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Google News favorisce i grandi media?


Lo afferma (senza punto interrogativo) Gilles Klein su Arretsurimages, riferendosi ai nuovi criteri che il motore di ricerca si è dato e di cui ha parlato ampiamente sulla sua ultima ‘’Monday Note’’ François Filloux. Abbiamo fatto una prova: su 30 citazioni dalla prima pagina di Google News Italia delle 16 di oggi (28 febbraio), solo 8  non portavano a media mainstream.

 

 

E’ la terza volta dal 2003 che Google ridefinisce i parametri dell’ algoritmo che regola la selezione delle fonti di informazione riprese da Google News. La notizia è stata data da Computerworld (che l’ ha individuata spulciando fra i documenti relativi ai brevetti depositati da Google nel 2012) e Filloux l’ ha commentata sul suo blog individuando in particolare 13 criteri che ne costituirebbero l’ ossatura.

 

Tra di essi, in particolare, il volume di informazioni prodotte dalla fonte, ma anche la lunghezza degli articoli. E qui una piccola sorpresa: più l’ articolo è lungo e meglio sarà la sua posizione. L’ algoritmo di Google è sensibile anche all’ importanza della copertura accordata a un determinato argomento. Un criterio che di fatto è un mix dei due precedenti. E, ancora, quantità e lunghezza permettono una migliore visibilità.

 

Inoltre Google News accorda un premio alla rapidità di reazione di fronte a un avvenimento di attualità. Chi reagisce più velocemente  andranno più in alto. Ma questo non significa, spiega Filloux, che le redazioni più ‘’lente’’ debbano essere penalizzate perché un dossier più ampio pubblicato più tardi potrà avere ugualmente il favore dell’ algoritmo.

 

Certo, Google News è sensibile all’ audience misurata da Nielsen. Per forza. Ma, parallelamente, il motore di ricerca premia la dimensione della redazione (misurata in particolare attraverso il numero di firme) cosi come al numero di sedi e uffici di corrispondenza nel mondo. Altri criteri sono il fatto di essere menzionati come fonte originale di una notizia e l’ audience globale (link, citazioni, tweet, ecc.).

 

Criteri che, secondo Filloux, tendono a favorire i media tradizionali  (scritti o audiovisivi) a detrimento dei pure players o degli aggregatori di contenuti. E’ chiaro, ad esempio, che è più semplice per una grande testata produrre più articoli e reagire più rapidamente.

 

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