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Rientra a Mosca il corrispondente del Guardian espulso dal Cremlino

Luke Harding, il giornalista del Guardian espulso una settimana fa dalla Russia, è rientrato ieri a Mosca e già oggi dovrebbe regolare con il Cremlino la questione degli accrediti che regolano l’ attività dei corrispondenti stranieri nella capitale russa. Intanto il capo della diplomazia russa, Sergeij  Lavrov, è a Londra oggi e domani per una visita diplomatica già in calendario, e il caso Harding sarà sicuramente tra i temi caldi dell’ incontro russo-britannico.

Valentina Barbieri ricostruisce la vicenda che ha richiamato echi da guerra fredda nel quadro del progressivo logoramento dei rapporti fra la Russia e il Regno Unito registrato nel corso degli ultimi anni (basti citare i nomi di Berezovskij o di Litvinenko).

Così, mentre per molti osservatori internazionali, l’ espulsione di Harding può essere letto come un segnale a tutti i corrispondenti stranieri -‘’se vuoi lavorare in Russia tieni la bocca chiusa a chiave” – le autorità russe mirano invece a minimizzare la questione, riportandola all’interno di una cornice legislativa e burocratica.

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di Valentina Barbieri

Sabato 5 febbraio 2011 Luke Harding, corrispondente del “Guardian” in Russia, atterra nell’aeroporto di Mosca dopo settimane di assenza. Il giornalista viene fermato al controllo passaporti e, dopo 45 minuti di attesa, imbarcato sul primo volo per la Gran Bretagna con un visto annullato e quest’unica frase a mo’ di chiosa: “La Russia per Lei è chiusa”.

Il lunedì successivo la notizia appare sul “Guardian” e inizia a circolare in tutto il mondo, richiamando echi di guerra fredda e sollevando domande legate alla libertà di stampa.

L’ultimo episodio simile risale al dicembre 2007, quando il servizio di sicurezza federale russo (FSB) vietò l’ingresso alla giornalista moldava Natalja Morar, corrispondente di The New Times.

La negazione dell’ accesso e l’ annullamento del visto erano trattamenti riservati spesso ai giornalisti stranieri durante il periodo della guerra fredda, quando in ogni corrispondente si vedeva una potenziale spia.

Certo, i rapporti della Russia con la Gran Bretagna si sono logorati molto nel corso degli ultimi anni. Basti citare nomi come Berezovskij o Litvinenko.

Come spiega Stanislav Minin in un interessante approfondimento del giornale Nezavisimaja Gazeta, “I problemi con i funzionari russi e (ohi, ohi, ohi!) con i servizi speciali possono capitare a chiunque. Ma il modo in cui si tratta un corrispondente straniero è una questione politica, delicata. Una cosa è non prolungare la validità del visto. E’ una questione di procedura, di ordine privato. Diverso è rimandare indietro un giornalista all’aeroporto. E’ un gesto duro, un tono duro, quindi, uno scandalo. Ci sono paesi con cui la Russia non si permette di provocare scandali. Ma ci sono paesi nei cui rapporti lo scandalo è naturale, organico, e noi ci creiamo scandali in maniera elegante, di anno in anno perfezioniamo la maestria. La Gran Bretagna è la prima in questa lista. (…)

Il carattere incline allo scandalo delle relazioni russo-britanniche è il contesto in cui, si capisce, sarà inserito ogni incidente con un giornalista britannico, con l’assistente russa di un deputato britannico, con un diplomatico russo.”

E mentre le spiegazioni ufficiali dell’espulsione di Harding tardavano ad arrivare, la stampa straniera ha collegato rapidamente la decisione con il fatto che Harding avesse riportato nei suoi articoli stralci di documenti di Wikileaks in cui si definiva la Russia uno “stato mafioso”. Nel 2007 inoltre Harding aveva ipotizzato che Vladimir Putin fosse beneficiario dell’azienda svizzera Gunvor.

Tutto questo, secondo fonti anonime riportate dalla BBC, avrebbe concorso a farlo inserire era nella lista di persone di cui non era gradito l’ingresso in Russia.

La motivazione ufficiale dell’espulsione di Harding è arrivata a giorni di distanza dal fatto in una nota del Ministero degli esteri: “il giornalista ha commesso una serie di violazioni alle norme lavorative dei corrispondenti stranieri”. In particolare “è andato a Londra per motivi personali, non avendo ritirato il certificato di corrispondente straniero, pur sapendo che ciò era necessario”.

