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Internet sta distruggendo la pubblicità?

E’ un interrogativo che si pone Eric Clemons (nella foto), Professore di Operations and Information Management presso l’ Università della Pensylvania, in un ampio articolo su Techcrunch che prende le mosse dalle ragioni del fallimento della pubblicità on-line – Secondo Clemons “il problema non è il mezzo, ma il messaggio, ed il fatto che gli utenti non lo trovano affidabile, non lo vogliono e non ne hanno bisogno” – La conclusione? ‘’È risaputo che la libertà ha un prezzo; forse il prezzo per la libertà su Internet e per il fallimento della pubblicità sarà quello di pagare un prezzo ragionevole per i contenuti, le esperienze ed i suggerimenti che apprezziamo e a cui diamo valore’’

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di Eric Clemons
(da Techcrunch)

1. Ci sarà pure qualcosa oltre la pubblicità

L’ attesa caduta delle entrate pubblicitarie on-line registrata quest’anno (in Italia il settore della pubblicità on-line è l’unico ad aver registrato una crescita nel 2008, sebbene inferiore ai valori del 2007, N.d.T.) non era né imprevedibile né imprevista, nè tantomeno è stata causata unicamente dalla recessione generale e dal declino delle vendite al dettaglio. L’advertising on-line perderà rapidamente il proprio valore e il proprio impatto per ragioni molto semplici. La pubblicità tradizionale non potrà essere sostituita da quella on-line, un banner o un pop-up non potranno sostituire una intera pagina pubblicitaria sul New York Times o uno spot di 30 secondi durante il Super Bowl. Questo argomento potrebbe sollevare diverse obiezioni se, di fatto, la pubblicità sui media tradizionali funzionasse ancora. Ma non è questo il caso. I quotidiani stanno fallendo uno dopo l’altro, e le entrate pubblicitarie sono in caduta anche per le testate più quotate. E lo stesso scenario si sta profilando per il broadcasting.

Lanciare un messaggio non richiesto ad un cliente quando quest’ ultimo è impegnato in qualcos’ altro durante la navigazione è una strategia destinata a fallire, se la si considera come la principale fonte di entrate. La rete troverà altre modalità di monetizzazione, differenti dai modelli pubblicitari usati dai mass media, così come è stato per i mass media rispetto al teatro o agli eventi sportivi. Di fatto, deve esserci un modo per creare un sito web che faccia altro oltre che fornire libero accesso ai propri contenuti, alcuni proprietari, altri su licenza e altri rubati e finanziati dalla pubblicità.

L’ idea che i contenuti abbiano un prezzo e che le applicazioni internet debbano trovare un modo per creare profitti senza fornire libero accesso ai contenuti di altri utenti genera reazioni esplosive. Quando il pioniere della realtà virtuale e guru tecnologico Jaron Lanier suggerì che gli autori dovessero essere pagati per i contenuti prodotti, fu praticamente minacciato di morte. Ma vi sono altri modelli applicabili e diversi suggerimenti per forme di monetizzazione alternative sono riportati di seguito.

 

2. L’ advertising fallirà

Internet è il mass media più liberatorio creato finora. È partecipativo, e suoi propri contenuti  non sono unidirezionali come per il cinema o la televisione. Fornisce il più grande assortimento di informazione ed intrattenimento, su ogni argomento, ad ogni livello di formalità, e a richiesta. Ed è inoltre la migliore e più affidabile fonte di informazioni sui prodotti commerciali e i lori costi, la disponibilità ecc.

La mia premessa è che internet non stia sostituendo la pubblicità, ma la stia distruggendo, e nessuno potrà ricomporla. Per analizzare questa affermazione dobbiamo ricorrere alla definizione di pubblicità:

La pubblicità consiste nell’ usare messaggi commerciali sponsorizzati al fine di creare un brand, e nel pagare per gli spazi su cui tali messaggi verranno intercettati dai potenziali clienti; tali messaggi descrivono un prodotto o un servizio, svelandone il prezzo e le caratteristiche, dove trovarlo, i vantaggi espliciti e i benefici impliciti derivanti dal suo utilizzo.

Spesso si afferma che l’ industria pubblicitaria troverà nuove formule per rimediare alle perdite della pubblicità sui media tradizionali. Ma qualunque sia il mezzo, come già detto, tentare di raggiungere un potenziale consumatore impegnato in qualsiasi altra attività si rivelerà un fallimento. E non è che non vi sia più bisogno di informazioni per portare a termine una transazione; il punto è che non vi è più bisogno della pubblicità per ottenere quelle informazioni. Otterremo le informazioni che vogliamo, quando le vogliamo e da fonti che riteniamo più attendibili rispetto ad un messaggio pubblicitario a pagamento.

Le inserzioni targettizzate che ricorrono agli interessi e ai comportamenti individuali garantiranno che il messaggio sia centrato, ma non possono convogliare l’elemento fiducia. Così come per la paid search, questo è un meccanismo che rappresenta per Google una fonte di entrate, ma il suo funzionamento non è replicabile per la media dei siti che diffondono contenuti.

3. L’advertising fallirà per tre ragioni:

Vi sono tre problematiche legate all’ advertising, sia esso tradizionale che on-line:

Ebbene sì, sia i vertici dei network televisivi che le agenzie pubblicitarie hanno notato che non guardiamo la pubblicità tradizionale, e lo attribuiscono al fatto che siamo andati oltre i giornali, le news televisive, i film, per abbracciare i video giochi, l’iPod e Internet. Ma trasferire la pubblicità su un nuovo media non risolverà i problemi appena sottolineati. Il problema non è il mezzo, ma il messaggio, ed il fatto che gli utenti non lo trovano affidabile, non lo vogliono e non ne hanno bisogno.


4. Modelli alternative di monetizzazione sono già disponibili:

Ancora una volta, la mia ricerca indica che vi sono tre categorie generali per creare valore monetizzabile, che includono la vendita di cose reali, la vendita di cose virtuali e la vendita di accessi. Alcuni siti web esistono solo per vendere cose reali. Molti tra i più conosciuti lavorano aggregando la domanda, in modo da avere sempre un numero di clienti tale da giustificare lo stoccaggio e la vendita di prodotti per i quali vi è una domanda limitata. Amazon è l’ esempio più popolare. Amazon o Zappos sono ideali per prodotti dalla coda lunga, come romanzi di nicchia, traduzioni particolari o scarpe da baseball dai numeri ‘’difficili’’. Altri siti, invece, vendono cose virtuali. Tali attività ricadono in tre categorie:

Infine, alcuni siti web creano e vendono accesso ai clienti. Ancora una volta, il segmento si può suddividere in quattro categorie:

Di certo nessuno può dirlo, ma se dovessi ipotizzare sulla base della mia esperienza su meatspace, offrirei le seguenti possibilità per monetizzare con successo Internet:

Internet riguarda la libertà, e sospetto che una popolazione veramente libera non potrà essere tenuta in ostaggio e costretta a guardare la pubblicità. È risaputo che la libertà ha un prezzo; forse il prezzo per la libertà su Internet e per il fallimento della pubblicità sarà quello di pagare un prezzo ragionevole per i contenuti, le esperienze ed i suggerimenti che apprezziamo e a cui diamo valore.

(a cura di Andrea Fama)

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