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Un manifesto per un giornalismo ”aumentato”

”C’ è ancora bisogno dei giornalisti?” – Alla domanda che fa da titolo al suo saggio sul futuro del giornalismo (e dei giornalisti), Eric Sherer, direttore delle strategie digitali e delle relazioni internazionali legate ai nuovi media a France Télévisions, risponde ”sì, a patto che i giornalisti sfuggano alla trappola dello status quo e si sappiano reinventare – Intrecciando con i saperi tradizionaliqualità di scrittura, capacità di ricostruzione e di ascolto, apertura di spirito, gusto e dono per l’ inchiesta, deontologia, qualità di giudizio delle informazioni, spirito critico. – le nuove pratiche : capacità di orientarsi nello ”tsunami informazionale globale” e fiuto nella scelta, valutazione, verifica, aggregazione, link fra gli avvenimenti, le idee e le persone – Il giornalista, proclama Scherer, non può essere lo spettatore di una rivoluzione in corso, in cui il più grande nemico è proprio lui stesso quando ignora il capovolgimento in corso. Non può ritrarsi da questa nuova conversazione mondiale e restare su un piedistallo che non esiste più 

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Esce in Francia ” A-t-on encore besoin des journalistes?’ saggio di Eric Scherer ( direttore delle strategie digitali e delle relazioni internazionali legate ai nuovi media per FranceTélévisions) sul futuro del giornalismo e dei giornalisti: la risposta è sì, a patto che il giornalismo sappia reinventarsi, diventando ”giornalismo aumentato”, come suggerisce ancora Scherer nel titolo del libro (edizioni Puf, 208 pagine,19 euro), che rappresenta una sorta di ”Manifesto del giornalismo aumentato”.

 

Il termine fa riferimento al concetto di ‘’realtà aumentata’’, cioè la dimensione prodotta dalla sovrapposizione di livelli informativi (elementi virtuali e multimediali, dati geolocalizzati, ecc.) all’esperienza reale di tutti i giorni (Wikipedia) attraverso vari dispositivi come, per esempio, un telefonino di ultima generazione,

Ecco, per Eric Scherer, il ”giornalismo aumentato” è quello che ai saperi tradizionali – qualità di scrittura, capacità di ricostruzione e di ascolto, apertura di spirito, gusto e dono per l’ inchiesta, deontologia, qualità di giudizio delle informazioni, spirito critico – sa intrecciare le nuove pratiche: la capacità di orientarsi nello ”tsunami informazionale globale” e il fiuto nella scelta. E, ancora, la valutazione, la verifica, l’ aggregazione, i link fra gli avvenimenti, le idee, le persone.

Il giornalista non può essere lo spettatore di una rivoluzione in corso, in cui il più grande nemico è proprio lui stesso quansdo ignora il capovolgimento in corso. Non può ritrarsi da questa nuova conversazione mondiale e restare su un piedistallo che non esiste più, – dice Scherer nell’ introduzione al suo libro.

Eccone alcuni brani.

di Eric Scherer
”Il pubblico ha imparato a navigare, esplorare, scoprire, riassemblare e pubblicare. Tutti sono diventati editori! Non ci sono mai stati tanti strumenti e apparecchi per entrare in contatto con un numero così rilevante di fonti. Quindici anni fa il mondo che arrivava fino a noi passava al vaglio di media e giornalisti, che dettavano alle masse le loro scelte. Questo oligopolio è finito. Il giornalista non è più solo a dire al mondo che cosa è. Non è più il solo storico del presente e dell’ evoluzione delle nostre società.

L’ informazione, in abbondanza infinita e di estrema freschezza, viene diffusa sempre più per flussi a getto continuo, è spezzettata, frantumata, e non entra più nelle vecchie macine del passato: stampa scritta, radio, televisione. Internet ha mischiato e assorbe tutte le piattaforme. Sono dei nuovi apparecchi che il modo con cui viene consumata: computer, tablet, lettori di e-book, telefoni cellulari, televisioni, ecc. Essa non è più conservata nei nostri dischi rigidi o in server localizzati, ma nelle ”nuvole”.

Come altre grandi istituzioni superate del 20° secolo, i media hanno molta difficoltà a reinventarsi. Come nel Rinascimento, un grande periodo di dubbi subentra a un periodo di obbedienza riverente.

Tutti ora sanno che non è più possibile fare come prima. Tutti sanno che il futuro, che arriva sempre più rapidamente del previsto,non somiglierà all’ epoca che ha preceduto internet, il web 2.0 o la crisi economica”.

