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Divisioni di classe nel web sociale

Uno studio di una sociologa dell’ Università di Berkeley rivela che i media sociali stanno  diventando sempre di più un posto di svago per i ricchi e i laureati e sempre di meno uno strumento di arricchimento della democrazia digitale – La divisione di classe sul piano sociale ed economico, molto più delle differenze di età, di razza o di genere, determina i tassi di partecipazione alle attività caratteristiche della Rete, come la produzione di contenuti, la condivisione di immagini, la partecipazione con commenti e giudizi In questo modo ‘’le classi lavoratrici sono  sottorappresentate in internet, e senza la loro voce, i loro problemi vengono ignorati’’

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Il digital divide fra gli utenti dei social media è più ampio fra abbienti e non abbienti che fra vecchi e giovani e ciò determina una forte preoccupazione per il fatto che le classi lavoratrici non hanno a disposizione le risorse necessarie per partecipare pienamente alla vita democratica, gran parte delle quali ora sono nella rete.

E’ l’ indicazione che emerge da uno studio effettuato da una ricercatrice della University of California di Berkeley, Jen Schradie, e pubblicato sull’ ultimo numero di Poetics, una rivista di ricerche empiriche su cultura, media e arti (lo studio è scaricabile qui, ma costa 39,95 dollari).

‘’Gli evangelisti di internet vi dicono spesso che il web ha reso media e contenuti pienamente accessibili e che chiunque abbia accesso alla rete può generare contenuti online e influenzare l’ opinione pubblica – rileva Nur Bremmen su Memeburn -. Ma nonostante la rapida crescita dei social media, lo studio dimostra che la gran parte dei blog e dei siti web rappresentano i punti di vista dei laureati, degli esperti di Web 2.0’’.

“Possedere un accesso a internet non basta. Fra la gente online, quelli che producono contenuti digitali  sarà con più probabilità genete che ha stipendi alti ed educazione universitaria’’, sottolinea Schradie.

La ricercatrice – spiega memeburn – ha analizzato i dati relativi a più di 41.000 citaddini americani interpellati fra il 2000 e il 2008 nel corso dei vari sondaggi compiuti dal  Pew Internet and American Life Project. E ha scoperto che fra i blogger i laureati sono 1,5 volte più dei diplomati di scuola superiore; rapporto che si alza a 2 nel campo della pubblicazione di foto e video e a 3 fra gli utenti che danno voti o lasciano commenti.

Globalmente lo studio ha accertato che meno del 10% della popolazione Usa partecipa nell’ attività di produzione online e che una laurea prefigura la possibilità di produrre contenuti online disponibili pubblicamente più dell’ essere giovane o bianco.

I risultati della ricerca suggeriscono quindi che il ‘’digital divide’’ fra gli utenti dei social media è più ampio fra abbienti e non abbienti che fra vecchi e giovani e ciò determina una forte preoccupazione per il fatto che le classi lavoratrici non hanno a disposizione le risorse necessarie per partecipare pienamente alla vita democratica, gran parte delle quali ora sono nella rete. Ed è improbabile che questo fossato si colmi per chi non ha una casa o un lavoro, commenta Schradie.

‘’Il senso comune ci suggerisce che internet possa livellare il campo di gioco e allargare il ventaglio delle voci che possono essere ascoltate – aggiunge la ricercatrice -. Ma questa mia ricerca al contrario mostra che internet attualmente rafforza le divisioni socio-economiche che già esistono, e anzi le può inasprire, dal momento che una buona parte delle implicazioni sia civili che economiche poggiano ormai sulla rete’’.

Sin dai primi anni ’90 Internet era stato annunciato come il più importante fattore di cambiamento dopo la Rivoluzione industriale. Con il lancio di Facebook nel 2004 e la creazione di Twitter nel 2008, il processo di creazione dei contenuti da parte degli utenti della rete è esploso portando a 2 miliardi gli utenti dei social media.

I dati raccolti dalle ricerche annuali del Pew mostrano che gli americani dei ceti sociali più abbienti hanno più facilmente accesso alla banda larga e agli smartphone e che usano internet più spesso.

Lo studio recente di Jen Schradie apre nuovi orizzonti sul rapporto fra status socio-economico e  le 10 attività che maggiormente possono influenzare il pubblico, i leader di opinione e gli uomini politici. Fra di esse alcune delle attività tradizionali di Facebook: progettazione e design di siti web, blogging, condivisione di video e foto; partecipazione a chat-room e newsgroup; pubblicazione di commenti e giudizi

La ricercatrice ha tracciato in vari ‘’quadri’’ il profilo demografico degli utenti, includendo livello di studio, entrate, genere, razza. E nonostante le differenze razziali, etniche e di genere, tutte le 10 attività esaminate hanno mostrato una divisione di classe socio-economica.

Molti analisti di social media ritengono che il tasso di partecipazione crescerà a mano a mano che le giovani generazioni, i ‘’nativi digitali’’, abbracciano i nuovi modi di comunicare e le nuove tecnologie. Ma la Ricerca mostra delle forti forme di disuguaglianza che non possono sparire con la semplice comparsa dei nuovi social media, osserva Schradie.

“Le classi lavoratrici sono sottorappresentate in internet – conclude lo studio -. E senza la loro voce, i loro problemi vengono ignorati’’.

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