Il NYT adotta il pay wall: verso il ‘’suicidio’’?

L’ annuncio che a partire dal 2011 il quotidiano newyorkese introdurrà delle forme di pagamento per l’ informazione online ha sorpreso molti osservatori, ma solo per la cautela che nasconde – E qualcuno ipotizza addirittura che con questa iniziativa l’ azienda non stia facendo altro che ‘’programmare il proprio suicidio’’ – Si tratta di semplice ‘’vaporware’’?

—–

L’ annuncio che a partire dal 2011 il New York Times introdurrà delle forme di pagamento per l’ informazione online ha sorpreso molti osservatori, ma solo per la cautela che nasconde. E qualcuno teme che l’ azienda in questo modo non stia facendo altro che ‘’programmare il proprio suicidio’’.

‘’NY Times Apparently Planning To Commit Suicide Online With Paywall’’, titola ad esempio Mike Masnik su Techdirt. Eppure si tratta di ‘’un addetto ai lavori generalmente equilibrato e che non si lancia spesso in proclami eccessivi. Eppure, alla notizia che il New York Times passerà presto a una formula (parzialmente) a pagamento, si è spinto subito nelle critiche più feroci ’’, commenta Colin Mckenzie in BadTaste.it.

Forse – aggiunge -,  il grosso errore è quello di voler passare a Internet pensando di dover per forza mantenere gli stessi fatturati e gli stessi dipendenti (tanti, troppi) dei mass media tradizionali. Non è che se la formula attuale più diffusa (contenuti gratuiti e pubblicità) non funziona come vorrebbero gli editori, allora una svolta a 180 gradi dovrebbe per forza essere efficace e migliore.
Alla fin fine, comunque, la notizia positiva è che, dopo tanti proclami di ‘Basta con i contenuti gratuiti”, magari vedremo qualcuno che lo fa veramente e potremo giudicare i risultati. Come diceva Flaiano, meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine…’’

Quello dato dal NYT, comunque, non sarebbe ‘’ un buon segnale per gli estremisti del passaggio al fee’’, commenta ad esempio Massimo Mantellini, che lo giudica ‘’un progetto estremamente cauto ed attendista che andra’ in vigore (forse) fra un anno’’, aggiungendo che ‘’ il passaggio annunciato oggi al modello pay è puro vaporware’’ (puro annuncio, ndr).

E Giuseppe Granieri nota: ‘’chissà come cambierà il mondo in questi dodici mesi’’, riportando un commento della Columbia Journalism Review: «Qualsiasi cosa accada non sarà buona per il New York Times».

Tra l’ altro, Affari italiani rileva come il giornale non abbia ‘’specificato quanti saranno gli articoli offerti gratuitamente ogni mese e i costi dell’eventuale abbonamento’’.

Di prezzi per ora non si parla, e i dettagli sono scarsi – sottolinea Marco Bardazzi su laStampa.it – . Ma Sulzberger ha spiegato che l’annuncio “ci permette di cominciare il cammino di riflessione che ci deve portare a rispondere alle tante domande che ci stanno così a cuore: non possiamo azzeccare la mossa solo per metà o tre quarti, dobbiamo compiere un passo che sia assolutamente quello giusto”. In gioco c’è il futuro stesso del giornale e, forse, più in generale, il futuro di tutti i giornali.

Tra un anno vedremo se le condizioni di mercato e le attese del pubblico saranno cambiate a sufficienza da permettere la svolta del quotidiano online – commenta Pcworld.it -, certamente uno dei non moltissimi protagonisti dell’editoria internazionale che ha forze sufficienti per avventurarsi in questo “new deal”.

E’ una svolta destinata a influenzare tutta la stampa mondiale – rileva Federico Rampini su Estremo Occidente, il suo blog su Repubblica.it -. Anche se prima del Nyt la stessa decisione era stata presa da Rupert Murdoch (che controlla tra gli altri il Wall Street Journal e il Times di Londra), in questo settore il Nyt ha sempre avuto un ruolo-guida.

Molti hanno giudicato ex post come un errore strategico la decisione di segno opposto, quando il Nyt optò per la gratuità, e così facendo costrinse di fatto tutti gli altri ad adeguarsi’’.