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WikiLeaks: non è un nuovo modo di fare giornalismo, ma ricorda a certi giornalisti come si fa


Non credo che WikiLeaks abbia inaugurato un nuovo modo di fare giornalismo. Credo invece che abbia ricordato a certi giornalisti come si fa il proprio mestiere.
Lo sostiene Fabio Chusi, blogger e autore di ‘’Nessun Segreto’’ , il saggio-biografia su Julian Assange edito da Mimesis per la collana ”Il caffè dei filosofi”.

Certo – spiega Chiusi in una intervista a Ninjamarketing – , ‘’lo strumento utilizzato da WikiLeaks è sostanzialmente nuovo, ma ciò che consente di fare è tutto sommato giornalismo tradizionale: protezione della propria fonte, scrutinio della validità dei documenti, analisi del loro significato, contestualizzazione, traduzione in una storia comprensibile ai lettori. Con una differenza: WikiLeaks consente a chiunque ne abbia tempo, voglia e capacità di diventare a sua volta un buon giornalista d’ inchiesta. Perché il materiale è lì, a disposizione di tutti’’.

Chiusi racconta nell’ intervista di aver utilizzato per il suo saggio ‘’principalmente le testimonianze di prima mano contenute in alcuni libri, come quelli dell’ex numero due di Assange, Daniel Domscheit-Berg e dei giornalisti del Guardian, David Leigh e Luke Harding, che hanno lavorato a stretto contatto con Julian. Per la sua biografia mi sono servito del racconto, anch’esso preso in prima persona, di Raffi Khatchadourian per il New Yorker, oltre agli scritti dello stesso Assange e ai racconti fatti in svariate interviste. Quando possibile, ho sempre cercato di risalire ai documenti originali. Per la parte più «filosofica», invece, il lavoro è stato principalmente di ricostruzione del dibattito apparso in rete su siti e blog più o meno conosciuti’’.

‘’Ma – aggiunge Chiusi – ho anche intervistato due «guru» del settore, Micah Sifry, ideatore del Personal Democracy Forum, e Gabriella Coleman, forse la maggiore esperta di antropologia hacker. Un lavoro non semplice, dato che su molti aspetti del suo «pensiero», Assange è criptico, frammentario o, più semplicemente, non ha mai scritto o detto nulla. E che parlare direttamente con Assange, come è facile immaginare, mi è stato impossibile. Quanto al criterio di scelta, ho dato la priorità alla solidità delle argomentazioni’’.
Per quanto riguarda le ricadute del Cablegate nell’attuale scenario politico internazionale, ‘’è presto per dirlo – osserva Chiusi -. Solo una piccola percentuale dei circa 250 mila cablo in possesso di WikiLeaks e di alcuni suoi media partner, infatti, sono stati pubblicati. E non è trascorso abbastanza tempo per poter valutare con serenità e correttezza la loro influenza sullo scacchiere geopolitico. Eppure in Italia si è parlato di «tempesta sul mondo», «11 settembre della democrazia» o, al contrario, «gossip scadente». Il nostro ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha addirittura detto che Assange vuole «distruggere il mondo»: un obiettivo stravagante per chi continua a collezionare riconoscimenti per le sue battaglie in favore dei diritti umani. Stando a quanto pubblicato, comunque, si può dire che i cablo hanno avuto maggiore risonanza effettiva in India, Paraguay, dove hanno comportato sconvolgimenti politici, e in Tunisia, dove potrebbero avere aiutato a scatenare la miccia della rivolta popolare, che negli Stati Uniti’’.

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