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La carta e il futuro incerto dei giornali, fra ottimismo e pessimismo

Se è vero che la carta tarderà a morire, come è emerso a Milano da un incontro organizzato da Print Power Italy , il futuro dei giornali su carta è ancora al centro di valutazioni e previsioni diverse e contrastanti.

In questi giorni ne hanno discusso a distanza Giuseppe Granieri e Pier Luca Santoro, da punti di vista diversi.

Improntato al pessimismo il primo (che titola un suo post ‘’Paura per i giornali’’).

Più ottimista invece Santoro, che sul suo Giornalaio, osserva che ‘’le tendenze future mostrano come gli investimenti pubblicitari sulla carta non scompariranno assolutamente”.

 

 

”Sia in Gran Bretagna che per quanto riguarda più direttamente il nostro Paese con i ricavi del digitale decisamente in crescita’’, anche se non altrettanto ARPU e profitti.

 

E aggiunge:

 

‘’ Tendenza confermata anche a livello mondiale come i dati previsionali sino al 2015 di PwC e di ZenithOptimedia che evidenziano una sostanziale stabilizzazione dei ricavi derivanti dalla carta, sia per quanto riguarda le vendite che le revenues pubblicitarie, e una quota minoritaria del digitale’’.

 

Granieri ribatte che il suo punto di vista è  ‘’una congettura’’, ma che è essa è

 

‘’costruita sul fatto che leggo mille tendenze diverse e -tra queste- nessuna porta notizie buone che mi autorizzino a credere che ci sia un futuro sostenibile per la carta.
Soprattutto dal punto di vista industriale, non da quello delle nostre preferenze personali.
Ma la mia opinione poi non conta molto. Può essere interessante invece leggere l’analisi della Reuters, che racconta di una di queste tendenze, da uno dei punti di vista possibili (i dati si possono leggere in mille modi).
«Man mano che molti giornali chiudono la loro edizione di carta», scrive Jennifer Saba, «e man mano che si focalizzano sull’edizione digitale, sta emergendo una nuova tendenza problematica: le vendite di pubblicità online non crescono».

(l’ analisi della Reuters è qui.)

 

 

Dall’ altro versante, Santoro sottolinea, rispetto ai dati sulla persistenza del peso della carta, che:

 

‘’Questo ovviamente non significa restare immobili ed arroccarsi sulle attuali posizioni difendendole allo stremo, ma presuppone l’identificazione delle distinte tipologie di consumo delle notizie e la definizione di come soddisfarle, senza liquidare brutalmente [e superficialmente?] la versione cartacea dei giornali ma reinventandone, ridefinendone il ruolo in un’ottica multipiattaforma di convergenza tra le distinte versioni.

E’ una storia che in termini di prodotto «Il Fatto Quotidiano», con risultati che nessuno si sarebbe atteso sia sulla carta che online, mostra essere possibile e sensata anche nel nostro Paese, alla quale l’informatizzazione delle edicole può fornire linfa vitale per il recupero di risorse economiche che consentano all’intera filiera editoriale di guardare con minore ansia del momento attualmente vissuto al futuro’’.

 

 

Granieri usa come una conferma al suo pessimismo un

 

‘’bel pezzo di Peter Wilby che analizza il futuro del Guardian, testata che sta costruendo un fortissimo brand internazionale ma che ha grandi problemi con i conti.

«La verità», scrive Wilby, «é che il Guardian potrebbe non avere futuro. E come il Guardian tutti gli altri giornali. L’intera industria sta precipitando, esattamente come è stato per la musica».
Ma l’articolo è lungo e interessante, e va letto tutto: Alan Rusbridger: the quiet evangelist.

 

La discussione continua.

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