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Un sindacato dei media invita i blogger a boicottare l’ Huffington Post

La Newspaper Guild (26.000 associati fra giornalisti e uomini della comunicazione) accusa la testata appena acquisita da AOL di indebolire il giornalismo e di sfruttare i blogger non pagandoli – L’ HuffPo replica sostenendo di avere 160 redattori e cronisti a tempo pieno regolarmente pagati, mentre la gran parte dei blogger non sarebbero ‘’giornalisti professionali’’ – Un giornalista di Forbes ha esaminato le biografie di un centinaio di collaboratori non pagati del sito, scoprendo che in effetti molti di loro non vivono di giornalismo – Ma, aggiunge Forbes, usare come fa il sito la scusa che non sono degli articolisti per professione per non pagarli e quindi contribuire a render loro la vita difficile ‘’è proprio una bella ipocrisia’’

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La Newspaper Guild, l’ Associazione sindacale americana che conta 26.000 associati fra giornalisti e uomini del mondo della comunicazione, ha lanciato una campagna di boicottaggio contro l’ Huffington Post invitando i blogger che fino ad ora hanno scritto gratuitamente per la testata online a bloccare la loro collaborazione.

Si tratta della seconda iniziativa del genere dopo la protesta lanciata da Bill Lasarow, direttore di Visual Arts Source, una testata che collaborava con l’ HuffPo, chiedendo ‘’un giusto sistema retributivo per tutti i collaboratori e gli autori di blog che hanno contribuito col loro lavoro al successo del portale’’.

Accusato di indebolire il giornalismo e di sfruttare i giornalisti,  il sito, acquisito qualche settimana fa da AOL per 315 milioni di dollari (vedi Lsdi), l’ HuffPo ha replicato respingendo le accuse.

“Siamo perfettamente d’ accordo con la missione della Newspaper Guild di assicurare ai professionisti dei media un corretto compenso’’, ha detto il portavoce di HuffPo Mario Ruiz rispondendo al documento del sindacato. “In redazione infatti abbiamo 160 redattori e cronisti a tempo pieno, 17 dei quali assunti da pochi giorni. Tuttavia, facciamo una distinzione fra gli addetti della nostra redazione (regolarmente pagati) e i nostri blogger – gran parte dei quali non sono degli articolisti-giornalisti professionali (professional writers) ma provengono da vari altri settori della società, trattandosi di  impiegati, studenti, professori, attivisti, dirigenti di associazioni non profit’’.

In altre parole – osserva su Forbes Jeff Bercovici -, Huffpo non approfitta di nessuno perché gran parte della gente che scrive sui blog gratuitamente non dovrebbe essere in alcun modo ricompensata. Giusto?

Dipende ovviamente da che cosa si intende per ‘’giornalista professionale’’ e forse anche da quale definizione si dà di ‘’gran parte’’. Bercovici ha analizzato le biografie degli ultimi 100 autori di post pubblicati su HuffPo per varificare che fanno per vivere. Suona strano, ma la gran parte di loro sono pluri-professionali: ci sono autori/professori, consulenti/attivisti/avvocati, attori/produttori/commediografi, psicologi/motivazionisti e altro. C’ è un dentista, il dr. Harold Katz, ritenuto unanimamente dai media come ‘’la massima autorità’’ nel campo della respirazione. C’ è Craig “Meathead” Goldwyn, esperto di barbecue ed evangelista dell’ edonismo, “mangiatore, bevitore, scrittore, fotografo e insegnante che vive nella zona di Chicago’’. E c’ è Deepak Chopra, che sull’ HuffPo si definisce, fra l’ altro, come “il poeta-profeta della medicina alternativa”.

E’ vero che meno di 25 dei 100 blogger analizzati – spiega Bercovici – si riconoscono prima di tutto come dei giornalisti professionali. Ma quel numero cala notevolmente se si contano gli sceneggiatori, gli autori di canzoni, i produttori di documentari e gli autori satirici. Per lo meno la metà dei blogger hanno scritto e pubblicato dei libri. Molti dei professori scrivono regolarmente per testate come The Nation e The New Republic.

Poi ci sono i tanti che vogliono cambiare mestiere, gente che spera di portare le proprie esperienze come chef o assistente o casalinga sul carro della scrittura. HuffPo sostiene che aiuta queste persone a raggiungere i loro obbiettivi dando loro una piattaforma di grandissima visibilità in cui direttori o editori potranno accorgersi di loro. La Newspaper Guild sostiene che il comportamento di Huffpo nei loro confronti è molto pesante perché svaluta il tipo di scrittura che essi vogliono fare. Probabilmente hanno ragione entrambi. La blogosfera dai contenuti gratuity è il classico  “dilemma della ‘’tragedy of the commons” in cui ognuno individualmente guadagna stando in un sistema che però globalmente fa male alla collettività.

Se la vostra definizione di ‘’giornalista professionale” si riferisce a qualcuno che con lo scrivere guadagna quello che gli serve per vivere, allora è probabile che la maggior parte dei blogger di HuffPo non sono dei ‘’giornalisti professionali’’. Ma è chiaro – conclude Bercovici – che molti di coloro che non si  adattano a quella definizione vorrebbero essere in quelle condizioni, per poter guadagnare più facilmente qualche dollaro. Per HuffPo usare il loro fallimento nel guadagnarsi la vita come prova del fatto che non sta approfittando di loro proprio mentre invece sta contribuendo a render loro più  difficile campare… bene, io direi che è una bella ipocrisia.

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