I dati sul sociale sono on line (… ma non sono Open)

Nasce la “Guida all’informazione sociale on line” di Redattore Sociale, uno strumento rivolto a giornalisti e  operatori con l’intenzione di rispondere alle esigenze di informazioni e dati specifici sui temi del welfare, del disagio sociale, dell’impegno nel volontariato e nel terzo settore  –  Centinaia di schede per 28 aree tematiche, oltre 100 tag , documenti ufficiali, tabelle di sintesi, migliaia di numeri e grafici e molte correlazioni per provare a “offrire non solo i dati, ma anche una loro lettura ragionata e un contesto entro cui collocarli”

di Andrea Fama

 

“Sapevi che gli immigrati versano 7 miliardi di contributi all’Inps? E che hanno 993 mila figli minorenni? Nelle nostre carceri, invece, ci sono 146 detenuti ogni 100 posti letto! Quanti sono i disabili nel mondo? 650 milioni. I senza dimora in Italia? Tra 50 e 60 mila. Sapevi che in 8 anni lo Stato ha incassato dai giochi 309 miliardi? E che in Italia hanno sequestrato 20 tonnellate di hashish in un anno? Sono 3 milioni le persone con disturbi alimentari. Quante le coppie che si separano? 86 mila solo l’anno scorso. E quanti sono i single? Più di 4 milioni. Lo sapevi che… “.

 

Domande e risposte dalla “Guida all’informazione sociale on line” (qui per il demo gratuito – il servizio è in abbonamento al costo di 30 euro all’anno) dell’Agenzia Redattore Sociale, uno strumento rivolto a giornalisti e operatori con l’intenzione di rispondere alle esigenze di informazioni e dati specifici sui temi del welfare, del disagio sociale, dell’impegno nel volontariato e nel terzo settore.

 

Centinaia di schede per 28 aree tematiche, oltre 100 tag , documenti ufficiali, tabelle di sintesi, migliaia di numeri e grafici e molte correlazioni linkabili per provare a “offrire non solo i dati, ma anche una loro lettura ragionata e un contesto entro cui collocarli”.

 

Si tratta di temi che spesso sui media non trovano il giusto spazio (in termini di qualità oltre che di quantità), e quello che c’è spesso è affogato di sensazionalismo, populismo piuttosto che superficialità. Pensiamo all’immigrazione, ad esempio.

 

La caccia al titolo che accompagna molti episodi di cronaca “connotati etnicamente”, commenti e ricostruzioni che lasciano facile spazio al pregiudizio fuorviante, ritratti di mostri e casi di pietà.

 

Ma dov’è l’approfondimento? Dov’è l’analisi? Com’è la realtà?

 

Lettori e giornalisti, operatori e cittadini, possono trovare un’utile bussola nei dati che accompagnano il fenomeno migratorio e che lo fotografano per quello che è – senza inopportuni ritocchi al Photoshop.

 

Gli immigrati in Italia sono 4 milioni 968 mila, cui si aggiunge circa mezzo milione di irregolari (Dossier Statistico Caritas/Migrantes, 2011). Il loro contributo demografico contro l’inarrestabile invecchiamento della società italiana è indispensabile, incidendo per il 14% dei nuovi nati in Italia (18,4% considerando i nati da madre straniera e padre italiano), che in termini assoluti sono sempre di meno.

 

Ma i media parlano poco di macrodati demografici; si parla ossessivamente di crisi, con tutto il nuovo vocabolario che essa comporta e che abbiamo imparato a conoscere. Si parla meno, invece, del fatto che i 2 milioni 89 mila lavoratori stranieri (Istat, 2011) versano nelle casse dello Stato italiano oltre 7 miliardi annui di contributi pensionistici. O che il numero delle imprese gestite da stranieri è aumentato nel 2010 di 20 mila unità, arrivando nel complesso a 228.540 e rivelando un dinamismo imprenditoriale maggiore rispetto agli italiani in termini percentuali.

 

Guardando ai dati, poi, si rischia pure di dare ragione a chi pensa che gli immigrati ci rubano il lavoro perché “costano poco”: nel 2010, infatti, la retribuzione media mensile netta dei lavoratori immigrati regolari è stata inferiore di circa 300 euro (-24%) a quella degli italiani (rispettivamente 973 e 1.286 euro), divario che aumenta fino al 30% per le donne (788 per le straniere e 1.131 euro per le lavoratrici italiane). Ma è lecito parlare di ‘concorrenza sleale’ o si dovrebbe piuttosto parlare di discriminazione? Insomma, è colpa dell’immigrato masochista e snob che disdegna il denaro o del datore di lavoro poco virtuoso?

 

Ebbene, spesso qualche numero è più efficace – e senz’altro più attendibile – di lenzuolate di parole a inquadrare correttamente una notizia ed il fenomeno che le sta dietro.

 

D’altronde, che i media bistrattino l’immigrazione non è una novità (altrimenti non ci sarebbe bisogno di dotarsi della Carta di Roma e di relativa associazione). E a documentare questo stato di cose ci ha pensato Lunaria con Cronache di ordinario razzismo, secondo Libro Bianco dell’associazione che raccoglie una selezione degli 861 casi di discriminazione e di razzismo monitorati sulla stampa e sul web tra il 15 luglio 2009 e il 31 agosto 2011, attraverso cui è ricostruita l’evoluzione del razzismo quotidiano nel nostro paese nelle diverse sfere della vita pubblica.

 

Quando l’informazione disinforma, svia, abbozza, affidarsi a dati e informazioni ufficiali è un modo serio per provare a conoscere e magari contribuire in maniera obiettiva al dibattito.

 

Certo, se poi i dati sorgente alla base di strumenti come la Guida del Redattore Sociale fossero aperti, il dibattito si arricchirebbe di contributi esponenziali da parte di una comunità ancora più ampia di quella che già a Capodarco svolge da dieci anni un ottimo lavoro di documentazione sui temi del sociale.