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I social media e Mentelocale.it magazine online

I social media sono un’ invenzione geniale ma vanno regolamentati. Sono loro i veri competitor della libera informazione – parola di Laura Guglielmi, direttora di Mentelocale.it, magazine di arte, cultura e attualità sul web fondato nel 2000.

 

Claudia Dani l’ ha intervistata per la prima di una serie di analisi sul giornalismo e l’ editoria online locale.

 

 

Ultima in ordine di tempo, una collaborazione con Palazzo Reale di Milano. Mentelocale.it è fatto anche di mediapartnership di questo tipo, alcune della quali portano – attraverso meccanismi espliciti al lettore – un sostegno economico e rappresentano una risposta alla qualità del lavoro svolto. Alle nuove collaborazioni sempre in aumento, si aggiungono quelle consolidate con – tra gli altri enti – Palazzo Ducale di Genova, Acquario e Fondazione Garrone.

 

Mentelocale è un magazine di arte, cultura e attualità sul web fondato nel 2000. Nato proprio nel periodo in cui tutti si buttavano su internet e molti a casaccio, il sito è ‘cresciuto’ online ed è tuttora vivo e vegeto. Dopo la redazione genovese, ne è stata aperta una a Milano nel 2010 e ora, crisi permettendo, vorrebbe espandersi anche a Torino.

 

Ecco l’aumento delle visite nell’ultimo anno: Milano + 128%, Savona + 300%, Genova + 57%.

 

A tenere il timone Laura Guglielmi, giornalista professionista, ha lavorato al Secolo XIX e collaborato, tra gli altri, con RAI e D La repubblica delle donne. Nella sua carriera professionale non ha quindi usato solo la scrittura, ma anche il linguaggio audiovisivo, mentre la fotografia è stato il suo primo amore. Il giornalismo sul web contempla tutti questi linguaggi che lei ha trasmesso, anno dopo anno, al suo agguerrito gruppo di lavoro.

 

Un progetto editoriale che vive grazie alla pubblicità ma anche a un sito e-commerce, happyticket.it (vende biglietti di mostre e concerti) e diversi locali (di cui tre all’interno di strutture museali). Un business congruente.

 

La strategia è raccontare la cultura e allo stesso tempo agire la cultura. Non si corre dietro alla cronaca in maniera veloce e improvvisata come fanno molti siti web, ma si fa giornalismo di approfondimento. La redazione di Mentelocale intervista personaggi noti (politici, artisti, intellettuali), e allo stesso tempo mette in risalto giovani talenti o piccole associazioni, dando voce alle città nelle quali si trova.

 

Le redazioni, fra Milano e Genova, sono composte di 7 giornalisti, tra dipendenti e contratti co.co.co. Tra le aziende giornalistiche più corrette, che paga la previdenza all’Inpgi. Mentre si sprecano i compensi in diritto d’autore sul web, assolutamente illegali, anche da parte di grandi gruppi nazionali.

 

Il traino delle visite al sito è rappresentato dall’ agenda eventi. Uno spazio nel quale, giorno per giorno, è possibile sapere cosa succede a Milano e in Liguria, dal teatro alla musica, dagli eventi al cinema, dai locali ai ristoranti.

 

Molto frequentata è anche la sezione bere e mangiare, con interviste e recensioni: “Mentelocale è quindi cibo per la mente – racconta Laura Guglielmi – ma anche per il corpo”.

 

Un altro sistema di sostentamento del sito sono i pubbliredazionali, articoli pubblicitari, in cui però è rigorosamente segnalato al lettore l’intento. Nonché i banner sul sito e sulle newsletter.

 

E’ venuto ormai a noia il concetto del web 2.0, dove l’engagement del pubblico è fondamentale per sopravvivere in rete. Cosa fa in questo senso Mentelocale?

 

“La differenza, rispetto a altre testate giornalistiche, è stata quella di non lasciare ai lettori la possibilità di fare commenti di due righe, che certo garantiscono un alto numero di pagine viste. Ma poi si accapigliano tra loro e perdono di vista l’articolo da cui tutto è partito. Come su Facebook.

Quello che chiediamo ai lettori è di fare uno sforzo, un commento più lungo, che abbia una suo valore di pensiero – continua Laura Guglielmi – Siamo diventati un organo di informazione corale, che mette in risalto l’humus della città e le esigenze di chi la abita. Riceviamo molti contributi, che ovviamente sono rivisti dalla redazione, non buttati lì a casaccio, ma possono finire in prima pagina come i pezzi scritti dai nostri giornalisti”. E il resto lo fanno le condivisioni, i like e i cinguettii sui social media”

 

Poi ci sono le newsletter: fra Milano, Genova e il resto d’Italia sono 150mila gli iscritti che le ricevono, se si comprende anche quelle che invia Happyticket.

