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Charlie Ebdo e le vignette su Maometto: ‘’Satira? Una cosa puerile!’’

Non c’ è che una regola nella satira: per funzionare bisogna che possa essere intesa come tale – Nel caso di Charlie Ebdo, spiega Jean-Noël Lafargue, studioso dell’ immagine, docente di arte e nuovi media, anche se le vignete pretenderebbero di rappresentare Maometto, non lo rappresentano affatto –  Detto questo, poi, che interesse ci può mai essere nell’ offendere delle persone che, in grandissima maggioranza, non chiedono altro che di vivere tranquillamente ma si sentono umiliate dallo sguardo che viene loro rivolto, che non vedono la loro religione come una opinione ma come una parte della loro identità? – E il fatto che questo sentimento sia esacerbato da una propaganda virulenta dei salafiti, sostenuti da immensi capitali provenienti dal Golfo (religione dei poveri, ahimé) non giustifica che uno vi prenda parte

 

 

Se ne parla tanto, ma che cosa c’ è davvero nell’ ultimo numero di Charlie Hebdo, quello che ha scatenato la seconda ondata di rabbia antioccidentale, tanto da consigliare di proteggere le scuole in Francia e chiudere i consolati in vari paesi mussulmani?

 

Ce lo racconta Jean-Noël Lafargue, un esperto di immagini, spiegando sul suo blog che i suoi due euro e mezzo ‘’sono stati molto male investiti’’ e che ‘’le chiappe del profeta’’, viste dagli autori delle vignette, ‘’non hanno, come previsto, nessun interesse’’.

 

Lo studioso rassicura i mussulmani: ‘’guardate che non si tratta realmente del profeta Maometto, ma solo di disegni che vorrebbero rappresentarlo, che non hanno nessun valore documentario e che non ci insegnano assolutamente niente sul personaggio’’.

 

 

di Jean-Noël Lafargue

 

(…) Le vignette sono state definite insultanti perché descrivono il profeta in delle posizioni che,  come nota Maïa Mazaurette (scrittrice, giornalista e blogger, ndr), lo assimilano a una donna o a un omosessuale e rivelano quindi i retropensieri sessisti e/o omofobi dei loro autori (e va detto che uno di questi lavori è di Coco, che è donna). Di fatto, dopo la Rivoluzione del 1789 (ma anche da prima, dall’ epoca dei ‘’libertini’’) c’ è in Francia la tradizione di ricorrere a disegni di carattere sessuale per attaccare le persone che si detestano. Ma si trattava in genere di disegni con allusioni sottili e senza firma.

 

Ora, grazie ai progressi della stampa satirica dopo Hara Kiri, possono tranquillamente andare in giro disegni ‘’liberatori’’ tipo quelli che si vede all’ interno delle toilette pubbliche e le firme di rivendicazione. L’ azione resta un po’ puerile: titillare i limiti della libertà di espressione è una cosa, ma nessuno impedisce di riflettere sulle conseguenze dei propri atti, in particolare sulle conseguenze possibili sulla libertà di espressione.

 

In Francia, Charlie Hebdo potrà indubbiamente pubblicare tutto quello che gli va, ma è possibile che la giurisprudenza relative alla blasfemia o il diritto di critica siano resi più severi in molti paesi in cui la maggioranza, mussulmana, cristiana o hindù, sia fortemente legata alle sue tradizioni religiose e che si sentano offesi non solo dalla blasfemia ma anche dall’ insulto religioso: Charlie non fa altro che mettere in moto dei meccanismi di fronte a un pugno di wahabiti in Francia, ma nello stesso tempo invia un messaggio di scarso rispetto a intere popolazioni nel mondo che non sono in grado di capire o di immaginare che ‘’non c’ è niente di personale’’.

 

Ci si potrebbe divertire a rifare gli stessi disegni, ma insultando altre personalità legate alla religione: Buddha, Confucio, Guru Nanak (il fondatore del sikhismo), Gandhi. Ma questo sembrerebbe completamente fuori luogo, inutilmente violento e, come dicono gli anglosassoni, ,… « insensitive » — una parola che forse non è resa del tutto dalla traduzione « insensibile ». E, se in Iran si facessero dei disegni osceni su Voltaire, Victor Hugo, Louise Michel, Jean Jaurès o altre vacche sacre della sinistra e della libertà, come verrebbe preso? Sarebbe ‘’una guerra santa’’? O ‘’una boutade’’?

 

C’ erano altre cose in questo numero di Charlie, come questa doppia pagina sul declino della stampa di opinione.

 

 

Temo che i disegnatori di Charlie Hebdo ci confessino, senza volerlo, che la loro visione dei mussulmani non sia meno soffocata dalla paura e dal disprezzo di quanto non siano i telegiornali più reazionari.
Personalmente non ho molta simpatia per le religioni in generale, ma non vedo che interesse ci possa essere nell’ offendere delle persone che, in grandissima maggioranza, non chiedono altro che di vivere tranquillamente ma si sentono umiliate dallo sguardo che viene loro rivolto, che non vedono la loro religione come una opinione ma come una parte della loro identità.

 

E il fatto che questo sentimento sia esacerbato da una propaganda virulenta dei salafiti, sostenuti da immensi capitali provenienti dal Golfo (religione dei poveri, ahimé) non giustifica che uno ci partecipi. Non c’ è che una regola nella satira: per funzionare bisogna che possa essere intesa come tale – basta un attimo di riflessione.

 

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