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Editare è un po’ censurare: ideologia ed emozioni dietro i processi di trattamento delle immagini

Su Culture Visuelle Patrick Peccatte analizza i meccanismi di elaborazione che ha subito una foto di guerra, scoprendo che una una vera e propria operazione di ”censura” a fini di propaganda e di ”costruzione” scenografica somiglia fortemente al procedimento tipico del lavoro redazionale sulle immagini

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La foto qui sopra è stata pubblicata nel giugno 2010, in occasione del 66/o anniversario dello Sbarco in Normandia, da The Big Picture, un sito creato nel maggio del 2008 da Alan Taylor, allora redattore del The Boston Globe, e diventato rapidamente un riferimento importante per i fotoblog dei giornali.

La foto raffigura una coppia in raccoglimento davanti al cadavere di un soldato americano. L’ uomo ha in mano un mazzo di fiori e si fa il segno della croce mentre la donna è dietro di lui, con le mani giunte, in una espresiìsione di grande rispetto.

In un ampio articolo su Culture visuelle, Patrick Peccatte mostra il processo di elaborazione editoriale e ideologico che ha subito l’ immagine, attraverso una vera e propria operazione di ”censura”  a fini di propaganda e di ”costruzione” scenografica.

L’ immagine – ben conosciuta e spesso riprodotta, sia sul Web che nei libri o nelle riviste – è stata riquadrata per stringere il campo sulla coppia e, soprattutto, per sopprimere un grosso segno di censura sulla destra del cliché originale.

Le sezioni mobili dell’ Army Pictorial Service (Signal Corps) erano composte da un fotografo e un cameraman che lavoravano in coppia, accompagnati per la logistica da un autista e un segretario. Sulla foto in questione la censura ha cancellato un cameraman che impugna la sua camera.

Le indicazioni di censura sono ben note sulle foto americane di questa collezione. Venivano effettuate per impedire delle identificazioni, soprattutto cancellando le scritte sui materiali, le insegne di riconoscimento dei soldati o le iscrizioni temporanee sui luoghi:

A volte le indicazioni di inquadratura (cropping) figurano sul cliché per eliminare del tutto delle parti indesiderabili dell’  immagine sui bordi destro o sinistro – un tratto verticale e un segno di ‘v’ inclinato sul lato:

Qui si ritrovano queste indicazioni di censura relative all’ esclusione del cameraman dalla foto, funzionando quindi come delle istruzione specifiche per l’ inquadratura. Istruzioni imperative d’ altronde perché anche la figura del cameraman era stata ‘’cancellata’’ a mano.

La sua cancellazione totale, desiderata dal censore, non risponde però a nessuna ragione militare che invece si ritrova abitualmente reperibile in caso di interventi analoghi riscontrati su queste foto.

In realtà, se l’ obbiettivo fosse stato di tipo militare, sarebbe stata sufficiente la semplice eliminazione delle insegne di riconoscimento del soldato.

Il censore aveva probabilmente un’ altra intenzione invece, quella di rafforzare l’ aspetto emozionale dell’ immagine e sopprimere l’ impressione di messa in scena propagandistica. Il cameraman si vedeva ‘troppo’, l’ apparato per la registrazione della scena appariva troppo intrusivo e rischiava di introdurre una certa artificiosità della scena ripresa. L’ omaggio degli abitanti della zona al soldato morto sarebbe sembrata meno spontanea, quasi artificiale.

Sembra che non ci sia una copia non censurata di questa foto. La pubblicazione dell’ immagine mette   il redattore contemporaneo di fronte a una alternativa semplice: riquadrarla oppure presentarla come essa è. La seconda soluzione impone al redattore di fornire una spiegazione relativa all’ origine dei segni sulla destra. Se non lo facesse lo sguardo verrebbe evidentemente attirata da questi segni e l’ effetto prodotto dall’ immagine sarebbe molto meno forte. Lo spettatore verrebbe quasi distolto da una scena che invece si desiderava presentare come ‘forte’ e sincera.

Stringendo l’ inquadratura per far sparire il cameraman, i redattori di ora, come Taylor e la sua équipe di The Big Picture, continuano a conformarsi nettamente alle prescrizioni del censore di più di 60 anni fa.

E’ possibile che essi non avrebbero agito divesamente se avessero potuto disporre di una immagine non censurata. Il tipo di inquadratura effettuata ricorda in effetti il modo con cui venne inizialmente pubblicata una immagine famosissima scatta in Vietnam nel 1972,quella della piccola Kim Phuc , ustionata dal napalm, nuda  e urlante di dolore.

La foto di Nick Ut è apparsa sul New York Times divesi giorni dopo la sua realizzazione, tagliata in modo da far sparire la sagoma di un fotografo che compariva a destra.

Un procedimento che aveva lo scopo di mascherare gli addetti alla registrazione visiva, fotografi e cameraman che erano presenti in quel momento.

Si trattava di far credere che la foto era stata un atto di registrazione della scena assolutamente privilegiato, che essa possedeva un carattere eccezionale o unico che sarebbe stato immediatamente annullato dalla presenza di altri operatori, spostando l’ attenzione sull’ apparato piuttosto che sul fatto, come nel  making-of di una fiction.

La foto de Nick Ut è stata tagliata in modo molto simile a quella del 1944. Che si tratti in un caso di un lavoro editoriale e nell’ altro di un episodio di censura non cambia niente dal punto di vista formale. La censura opera qui come un obbligo di riquadratura, il censore agisce come un redattore. In entrambi i casi bisogna fabbricare una immagine epurata da qualsiasi apparato, una immagine a campo pieno a partire da una scena che invece presenta una parte di controcampo.

Qualcuno – prosegue Peccatte – potrebbe obbiettare che nulla ci garantisce che effettivamente la foto del 1944 non sia una messa in scena e che la censura volesse nascondere la presenza di un cameraman così vicino da far pensare che effettivamente la scena non poteva essere stata del tutto spontanea. Ma non è così. Esiste un breve filmato girato quasi certamente da quel cameraman in cui la coppia appare costantemente in raccoglimento e depone dei fiori sul corpo del soldato.

Inoltre abbiamo ritrovato un nipote di questa coppia che conosceva bene quella foto. Ci ha confermato che, secondo il racconto dei familiari, non si trattava di una messa in scena e che i suoi due nonni si erano raccolti vicino a quel corpo in modo spontanea. M. Lecanu, l’ uomo, era un ex combattente della Prima guerra mondiale, era stato molto provato da quella sua esperienza e rendeva così omaggio ai soldati di allora.

Per concludere, esaminiamo gli atti fondamentali di un processo di edizione di immagini in una redazione qualunque:

•          selezione delle immagini fra le varie proposte; operazione ben descritta dal luogo comune secondo cui scegliere è eliminare;

•          taglio ed eventuale ritocco;

•          definizione delle dimensioni, gerarchizzazione;

•          descrizione e costruzione della didascalia; assegnazione a un testo;

•          disposizione e costruzione grafica, assemblaggio.

Una buona parte delle operazioni di messa a punto di una immagine per la sua pubblicazione, in particolare le prime di questo elenco, sono le stesse che si osservano nel processo di cancellazione.

Il lavoro editoriale e la censura alla fine costituiscono – conclude Peccatte – due facce di uno stesso processo formale in cui cambiano solo l’ intenzione e l’ effetto.

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