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Twitter: giornalismo o solo strumento?

Il dibattito sul ruolo della piattaforma di microblogging si allarga anche dopo le vicende nordafricane – I contributi di Brian Solis, Michael De Monte, Peter Preston , Carlo Formenti  e i commenti agli articoli non danno risposte definitive – Ma non può che essere così – In ogni caso, giornalismo o strumento, si è guadagnato l’ attenzione di tutto il sistema mediatico mainstream

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a cura di Claudia Dani

Twitter è giornalismo, oppure è uno solo uno strumento utile al giornalismo? Continua il dibattito sul ruolo della piattaforma di microblogging in campo giornalistico, alimentato anche dalle drammatiche vicende di questi giorni in Nord Africa. La discussione, fra l’ altro,  è stata al centro di uno  scambio di idee sul Bloomberg Business Week dal titolo dal titolo ‘Twitter non è giornalismo. Può riportare fatti, ma non può essere definito un veicolo giornalistico. D’ accordo o contrario?’.

Il sito ha raccolto i pareri di Brian Solis, esperto di new media, contrario all’ assunto del titolo, e Michael De Monte, CEO di ScribbleLive, che invece ritiene il ‘’cinguettio’’ solo uno strumento come altri.

Solis parte comunque dal presupposto che la domanda posta non sia quella giusta. Il titolo assegnato al dibattito dal Business Week come proposta – dice – è contraddittorio.  Suggerisce che Twitter come piattaforma possa essere o non essere giornalismo, semplicemente. La discussione, secondo Solis, andrebbe invece spostata sull’ azione del ‘cinguettare’ e su che cosa essa sia. E pone anche il problema se Twitter debba essere protetto dagli stessi diritti come gli altri media.

Allora forse, suggerisce Solis,  la domanda sarebbe posta meglio in questo modo: ‘può twitter rappresentare un’ atto giornalistico?’

In pratica, se Twitter è una piattaforma e se il giornalismo è un’azione, twitter può costituire un atto giornalistico? Vi sono punti a favore di entrambe le posizioni, ma la cosa rilevante, secondo Solis, è che il dibattito si sia molto ampliato e abbia coinvolto più persone.

Secondo Michael De Monte, contrario all’opzione di considerare twitter come giornalismo, l’ uccellino funziona bene nel fornire link a storie esistenti, ma, con il dovuto rispetto per quelli che lo considerano il futuro dell’ informazione, non è un mezzo desiderabile e utilizzabile per il giornalismo. Le sue stesse limitazioni strutturali  lo rendono un media povero e poco efficace per la copertura delle notizie.

Quanto di una storia si può raccontare in 140 caratteri?

Si tratta di un’’gioco’’ fine a se stesso, privo di contesto e di commenti. Insomma è  lo strumento stesso che limita la possibilità di espressione. Non c’ è verso di estendere un articolo oltre ad un link ad una storia che già è stata ricostruita e che quindi non avrà un seguito.

In altre condizioni e con altri strumenti, invece, l’ immediatezza, che è la caratteristica di Twitter, si può combinare con l’autorevolezza, l’ approfondimento e la narrazione. Immediatezza, autorevolezza  e persistenza: questo è il futuro del giornalismo.

Ma, replica Brian Solis, Twitter News Network (TNN) permette di avere le notizie e i trend prima che la stampa li abbia. La realtà è che le notizie non sono più ultime notizie, breaking news, ma sono dei tweet.  Milioni di persone apprendono un fatto nel momento in cui accade. La domanda è: Twitter è giornalismo? Se definiamo il giornalismo come la copertura,  il resoconto delle notizie, beh , sì,  possiamo qualificarlo come una nuova forma di giornalismo.

Si tratta di una mera elencazione di fatti? Solo dopo i media catturano le notizie che sono state già trattate almeno un’ora prima. Definisco questo – dice Solis -, information divide: il tempo che corre fra un evento e quando questo esce su twitter e poi, quando, infine, le agenzie stampa lo ribattono. Ecco perché le redazioni, oggi, monitorizzano twitter costantemente.

Dunque Twitter, secondo Solis,  ha guadagnato un posto nell’economia dell’informazione e questo  fatto non può essere minimizzato.

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Intanto Peter Preston (editorialista per Guardian e Observer) in un articolo dal titolo ‘‘Twitter non è un sostituto del giornalismo di guerra , basta guardare alla Libia’’, sostiene che ‘’il giornalismo partecipativo raggiunge posti in cui i corrispondenti non possono andare, ma i loro resoconti possono essere difficili da verificare’’*.

Certo, afferma Preston, i social network e il giornalismo partecipativo hanno un ruolo reale da giocare. Attraversano i confini, e allertano altri potenziali partecipanti su quello che succederà. Accendono luci dove i regimi repressivi gettano ombre. Ma senza l’opportunità di una verifica immediata diventano strumenti  che le redazioni devono maneggiare con molta cura.

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In un’ altra testimonianza, quella  sul Corriere Economia di lunedì scorso, Carlo Formenti analizza, citando una ricerca dello HP Labs di Palo Alto, alcuni luoghi comuni sul rapporto fra news e informazione amatoriale. La ricerca ha monitorato per 40 giorni decine di milioni di tweets.

La domanda iniziale è come nascono e si propagano i trend di twitter? Il ruolo di opinion  leader lo hanno gli utenti con più followers? È  L’argomento in quanto tale a determinare la sua popolarità non chi lo tweetta, risponde l’ autore. Secondo: ad alimentare il meccanismo del passaparola è il re-tweet. Ma nel periodo monitorizzato il ruolo di megafono lo hanno ricoperto le testate giornalistiche.

La ricerca – continua Formenti – sembra dimostrare con forza che la contrapposizione fra media da una parte e tweet o blog dall’ altra  sia priva di senso. Infatti la prima fonte d’ informazione rimangono i media professionali.  Rimane il fatto che i tweet  svolgono una funzione importante, approvando o scartando temi, ma inseriscono argomenti trascurati dai media solo in minima quantità.  La vera necessità dei media non è combattere i tweet ma innovare i propri modelli di business.

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E’ interessante comunque riportare le voci dei lettori che hanno partecipato al dibattito su Bloomberg Business Week. Vale la pena citarne alcuni, perché spiegano come twitter viene interpretato proprio da chi lo usa.  Ecco cosa emerge, in estrema sintesi:

– Twitter è un canale come qualunque altro, una piattaforma, non è giornalismo, i tweet sono diffusione non atto giornalistico, il pericolo sono i rumors, messaggi falsati, sulla scia dei sentimenti.

– Ancora: è mostrare non dire, non tutti i tweet sono giornalismo, ma lo è se usato dai giornalisti con la loro professionalità, un feed di news, un continuo flusso di notizie, con esso i lettori selezionano quello che voglio sapere.

– È una piattaforma comunicativa, può essere usato per condividere notizie, informazioni, è uno strumento potente e può essere usato dai giornalisti per promuovere le loro storie.

– Un semplice canale di conversazione.

– Un’altra branca dei media, una piattaforma di informazione real time.

– Solamente un’altra fonte di news e dovrebbe essere monitorata per capire quali sono i nuovi trend e le notizie che interessano. Uno strumento del giornalismo, aggiunge all’immediatezza del riportare le notizie, ma non offre molto di cosi profondo o contestualizzato.

– È una parte del giornalismo.

– Ha molti limiti.

– Va usato nel giornalismo.

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*Su questo tema si veda il contributo di Bernardo Parrella, su Lsdi, a proposito dell’ebook che racconta la rivoluzione Tunisina e i rapporti con i social media.

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