell’ abitudine quotidiana della lettura per gli abbonati, che potrebbero poi essere indotti a pensare di poter vivere benissimo senza la carta, sempre. E, naturalmente, si pongono anche questioni rilevanti sul rischio che i tagli che accompagnerebbero questa linea possano indebolire in maniera significativa la qualità dei contenuti e il marchio editoriale del giornale. Sarà interessante vedere quando ci saranno abbastanza dati su questi esperimenti di frequenza ridotta e allora saremo maggiormente in grado di valutare i pro e i contro.

 

10. Un’ ultima cosa. Se le chiedo qual è la lezione più importante ricavata da questa ricerca, che mi dice?
 
Può sembrare ovvio, ma il fatto è che quello che conta sono il talento e la capacità di leadership. Se ci fosse una formula magica a cui tutti i giornali potrebbero adattarsi, la avremmo scoperta molto tempo fa. E invece la differenza tra successo e fallimento sul piano economico spesso si riduce a come si fanno le cose. E come si fanno le cose è il prodotto della qualità delle idee e della capacità di direzione all’ interno delle testate. L’ agenzia digitale messa a punto al Santa Rosa Press Democrat non è certamente una trovata nuova per fare soldi. Molti altri giornali ci stanno provando. Ma il modo in cui funziona a Santa Rosa è diverso, l’ idea che il Media Lab avrà un suo showroom è diversa.

Questo è un omaggio alle persone che lo hanno concepito e reso operativo. Ma ho visto un sacco di cose come queste nei giornali che ho visitato.

 

 

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