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Copertine, storia ed estetica di uno specchio della società

Covers – i linguaggi di copertina

Una ricerca sui linguaggi passati e presenti utilizzati nella creazione delle copertine dei magazine, dal Gentlemen’s magazine del 1731 all’ iPad – ‘’Covers – I linguaggi di copertina’’ è la tesi di laurea in cui una studentessa padovana ricostruisce la storia dei magazine,attraverso alcune delle principali testate (il New Yorker, naturalmente, oltre agli ‘storici’ Time e Life, e poi People, Rolling Stones e Sports Illustrated) e ne analizza la funzione sociale

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Una ricerca sui linguaggi passati e presenti utilizzati nella creazione delle copertine dei magazine, dalla carta del Gentlemen’s magazine (1731) all’ iPad. E’ ‘’Covers – I linguaggi di copertina’’, la tesi con cui una studentessa padovana si è laureata in Comunicazione all’ Università di Padova.

La tesi ricostruisce la storia dei magazine,attraverso alcune delle principali testate (il New Yorker, naturalmente, oltre agli ‘storici’ Time e Life, e poi People, Rolling Stones e Sports Illustrated) e ne analizza la funzione sociale. Il ruolo importante volto ‘’nel processo di formazione di pareri, visioni e immagini collettive, aiutando ad acquisire infor­mazioni, elementi di conoscenza e comprensione dei fatti, o semplicemente adoperandosi come vetrina di sogni, come macchina produttrice di utopiche realtà, lontane ma piacevoli da immaginare’’.

Ma l’ evoluzione del genere viene letta con lo sguardo attento soprattutto alle copertine.

‘’La copertina – spiega Stefania Cavalletto*, l’ autrice della tesi (relatore Raffaele Fiengo) – è un racconto a vari livelli. Parla di sé, ossia del prodotto di cui è vetrina e che va a vendere, ma mostra alla società a cui si rivolge la società stessa, perché ne è lo specchio’’.

L’ autrice fa riferimento in particolare a una frase di Richard Stengel, direttore editoriale dello storico Time, il quale, riferendosi alla posizione del magazine nei confronti dei propri lettori, afferma: “We don’t give you news – that’s a commodity – we put it in context”. Ossia, non si tratta di dare una notizia maneggiandola come fosse una merce, ma piuttosto di elaborarla inserendola nel giusto contesto.
‘’Nel mio lavoro di tesi – racconta Cavalletto – ho declinato quest’operazione di posizionamento della notizia nel giusto contesto secondo due direttive. Il contesto storico – economia, protagonisti, politica e mondo sociale – e il contesto estetico, la sfera del gusto, gli stili e i linguaggi nella loro evoluzione.
Da un lato il contesto storico, inteso come i volti, i personaggi e le personalità che in un dato momento storico, economico, politico e sociale hanno operato e effettuato scelte e mosse che per quel determinato ambiente di relazioni, e non in un altro, ha saputo far prender forma alla notizia di copertina. Ad esempio, la cover proposta dal magazine People all’ indomani della morte di Diana, è una foto in bianco e nero della principessa, immagine proposta e riproposta da numerosi canali comunicativi nei giorni del 1997 successivi alla sua tragica morte, attorno alla quale si raccoglie l’immaginario e il ricordo comune di milioni di persone nel mondo.

Dall’altro, c’ è il contesto estetico, ossia la gestione di quel rettangolo cartaceo all’interno del quale inserire con ingegno e riflessione i diversi elementi che compongono il quadro informativo e comunicativo, il testo e la sua grandezza, le immagini, la o le foto, i colori, il materiale utilizzato, il rapporto tra le proporzioni tra tutti questi oggetti che nella cover interagiscono tra loro. Ad esempio, il settimanale The New Yorker, molto spesso in determinati periodi dell’ anno posiziona in copertina immagini legate alla stagione – il tempo meteorologico -, siano viali alberati o strade coperte di neve, situazioni che nella loro semplicità permettono al lettore newyorkese di identificarsi con la propria città così dipinta e al non newyorkese di conoscere una realtà lontana’’.

Naturalmente ‘’i supporti tecnologici evolvono, i contenuti vengono veicolati attraverso piatta¬forme comunicative differenti, sempre meno cartacee e sempre più digitali. Lo schermo è più di tendenza rispetto alla carta’’ ma ‘’ciò che non cambia, si tratti di carta, o di uno schermo, o di una tavoletta digitale, è la centralità dell’esperienza di fruizione del magazine, l’esperienza visiva’’.

Anche se ‘’il digitale rende effimero, spoglia di sensazioni nel tatto e nella vista, passa e scorre come si scorrono le pagine web, a decine in una giornata. La copertina cartacea può invece continuare a raccontare con sensualità e determinazio¬ne una realtà ricca di collegamenti e dettagli, minuzie e approfondimenti che l’impegnato e tecnologico uomo del XXI secolo a caccia di connessione wi-fi, spesso scorda o tralascia, subissato da informazioni veloci, spezzettate, va¬ghe e vane’’, osserva Cavalletto nelle conclusioni alla Tesi, citando un passaggio emblematico ripreso da un saggio di Nino Damascelli (‘’Le rivoluzioni della comunicazione. Tecnologie di comuni¬cazione e strutture sociali’’)

‘La comunicazione è il processo attraverso il quale gli uomini creano, mantengono e alterano l’ordine sociale, le relazioni tra loro e la loro stes¬sa identità. Se é vero che le tecnologie – tutte le tecnologie – non sono mai neutrali rispetto all’ordine sociale (…) questo assunto sarà tanto più valido allorché si tratti di tecnologie di comunicazione, pro¬prio per la particolare funzione che essa svolge nel “creare, mantenere, alterare l’ordine sociale” ‘.

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*Stefania Cavalletto, 21 anni, vive nella provincia padovana. Dopo il diploma scientifico, un paio di attestati di conoscenza della lingua inglese (uno conseguito in Italia, l’altro all’estero) e alcune collaborazioni con periodici di informazione locali, si è laureata in Comunicazione all’Università degli Studi di Padova, seguita dal professor Raffaele Fiengo.

– Il testo integrale della tesi (in Pdf) è qui.

 

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