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Agenzie di stampa: redattori, attenti, non si danno ‘buchi’ al notiziario

La vicenda di due redattori dell’ Ap che hanno usato Twitter per dare una notizia (sull’ arresto a New York di due loro colleghi) prima di diffonderla nel notiziario tradizionale ha provocato un dibattito intenso – Mentre dalla Rete qualcuno sostiene che, ormai, ‘’il notiziario è Twitter’’, le altre agenzie lanciano un richiamo alle regole – E in molte redazioni si fa fatica a capire l’ immediatezza e la velocità delle reti sociali

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Un’ agenzia di stampa può permettere che un suo giornalista trasmetta sulle reti sociali qualche informazione che non sia stata ancora diffusa dal notiziario tradizionale?

Dopo il caso dei due redattori dell’ AP seccamente rimproverati dalla direzione per un tweet in cui davano notizia dell’ arresto a New York di due loro colleghi che seguivano l’ attacco della polizia agli ‘’indignati’’ di Occupy Wall Street  senza che l’ agenzia l’ avesse già passata sui canasli classici, il dibattito si è esteso a livello internazionale. Andando oltre la questione della priorità e investendo invece il problema della velocità intrinsecamente superiore dei media sociali rispetto ai meccanismi tradizionali (anche quelli più rapidi) delle agenzie.

La France Presse, su Mediawatch, fa il punto delle polemiche partendo dal  duro richiamo alle regole che è venuto dai vertici dell’ Associated Press: il notiziario prima di tutto, qualunque sia l’ informazione o il suo format.

Insomma non si fanno scoop a danno del notiziario.

Certo – ricorda Mediawatch – l’ AP è stata immediatamente bersagliata da attacchi e critiche su Twitter e alcuni blog hanno ripreso il tema tradizionale del vecchio media-dinosauro incapace di adattarsi al nuovo ecosistema dell’ informazione ai tempi delle reti sociali trionfanti. ‘’Memorandum per l’ AP: il ‘notiziario’ ormai è Twitter’’, ha scritto adesempio su GigaOm Mathew Ingram, convinto che l’ agenzia americana stia conducendo una battaglia perduta in partenza.

‘’Le agenzie di stampa devono evolvere per evitare l’ estinzione’’, ha rincarato, a caldo, Anthony DeRosa, nuovo responsabile delle reti sociali alla Reuters, una delle maggiori agenzia mondiali, che ha la stessa regola dell’ Associated press:  “Non si danno ‘buchi’ all’ agenzia”. Consegna che è in vigore anche alla France Presse.

In una nota di risposta ai suoi critici, l’ AP, secondo Mediawatch, ha messo l’ accento soprattutto sulla sicurezza dei suoi giornalisti, di cui essa è responsabile durante le loro missioni sul campo e di cui essa deve essere certa prima di ogni altra cosa. Ma l’ AP ha sottolineato anche che non poteva permettere di far passare i suoi clienti in secondo piano.

‘’Pubblichiamo informazioni nei nostri servizi: è quello che i nostri clienti si aspettano’’, ha osservato Lou Ferrara, che è il supervisore delle attività nel campo delle reti sociali di un’ agenzia che poi è una cooperativa di 1700 testate giornalistiche Usa.

La maggior parte delle agenzie di stampa nel mondo hanno un modello economico basato sugli abbonamenti da parte di clienti giornalistici o non (B2B, business to business) e se qualcuna sviluppa la propria attività anche verso il pubblico (B2C, business to consumers), il grosso dei ricavi proviene essenzialmente dal B2B. Ma i clienti dell’ agenzia sono pronto a veder delle informazioni dei loro fornitori uscire sulle reti sociali prima (o nello stesso momento) di averle ricevute?

Adattarsi alle reti sociali

“Il notiziario è sempre una parte enorme della nostra attività e lo sarà sempre’’, ammette Anthony DeRosa. Ma – aggiunge – “darsi dei limiti’’ sulle reti sociali significherebbe una ‘’condanna a morte’’ per l’ agenzia dal momento che le impedirebbe di promuovere il proprio marchio e non approfittare del traffico generato in questo modo verso il proprio sito internet.

Reuters, diversamente da AP o AFP – continua Maediawatch – ha un sito d’ informazione grazie al quale punta a sviluppare il proprio brand a livello di massa, specialmente attraverso una politica di ‘’grandi firme’’. E lo stesso avviene per l’ agenzia russa Ria-Novosti il cui sito è la principale fonte di informazione in Russia. L’ agenzia moltiplica in questo modo i suoi canali di informazione sulle reti sociali, anche con un servizio di ‘’avvisi’’ che non viene limitato soltanto al notiziario per i suoi clienti. La maggior parte delle agenzie di stampa nel mondo, al contrario, vanno con i piedi di piombo su questo terreno.

De Rosa sottolinea un altro aspetto del dibattito – e non dei meno rilevanti per le agenzie di stampa: ‘’Il nostro flusso di notizie deve diventare muigliore e più rapido, non soltanto per i nostri clienti ma anche per i nostri redattori che lo utilizzano per diffondere le loro notizie. Il fatto che sia più facile manovrare un tweet che un take è inaccettabile…I nostri concorrenti diretti oppure due ragazzi in un garage chissà dove stanno già sviluppando degli strumenti per la redazione del futuro. Se non ci sforziamo di fare la stessa cosa, siamo morti’’.

“Ingram e De Rosa fanno perno su un argomento:  l ‘agenzia deve andare più veloce per sopravvivere?’’, si chiede il blog dell’ Associazione mondiale dei giornali.

Ma è un problema che si estende a tutti i media. ‘’La velocità e l’ immediatezza di Twitter è qualcosa che le redazioni hanno ancora qualche difficoltà a capire’’, sottolinea Steve Herrmann, redattore capo del sito della BBC.

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