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HuffPo-AOL: una bolla anche per il Web 2.0?

Uno dei numerosi collaboratori volontari dell’ Huffington Post racconta perché, se finora, come tanti suoi colleghi, ha scritto gratis per Arianna, non lo farà più per AOL –E sostiene che il costo esagerato dell’ operazione potrebbe essere un altro segnale del fatto che anche in questo scorcio della seconda era dei media digitali si starebbe formando una bolla destinata a scoppiare

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L’ acquisizione di Huffington Post da parte di AOL potrebbe essere il punto di viraggio del favoloso Web 2.0, il segno che anche la seconda grande era di internet, come è accaduto per il Web 1.0, è una bolla destinata a scoppiare.

Lo teme Douglas Ruskhoff, uno delle centinaia di collaboratori non pagati di HuffPo, secondo cui la cifra pagata per l’ acquisizione sarebbe esagerata di fronte al fatto che il sito rilevato –l’ HuffPo – avrebbe già toccato il suo massimo sviluppo possibile.

Secondo il giornalista, questo accordo, insieme alla fusione del Daily Beast con Newsweek e all’ intenso maquillage che sta facendo  Facebook in vista di una sua IPO, l’ offerta pubblica iniziale di azioni, costituirebbe un segnale del fatto che anche in questo scorcio della seconda era dei media digitali si starebbe formando una bolla destinata a scoppiare.    

Ma il commento sul Guardian – intitolato Huffington Post and AOL: the end of Web 2.0 – ha consentito soprattutto a Rushkoff di spiegare perché, come molti suoi colleghi, se finora ha scritto gratis per l’ Huffington non lo farà certo per AOL.

Perché l’ acquisizione di HuffPo è sembrata così strana a molti di noi che per anni hanno contribuito al sito? Perché scriviamo per HuffPo gratuitamente e – poiché è Arianna – lo facciamo senza risentimento. Certo, c’ è del valore che viene estratto dal nostro lavoro, dagli inserzionisti o da chi altro sia, ma il senso era sempre che stavamo scrivendo per Arianna, contribuendo a un impero che spendeva i propri profitti per portare in pullman la gente a vedere Jon Stewart e Stephen Colbert fare i loro spettacoli (di satira politica, ndr) in teatro a Washington. Naturalmente ci sono anche dei benefit compensativi – come citazioni, successo e vendite di libri – ma era uno scambio soft basato su un intento condiviso, e la partecipazione a una comunità che sfuggiva alla sfera di influenza dei grandi gruppi editoriali.

Sentendo dell’ acquisizione di HuffPo da parte di AOL, il mio primo impulso è stato urlare ‘’hurrà per Arianna!’’. L’ intero sito si è mosso per lei, rimuovendole per sempre l’ etichetta della ex moglie di un senatore (repubblicano, ndr) e trasformandola in una delle voci preminenti del movimento progressista di questo decennio. Tutto il sito è diventato così denso che non era facile trovare nel web qualcosa che fosse più valido dei suoi contenuti – un segno sicuro del fatto che un aggregatore ha già superato i suoi giorni migliori.

Ma, se i termini dell’ accordo sono quelli citati finora, Arianna non ha fatto zig, ma zag: non lascia l’ editoria per la politica. Piuttosto, prenderà il timone del settore informazione di AOL, da  Engadget alla piattaforma di giornali locali online che fanno capo a Patch. HuffPo e Arianna ora fanno parte di AOL, sul serio.

Non stiamo assistendo alla fine di HuffPo – ma solo alla fine delle giustificazioni per lavorarci gratis. L’ ho fatto per Arianna. Non voglio farlo per AOL.

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