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Un premio al giornalismo di strada

Seconda edizione del premio dedicato a Gio’ Kappa un giornalista televisivo aquilano morto precocemente che si batteva per una tv della realtà e non dei reality

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‘’Quando fai parlare il contadino con la sua faccia rugosa e magari in dialetto, o l’ambulante che vende la frutta nel mercato, ottieni già un effetto dirompente, è la realtà che appare finta, perché non è più rappresentata’’. Era questa la televisione – sideralmente lontana da quella che domina sul duopolio – di Gio’ Kappa, soprannome professionale di Giuseppe Massari (nella foto durante una intervista in piazza), un giornalista aquilano morto precocemente a cui e’ stato dedicato un omonimo premio giornalistico. 

Il vincitore della prima edizione era stato il milanese Claudio Moschin, con un documentario sulla tragedia del Moby Prince. Ora è stata bandita la seconda edizione, rivolta ai professionisti iscritti all’albo dei giornalisti e ai ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori. In entrambe le sezioni si partecipa al premio presentando un servizio video-giornalistico, in omaggio allo stile e al lavoro di Giuseppe Massari.

Il bando può essere chiesto all’indirizzo email info@cleves.it. Oppure può essere scaricato qui .

Ma chi era Gio’ Kappa? E qual era il suo stile?

Ce ne parla in questo articolo Federico Vittorini, dell’ associazione ‘’L’ idea di Cleves’’, che organizza il premio.

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di Federico Vittorini

Giuseppe Massari (Tornimparte (AQ), 10-12-1957 / Pescara, 06-05-2002) è stato un giornalista locale aquilano.

Ha vissuto un periodo particolare per la nostra città (e forse per tutta l’ Italia): l’ultimo periodo nel quale ancora esistevano personaggi fortemente legati alla tradizione, fortemente radicati nel territorio, ma nel quale già cominciava l’informazione di massa dal basso, con il passaggio diffuso delle audio e videocassette e, soprattutto, con la diffusione delle tv locali (quando poi, più tardi, arriveranno Internet, i blog, YouTube e Facebook niente sarà più come prima).

Un altro fenomeno locale analogo è stato quello del bidello Mario Magnotta, le cui reazioni scomposte ad alcuni scherzi telefonici sono diventati uno dei primi tormentoni conosciuti a livello nazionale (famosissimo lo scherzo della “lavatrice”).

Giuseppe Massari ha avuto una formazione artistica nel teatro come regista, attore e mimo, oltre ad aver collaborato con l’Istituto Cinematografico “La Lanterna Magica” in diversi progetti (molto nota una sua improvvisazione televisiva con Roberto Benigni).

Il suo giornalismo di strada prese molto da queste esperienze: innanzitutto la teorizzazione, diremmo oggi, intellettuale dei format; poi lo studio dei soggetti, la sua presenza discreta sullo schermo.

Come erano, dunque, i programmi di Gio’ Kappa?

Riportiamo, di seguito, una sua nota dichiarazione del 1998 che, meglio di qualunque altra nostra spiegazione, rende l’idea del lavoro e delle idee di Gio’ Kappa:

“I miei sono programmi popolari che coinvolgono direttamente la gente, e sono tesi a rappresentare la realtà quotidiana per quella che è, senza artefazioni e finzioni.
In un momento in cui le tv nazionali non riescono a superare il cliché che tutti i programmi devono essere lustrini e pailettes, per non parlare delle soap opera in cui tutti sono belli, ricchi, cinici e infallibili, credo sia un obbligo morale per tutti aprire una riflessione su questo tema.
Ho verificato personalmente che quando fai parlare il contadino con la sua faccia rugosa e magari in dialetto, o l’ambulante che vende la frutta nel mercato, ottieni già un effetto dirompente, è la realtà che appare finta, perché non è più rappresentata.”

In questo ritroviamo l’essenza più alta della televisione locale, del giornalismo “dal basso”: non la ricerca dello “scoop”, dell’eccezionale, ma la ricerca del quotidiano, dell’ordinario. Non la realtà televisiva dei reality odierni, ma la realtà vera non finalizzata alla rappresentazione (onanista) di sé stessa.

Ritroviamo, ancora, uno studio dall’aspetto documentaristico di luoghi, persone e tradizioni, con un unico elemento esterno: l’intervistatore stesso. Gio’ Kappa, appunto.

Era lui a dare il via alle interviste, con un’espressione semplice, una frase dalla banalità spiazzante, con un silenzio prolungato. Non le indirizzava, però, non poneva sé stesso davanti alla telecamera, anzi rimaneva sempre di lato, periferico, sornione.

Diventò un fenomeno locale: in tanti la mattina speravano di incontrarlo per le strade della città, cercando di farsi intervistare; tanti altri lo fuggivano impauriti!

Ci ha lasciato dieci anni di riprese quotidiane, a ricordarci (e ad insegnare ai più giovani) come era la nostra città e come eravamo noi.

Un progetto della nostra associazione, in collaborazione con la Biblioteca Provinciale e l’Università degli Studi dell’Aquila, proverà a recuperare e studiare tutto il materiale video che Giuseppe Massari aveva attentamente archiviato.

Ci saranno da approfondire le sue tecniche di intervista e comunicazione, oltre, attraverso un’analisi antropologica, a tutto il suo girato, preziosa arca dell’umanità varia che sta scomparendo globalizzata.

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