‘’Giornalismo incidentale’’, nuova categoria dell’ informazione in Rete

IncidentaleRiprendiamo da un articolo di Vincenzo Marino su Festival del giornalismo la definizione di ‘’giornalismo incidentale’’, perché potrà essere utile nei ragionamenti sul nuovo giornalismo e su una eventuale prevalenza della funzione giornalistica rispetto allo status più o meno professionale di chi la esercita.

 

‘’Fare giornalismo in modo del tutto incidentale’’, è il titolo della storia di ”Eliot Higgins, un 34enne disoccupato di Leicester con moglie e figlia di due anni che – racconta Marino – passa le sue giornate a monitorare le attività militari in Medio Oriente col nome di Brown Moses’’, diventando una delle principali fonti giornalistiche internazionali su quel martoriato paese.

 

 

Qualche giorno fa, segnalava Marino, Patrick Radden Keefe sul New Yorker aveva dedicato

 

un lungo profilo al blogger inglese diventato una vera e propria risorsa per giornalisti per quanto riguarda le faccende siriane e la verifica delle armi utilizzate nei conflitti, una sorta di fonte a distanza che «probabilmente ha lanciato più notizie di quanto molti giornalisti abbiano fatto nella loro intera carriera» – stando alla definizione di Stuart Hughes, News Producer della BBC.

 

Appassionato di armi e videogiochi di guerra (può giocare anche per più di 24 ore di seguito), Higgins monitora ininterrottamente da 18 mesi ingenti quantità di materiale multimediale (in special modo sulla Siria) fino a diventare uno dei punti di riferimento per quanto riguarda il tipo, le modalità d’utilizzo e la provenienza delle armi mostrate nei documenti che ritrova: incrocia foto, video e tweet, assembla playlist su YouTube e lavora con altri utenti utilizzando piattaforme come Storyful, geolocalizza scontri e bombardamenti, e pare sia stato determinante nel processo che ha portato all’attenzione del mondo il dubbio che le truppe di Assad avessero fatto uso di armi chimiche – conclusione, specifica Bianca Bosker sull’Huffington Post, che avrebbe poi condotto agli accordi sulle ispezioni e la distruzione degli arsenali chimici.

 

Higgins, spiega Marino,

 

‘’non è un giornalista, non ha alcun tipo di formazione per quanto riguarda il reperimento e il trattamento di materiale ‘classificato’, non è mai stato in Siria né conosce l’arabo: giura di aver cominciato un po’ per noia un po’ per ossessione, dopo aver capito – nel corso di un flame sul sito del Guardian – quanto fosse facile arrivare a certe fonti e lavorarci sopra utilizzando i social network’’.

 

«Brown Moses fornisce un sacco di materiale sulla Siria» spiega CJ Chivers, reporter del New York Times: «che lo ammettano o meno, in molti si sono ritrovati a fare affidamento sul materiale di quel blog» analizzandone i video che riversa – un lavoro che lo porta a setacciare circa 300 filmati al giorno. Il tutto gratuitamente: Higgins ha infatti lanciato qualche mese fa una campagna di crowdfunding che gli ha fruttato circa 10.000 dollari in meno di un mese, tanto da portare Mathew Ingram a chiedersi su Gigaom se il suo possa essere considerato un modello di crowdsourced journalism, di citizen journalism in ‘remoto’, o di giornalismo in generale.

 

Suo fratello parla di lui come di una persona che si appassiona tenacemente alle cose (per i videogiochi così come per le armi o i filmati di guerra), e in epoca di media alla portata di tutti e piattaforme per UGC, è più facile ricadere – incidentalmente o meno – nel territorio del giornalismo.