Questa versione è stata definita “divertente” da Harding  e rifiutata anche dal Guardian, per cui non può essersi trattato di un mero errore amministrativo perché già a novembre del 2010 il giornalista era stato espulso dalla Russia. In quell’occasione l’intervento del governo britannico aveva fatto sì che l’espulsione fosse posticipata a maggio 2011 in modo che i suoi figli potessero finire l’anno scolastico in Russia.

Quella decisione, spiega Harding stesso, era basata su due principali motivazioni: l’aver partecipato nel 2009 con i colleghi del Guardian e Greenpeace ad un tour nella penisola dello Jamal senza che fossero avvertite le autorità ed essere stato arrestato dai collaboratori del FSB in Inguscezia nell’aprile 2010. Harding sostiene che in questa seconda occasione era stato invitato direttamente dal presidente Evkurov; altre fonti dicono che il giornalista si trovava lì per raccogliere informazioni sulla guerriglia indipendentista islamica.

Alan Rusbridger, direttore della testata, evidenzia la preoccupazione che il governo russo possa applicare questo procedimento anche ad altri reporter poco graditi. Per Rusbridger la scelta avrà “serie conseguenze per la libertà di stampa”.

Per il Financial Times la vicenda di Harding è strettamente collegata alle relazioni tra Russia e Gran Bretagna, è un modo di chiudere i conti. Secondo Stefan Wagstyl di FT l’espulsione dalla Russia di Harding si riflette, che si voglia o meno, si contrappone ai tentativi del Cremlino di migliorare l’immagine della Russia. Opinione che trova concorde anche Ljudmila Alekseeva, attivista dei diritti umani per cui le autorità russe sono evidentemente tornate ad una prassi dell’epoca sovietica per cui la colpa per le notizie stupide ricadeva sul messaggero. “Non è solo pressione sulla libertà di parola ma anche un colpo all’immagine del paese. Noi vogliamo entrare nel WTO, in Europa, e allo stesso tempo non lasciamo entrare i giornalisti.”

Anche secondo il direttore dell’Unione dei giornalisti russi, Vsevolod Bogdanov, questo gesto può arrecare danno all’autorità del paese: “Il Guardian ha molta autorevolezza nel mondo, i suoi giornalisti lavorano secondo un codice etico e si preoccupano della propria reputazione. Per questo non mi piace quello che è successo.”

Reporters senza frontiere ha dichiarato l’accaduto “un atto grave e scioccante”. Per Elsa Vidal, direttrice della sezione europea, il fatto che sia capitato ad Harding ha un preciso significato. “Harding è un giornalista con esperienza, un professionista, lavora in Russia da 4 anni, non è un novellino. La sua espulsione è un chiaro segnale a tutti i corrispondenti stranieri: se voi lavorare in Russia tieni la bocca chiusa a chiave”.

I toni delle autorità russe mirano invece a minimizzare la questione, riportandola all’interno di una cornice legislativa e burocratica. Il direttore del Consiglio del presidente per lo sviluppo della società civile e i diritti dell’uomo, Michail Fedotov, manifesta una certa solidarietà a Harding: “Se Harding o il suo giornale si rivolgono al Consiglio cercheremo ovviamente di aiutarli ma, è chiaro, la decisione non dipende da noi.

E’ decisamente meno solidale Sergej Lavrov, capo degli esteri russo, per cui Harding ha semplicemente subito le conseguenze di ripetute violazioni delle norme russe. “L’avevamo avvisato che aveva più volte violato le norme di ammissione e accredito in Russia. E più volte è stato nelle zone in regime di operazione controterroristica e aveva ricevuto il monito del servizio di sicurezza, che Harding era obbligato a mettere a conoscenza della propria presenza”.

Lavrov sarà a Londra il 14 e 15 febbraio per una visita diplomatica già in calendario e il caso Harding sarà sicuramente tra i temi caldi dell’incontro russo-britannico.

Per quanto riguarda la vicenda personale del giornalista, Luke Harding risulta rientrato in Russia domenica 13 e già oggi potrà ricevere  l’accredito di giornalista presso il ministero degli esteri russo.

Ora la faccenda passerà ai piani diplomatici.

Fonti: BBC, Echo Mosvky, Svoboda News, Inopressa, Reporters sans frontieres, Vedomosti, Kommersant, DW, Nezavisimaja Gazeta, Moskovskij Komsomolec, Nesavisimaja Gazeta, Nezavisimaja Gazeta, Echo Mosvky

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