Il nostro mondo è cambiato e continua a cambiare velocemente: la Rete ingloba le parti più significative delle nostre attività e delle nostre vite personali e professionali, che ora passano più per il monitor che per la carta. Il successo straordinario di applicazioni facile da usare (come l’ iPHoine) rende già quasi vecchi gli internauti e gli stessi siti web.

Dunque dobbiamo reinventare il nostro mestiere in un quadro radicalmente nuovo. E cominciare con l’ ammettere l’ ampiezza dei mutamenti nella produzione, la diffusione e il consumo dell’ informazione, tutto ciò che al cuore dell’ attività stessa dei giornalisti”.
Allora, c’ è ancora bisogno di giornalisti?

Insomma, c’ è ancora bisogno di giornalisti? Certo ma in maniera diversa.

Le qualità fondamentali di un giornalista sono più che mai attuali: qualità di scrittura, capacità di ricostruzione e di ascolto, apertura di spirito, gusto e dono per l’ inchiesta, deontologia, qualità di giudizio delle informazioni, spirito critico. Ma non bastano più. Ci vogliono anche soprattutto l’ esperienza, la trasparenza, l’ umiltà e la credibilità per ritrovare una fiducia che tende a svanire.

E, soprattutto, il giornalismo si è ristretto: la sua parte nel consumo quotidiano di informazione è calata. I suoi rappresentanti non sono più i soli mediatori, i soli guardiani del tempio, il passaggio obbligato delle conoscenze verso il grande pubblico. Non sono i soli volgarizzatori di un mondo complesso. Non sono più i soli a poter metterci in contatto col resto del mondo. Non sono più i soli ad avere accesso, a detenere o a poter pubblicare l’ informazione.

Oggi, l’ informazione è più un avvio di conversazione che un elemento concluso e fissato d’ autorità. E il suo trattamento è più un filtraggio che il sigillo di una autorità incontestata.

Ma il giornalismo può crescere (aumentare) di nuovo. Il suo potere sarà allora meno nella produzione propria dell’ informazione che in una missione indispensabile di filtro dello tsunami informazionale globale. Più nella scelta, la valutazione, la verifica, l’ aggregazione, i link fra gli avvenimenti, le idee, le persone. I migliori, i più pertinenti, saranno coloro che sapranno dare l’ informazione migliore nel momento migliore a coloro che ne avranno bisogno. Scommettiamo che sarà un giornalismo ”aumentato” di maggiore trasparenza e umiltà nelle sue pratiche, nel mestiere, nei suoi retroscena, nelle sue inchieste, le sue fonti, le sue connessioni, ecc.

Per questo bisognerà reinventarlo. Tutti vanno a tentoni ma non è più il tempo di domandarsi se bisogna lasciar passare il treno oppure mettere un piede nella porta. Non è neanche più tempoi di innovare, ma è tempo di trasformarsi. Non è più il momento di « adapt or die », ma di « change or die ».

Perché, mentre i media tradizionali recalcitrano di fronte al digitale, il pubblico e gli inserzionisti, spesso più avvertiti sul piano tecnologico, vanno semplicemente a guardare altrove.

Per i giornalisti esiste la speranza di continuare ad essere un vettore essenziale dell’ informazione seria, perché mai come oggi hanno avuto la possibilità di raccontare il mondo in maniera così efficace raccogliendo, filtrando, conversando, collegando, mostrando, grazie a un ventaglio incomparabile di nuovi strumenti.

Speranza anche di avere un ruolo determinante da giocare per lottare contro la tirannia della scelta sul web e l’ infobesità, che minacciano di condurre al collasso dell’ attenzione. .Speranza infine con l’ arricchimento continuo dell’ informazione da parte del contesto editoriale e tecnologico.
E’ un buon periodo per i giornalisti che sono, come dice lo scrittore Érik Orsenna, « nel ruolo di osservatori proprio nel momento in cui il mondo cambia ». E’ un momento entusiasmante per dei giornalisti rivoluzionari e responsabili, sovversivi e digitali!

Il giornalista non può essere lo spettatore di una rivoluzione in corso, in cui il più grande nemico è proprio lui stesso, se ignora il capovolgimento in corso. Non può ritrarsi da questa nuova conversazione mondiale e restare su un piedistallo che non esiste più.

I giornalisti, come altri, hanno reagito con lentezza. Sanno ormai che devono reinventarsi il lroo ruolo. Altrimenti sarà questo nuovo pubblico, che ormai ha le mani sui loro strumenti, che determinerà, da solo, se questi ultimi devono restare utili e pertinenti. Ma senza di loro?

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