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I think tank italiani usano poco e male le risorse comunicative dei social media, una Ricerca

I think tank italiani usano poco e male le risorse comunicative dei social media e, nonostante il gran numero di strumenti a propria disposizione, ricorrono in grande prevalenza a Facebook. E’ la fisionomia del rapporto fra i ‘’pensatoi’’ del nostro paese e i social media emersa da una ricerca condotta da Davide Bennato, dell’ Università di Catania,  e illustrata sul blog Tecnoetica.

 

 

 

Il ricercatore definisce i think tank come  ‘’organizzazioni con interessi politici o d’opinione che attraverso l’uso strategico di strumenti scientifici (ricerche, summer school, workshop, seminari, libri, riviste) promuovono una particolare idea politica o cercano di orientare l’opinione pubblica a sostegno di una idea specifica che può trovare (oppure no) rappresentanza da parte della politica’’.

 

E spiega che essi hanno sostanzialmente tre caratteristiche:

 

1. Sono contigui alla politica (perché fondati da politici, perché sostengono idee politiche)
2. Sono luoghi in cui si mettono a punto idee sulla società (una delle traduzioni più pertinenti del termine “think tank” è “pensatoio”)
3. Sono organismi di ricerca che applicano le strategie del marketing politico, del lobbying e delle relazioni pubbliche ai prodotti della conoscenza.

 

La domanda che mi sono posto – racconta – è la seguente: i think tank italiani usano i social media nella loro strategia di lobbying?

 

La ricerca è stata fatta:

1)      analizzando la loro presenza sui social media: blog, Facebook, Twitter, Youtube

2)       studiando gli account Twitter per vedere che tipo i contenuti veicolati da queste organizzazioni

3)      Analizzando gli account Twitter dei think tank cosiddetti personali, ovvero fondati da politici (ma non solo) per scopi politici come Italia Futura (Luca Cordero di Montezemolo), I-Think (Ignazio Marino), Fondazione Cristoforo Colombo (Claudio Scajola), FareFuturo (Gianfranco Fini) ecc., alla ricerca di follower e following comuni per capire se c’è una rete di persone interessate a seguire le attività di questi pensatoi.

 

Ed ecco i risultati della ricerca

 

1. Scarsa presenza digitale
I think tank italiani usano poco e male le risorse comunicative dei social media. Ci sono delle eccezioni di rilievo che sono spiegabili attraverso le strategie comunicative generali
2. Prevalenza di Facebook
Nonostante il gran numero di strumenti a propria disposizione, la piattaforma più utilizzata è senza dubbio Facebook, come fanpage o come gruppo di discussione.
3. Strategia multipiattaforma piuttosto curata
Quando i think tank sono presenti su quattro (o più) piattaforme, l’integrazione comunicativa e la capacità di essere presenti nell’opinione pubblica digitale è piuttosto efficace (social media strategy)
4. Focalizzazione tematica
L’uso quotidiano delle piattaforme del web partecipativo è indice di una forte coerenza tematica/ideologica del think tank
5. Presenza di cluster omofili
L’attività digitale mostra la presenza di soggetti che hanno interessi comuni e su queste basi seguono le attività di think tank considerati “affini” ideologicamente e/o tematicamente

 

Qui sotto le slide della Ricerca

 

 

 

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