 

All’inizio, nel 2000, “è stato un salto nel vuoto, ci siamo dovuti inventare un po’ tutto, un linguaggio diverso dai media tradizionali, una diversa gestione cronologica e gerarchica delle notizie. Bisogna saper rispondere con prontezza alla sfida continua di un media nuovo e affascinante come il web – spiega Laura guglielmi- Il mestiere del giornalista sarà sempre necessario. Però bisogna trasportare le buone regole deontologiche del giornalismo cartaceo alle testate web, soprattutto non mascherare la pubblicità e, soprattutto, fare dei contratti ai redattori. Le buone pratiche insomma.  Allo stesso tempo bisogna liberarsi di un fagotto di arretratezze e cattive abitudini del vecchio giornalismo, certi atteggiamenti della casta sono insopportabili. E anche alcuni inciuci

“Poi è fondamentale la regolamentazione dei social network – sottolinea – Sono piattaforme geniali, intuizioni straordinarie, ma drenano un sacco di soldi, dal bacino della pubblicità locale e nazionale. Hanno un fatturato enorme rispetto all’investimento che loro stessi fanno in Italia. Quanti dipendenti ha Facebook nel nostro Paese? Quanto fattura in Italia? Le tasse le paga? Direi pochissimi dipendenti, un fatturato miliardario e di tasse ne paga ben poche”.
Inoltre, secondo Guglielmi, sfruttano i contenuti altrui, richiamando inserzionisti, senza dover compensare chi crea il prodotto: “Fanno un enorme fatturato pubblicitario sui contenuti prodotti da tutti gli utenti, ma anche sugli articoli postati dalle testate giornalistiche, che a loro volta per sopravvivere – da Repubblica a Mentelocale – devono raccogliere pubblicità.

 

Inoltre, e questo è scandaloso, Facebook ti ‘obbliga’ a pagare pubblicità non solo per incrementare i like della tua pagina, ma anche per rendere visibile ogni singolo post. Se vogliamo che ogni nostro articolo raggiunga le bacheche dei nostri 14.635 like dobbiamo pagare dai 5 ai 75 dollari. Altrimenti raggiungiamo solo dalle 750 alle 3300 persone, tra Milano e Genova. E tutti i 14.635 lettori che spontaneamente hanno chiesto di ricevere i nostri contenuti nella loro bacheca? Non li ricevono, se noi non sborsiamo. Non abbiamo mai pagato la pubblicità su Facebook, preferiamo pagare chi lavora a Mentelocale, per produrre contenuti di qualità. Così il social network ci penalizza. Un paradosso che deve essere avere un fine”.

 

“Anche Google è un’invenzione straordinaria, un motore di ricerca di cui non farei mai a meno, ma guadagna attraverso la pubblicità, come facebook, sfruttando i contenuti altrui – spiega Laura Guglielmi – E non possono continuare a difendersi, dicendo che fanno arrivare visite sui siti. Perché se non esistesse, il lettore sceglierebbe di più come informarsi. Mentre Google smista il flusso dei lettori e non sempre è capace di captare la qualità, proponendo gli articoli migliori su un argomento – soprattutto con la lingua italiana. A noi ci ha sempre posizionati egregiamente, gliene siamo grati. Ma può un motore di  ricerca americano decidere le sorti di una testata italiana?

 

Ma una soluzione c’è: Laura me la suggerisce. “Prima o poi l’aria deve cambiare: per ogni clic che gli utenti fanno da Google su Corriere, Ansa, Adnkronos, Tgcom o Mentelocale, il motore di ricerca, dovrebbe accreditare, ad esempio, un centesimo.

 

Almeno Google ti dà qualche soldo – molto pochi in verità – attraverso i suoi Ads (banner), se li inserisci sul sito. Facebook invece niente, drena solo”

 

“Bisognerebbe redigere dei veri e propri contratti, con Google e Facebook – conclude – Tu offri ai tuoi utenti i miei contenuti e in cambio mi dai un compenso, così mi aiuti a pagare un giornalista qualificato, il cui prodotto serve anche a te. Invece il paradosso è che i miei colleghi devono perdere del tempo prezioso per fare marketing degli articoli su Facebook invece che produrre più qualità per Mentelocale.it.

 

E chi le paga le ore che perdono sul social network? La nostra azienda, non Facebook. Tutti loro bene o male tutti i giorni devono combattere con i social network. Sinceramente preferirei che occupassero il loro tempo a impreziosire e riempire di intelligenza Mentelocale. E così preferirebbero anche loro. A parte questi problemi, lavorare sul web è una bellissima esperienza, che ci arricchisce giorno dopo giorno. Anche se l’informazione tutta è minacciata. Da quella nazionale a quella locale. Basta esserne coscienti e prendere al più presto dei provvedimenti”.

 

 

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