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Ddl diffamazione, ‘’grazie, ma a questo punto preferisco la galera’’

Una buona parte del giornalismo professionale ha maturato questa posizione –‘’meglio tenerci la galera…’’ –  di fronte alla deriva innescata dal Ddl in  discussione al Senato. 

 

Carlo Gubitosa spiega qui di seguito perché lui ‘’preferisce la galera’’, sottolineando il valore della ‘’responsabilità dei giornalisti’’.

 

Insieme al suo articolo mettiamo a disposizione anche un lucido e appassionato editoriale di Piero Pantucci su Milanosud, che a nostro avviso chiarisce perfettamente e denuncia la natura del ‘’giornalismo’’ dei vari Sallusti.

 

 

Vi ringrazio, ma preferisco la galera

 

Una riforma al contrario, che premia gli imbroglioni salvandoli dal carcere e minaccia gli onesti con multe da capogiro: chi avra’ abbastanza soldi potra’ comprarsi una “licenza di diffamare”, chi fa inchieste indipendenti sara’ sempre sotto minaccia.

 

di Carlo Gubitosa

 

– Premessa: il caso Sallusti, che ha spinto il Parlamento ad attivarsi per riformare la legge sulla responsabilita’ dei giornalisti, non riguarda un reato di opinione, ma la pubblicazione intenzionale e consapevole di notizie palesemente false e diffamatorie, il rifiuto di ogni azione riparatoria o risarcitoria a cominciare dalle semplici scuse, il rifiuto di accettare le proposte di conciliazione della controparte, il rifiuto di essere affidato ai servizi sociali, la caparbia determinazione di fare sempre e comunque i propri comodi senza rispondere di niente anche a costo di andare in galera. Ma anche con tutto questo impegno la pena per il “povero” Sallusti e’ comunque stata sospesa.

 

– Per questo caso si sono stracciate le vesti tante anime belle, utili idioti che hanno urlato #freesallusti senza capire davvero qual’era la posta in gioco: il rischio di trasformare in un lusso per ricchi quello che fino a ieri era un reato penale per tutti.

 

– Da ingegnere e da giornalista non ho problemi ad accettare la responsabilita’ penale e civile delle mie professioni. Le svolgero’ al meglio e secondo coscienza (a differenza di Sallusti) e mi assumero’ le conseguenze delle mie azioni come e’ tenuto ad assumerle anche il medico, l’avvocato e ogni altro professionista che puo’ causare gravi danni se esercita male il suo mestiere.

 

Ho problemi pero’ ad accettare come rischio professionale per eventuali errori in buona fede quella multa da 5 a 100 mila euro di cui sta discutendo il Parlamento in questi giorni, con Rutelli che blatera sui “discount della diffamazione”, e ha la faccia tosta di affermare che 50 mila euro di multa sono troppo pochi (forse lo sono per lui, che magari fa spese al discount da 50 mila euro, o e’ troppo abituato ad attingere a prosperose casse di partito riempite con le mie tasse e gestite da chiacchieratissimi tesorieri, in sfregio a qualunque indicazione referendaria del popolo sovrano).

 

Ho problemi con una legge che puo’ colpire con multe di questo tenore non solo i diffamatori di professione, ma anche chi fa inchieste oneste e cade vittima di una lite temeraria o di un giudice compiacente. Nel mio caso (giornalista freelance senza soldi, senza potere e senza grandi gruppi editoriali alle spalle) questa forbice di valori lascia al giudice la discrezionalita’ di decidere tra una sanzione pecuniaria (5 mila euro posso anche racimolarli faticando un po’) e il mio totale tracollo economico, finanziario e professionale (con centomila euro di debiti sul collo sarei rovinato, e di certo non mi metterei a scrivere articoli coraggiosi che potrebbero costarmi un’altra denuncia. Quindi quella multa per me significherebbe perdere tutto: non solo i miei averi, ma anche la possibilita’ di lavorare, con buona pace del principio di proporzionalita’ tra il reato commesso e la pena subita).

 

– Ma se ho problemi di fronte a chi mi chiede di assumermi le mie responsabilita’ presentandomi un conto salatissimo, non ho problemi ad andare in galera per rispondere di cio’ che scrivo. L’esperienza del carcere mi avvicinera’ a persone che stimo tantissimo, come Enzo Tortora, Danilo Dolci, Aldo Capitini, Martin Luther King, Nelson Mandela e Gandhi. e quindi per me non sara’ una macchia di infamia. So bene che in galera si vive malissimo, ma sara’ comunque per un tempo limitato e potrei approfittarne per scriverci sopra un libro.

 

– Se la galera per i giornalisti vi scandalizza e vi sembrano eccessive e illiberali le pene attualmente previste per i diffamatori, magari riducetele, ma per me non c’e’ nessun problema ad andare in galera per qualche mese o anche per un anno se faccio male il mio mestiere dicendo cose false per gettare fango sugli altri (e in quel caso me lo merito) o se qualcuno riesce nell’impresa di imbavagliarmi con una azione legale (e in quel caso almeno non andro’ in rovina, e potro’ comunque continuare a scrivere senza paura anche in gattabuia, perdendo la liberta’ di movimento per un po’ di tempo ma lasciando intatta la mia liberta’ di espressione e di coscienza).

 

– Per questa ragione, cari parlamentari, intellettuali, benpensanti e anime belle che state benedicendo questa legge solo perche’ non manda in galera nessuno, vi comunico che io e tanta altra gente onesta che firma con orgoglio i propri articoli non vi abbiamo mai chiesto di evitare la galera “a prescindere”, solo per lasciare liberi altri di scrivere porcherie se hanno abbastanza soldi per pagarsele.

 

– Visto che vi piace tanto la liberta’ di espressione, al punto che spesso la confondete con l’impunita’ per chi calpesta la dignita’ altrui, vi chiedo di lasciarmi la liberta’ di scegliere tra la galera e la bancarotta se saro’ chiamato a rispondere dei miei scritti. Non ne facciamo tutti una questione di soldi, sapete? Per molti scrivere e’ anche una questione di liberta’ e di dignita’, e quando si ha la coscienza a posto, queste due grandi ricchezze te le porti appresso anche dietro le sbarre, anche se hai la sfortuna di essere colpito dalle querele di un potente a cui hai dato fastidio.

 

– Se poi volete introdurre un criterio di proporzionalita’ che leghi l’importo delle multe al reddito del giornalista, o al capitale sociale dell’azienda in questione, questo non potra’ che fare onore alla vostra intelligenza.

 

* * * * *

 

‘’Questo non è libero giornalismo – spiega Piero Pantucci nel suo articolo di fondo su Milanosud -. E non è neppure orgoglio di corporazione. È cedimento alla prepotenza di chi ha i mezzi per distruggere con i media la vita di una persona (si pensi alla infamia del caso Boffo, di cui è protagonista Feltri).

 
Ci sono valori ben più consistenti del diritto di libera diffamazione di cui l’Ordine e il sindacato dei giornalisti  dovrebbero  farsi garanti.

 
E si chiamano verità e rispetto della persona umana. Garantiti questi si può anche inalberare lo striscione della libertà di stampa. E tornare a occuparsi (o cominciare a farlo) dei diritti più elementari (alla vita, al lavoro, alla sicurezza) e dei doveri verso la società.

 
Qui l’ articolo di Pietro Pantucci

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