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Ma c’ è lo sport fuori della tv?

Lo sport praticato ad alto livello di fatto non esiste più senza il discorso che se ne fa. E chi da tempo si è impadronito della sua narrazione è la tv. Che, in una sorta di spirale, costringe la stampa scritta a rincorrerla nel campo delle immagini con l’ enfatizzazione dei titoli e degli altri strumenti ‘’narrativi’’ – Un’ analisi di questi due fenomeni e’ stata compiuta da Gabriele Pipia, uno studente veneto di cui pubblichiamo due tesine svolte all’ Università di Padova ai corsi di Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico e radiotelevisivo (con Raffaele Fiengo e Bruno Voglino)

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Lo sport vive anche al di fuori della televisione? E’ la domanda al centro di una tesina – ‘’La spettacolarizzazione dell’evento sportivo’’ – che Gabriele Pipia*, uno studente universitario a Padova ha elaborato all’ interno del corso di Teorie e tecniche del linguaggio radiotelevisivo (prof. Bruno Voglino) e che Lsdi pubblica ora insieme con un’ altra ricerca, strettamente correlata, sulla ‘’Enfatizzazione dei titoli nel giornalismo sportivo’’ (prof. Raffaele Fiengo).

‘’Privilegiando l’enfatizzazione – spiega Pipia -, le titolazioni dei giornali sportivi tendono a mischiare informazione e commento presentando i fatti con toni alti e strillati. La mancata separazione di cronaca ed opinioni porta talvolta ad una visione dei fatti non obiettiva e basata su un’ unica interpretazione: quella che vuol dare la testata.

‘’L’ enfatizzazione del linguaggio nel giornalismo sportivo è figlia dei profondi mutamenti prodotti dalla televisione: siamo in un’ epoca di dittatura delle immagini (ormai si vede tutto, perfino il labiale dei protagonisti) e al giornalista sportivo resta poco da raccontare. Rischia, dunque, di essere compromessa la sua funzione di intermediario tra l’ evento e lo spettatore.

A causa dei tempi differiti rispetto agli altri media – continua -, potremmo dire che la carta stampata ha perso la propria identità e il suo senso originario. E nel corso degli ultimi decenni abbiamo così assistito alla progressiva metamorfosi del giornalista-cronista in giornalista-narratore. L’ evento sportivo non viene semplicemente descritto, ma viene narrato attraverso trama, ambientazione, personaggi e, naturalmente, colpi di scena. Da qui la necessità di annunciarlo con un titolo ad effetto’’.

Ma il ruolo assolutamente invasivo che la tv ha assunto in questi anni  ha portato anche a profonde modifiche nel mondo stesso dello sport.

Lo sport vive anche al di fuori della televisione?

La questione – rileva Pipia – porta ad interessanti riflessioni che abbracciano il mondo dello sport, dei mezzi di comunicazione e, più in generale, della società di massa contemporanea.

Se intendiamo lo sport nella sua forma universale, comprendente anche la dimensione giovanile e amatoriale, la risposta è si.

Nonostante le profonde trasformazioni dell’ultimo secolo, lo sport possiede ancora un grande potenziale educativo e rappresenta un’importante risorsa per la nostra società, indipendentemente dalla visibilità mass-mediatica.

Se consideriamo invece solamente lo sport praticato ad alti livelli, le considerazioni cambiano e seguono una direzione più pessimistica.

Eccezion fatta per alcuni “sport minori”, totalmente ignorati dalla tv in favore del prodotto-calcio, lo sport costituisce uno dei materiali più appetibili per la televisione.

Lo troviamo, infatti, “ridiscorsivizzato” in qualsiasi genere televisivo, spaziando dall’informazione alla fiction, dall’ intrattenimento alla pubblicità.

Esso rappresenta dunque un “prodotto sicuro”, una garanzia di audience alla quale la televisione può facilmente attingere con grande probabilità di successo.

La sua adattabilità ad ogni tipologia di formato gli consente una forte presenza nei palinsesti televisivi: in questo senso lo sport può essere considerato un vero e proprio “sovra-genere”.

La diffusione televisiva esercita un forte impatto sociale che influenza notevolmente il pubblico, trasformando quelli che una volta erano semplicemente “eroi sportivi” in celebrità paragonabili a quelle del mondo dello spettacolo.

Alcune discipline sportive, inoltre, possono essere rappresentate esclusivamente mediante le riprese televisive: solo grazie a questo mezzo possiamo seguire interamente una gara di ciclismo o una maratona.

Aspetti positivi come introiti economici e grande visibilità comportano anche sviluppi negativi come la subordinazione dell’evento agli interessi commerciali e la progressiva perdita della “cultura sportiva”, rimasta immutata solo negli sport “minori”.

Ma chi decide quali sono gli sport ad essere considerati “minori”? Le scelte televisive, ovviamente.

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 Le due ricerche

 
L’ enfatizzazione dei titoli nel giornalismo sportivo analizza l’ uso delle titolazioni,  ricostruendo la progressiva spettacolarizzazione verificatasi nella seconda metà del Novecento. La seconda parte del lavoro è concentrata sull’ analisi delle prime pagine della Gazzetta dello Sport, il più autorevole quotidiano sportivo italiano. Basta un rapido confronto tra le titolazioni attuali e quelle del passato per notare i grandi mutamenti che ci sono stati a livello linguistico e tematico. Nella parte finale della tesina ci sono due paragrafi dedicati ai titoli delle interviste e alla versione on-line dello stesso quotidiano. La conclusione sottolinea come la svolta spettacolarizzante sia stata causata dall’ avvento della televisione (prima pubblica, poi privata) che ha costretto i quotidiani ad abbandonare la pura cronaca in favore di retorica e commenti.

La seconda ricerca, quindi, è strettamente correlata alla prima. “La spettacolarizzazione dell’evento sportivo” (scritta nell’ambito del corso di linguaggio radiotelevisivo tenuto dal professor Bruno Voglino) ripercorre la storia del rapporto tra sport e radio-televisione dalle origini ai giorni nostri. Passando per alcune tappe fondamentali come l’ introduzione del colore o l’ avvento della pay-tv, la ricerca si propone di spiegare le cause di questo attuale “binomio inscindibile”. Ad una prima parte cronologica (con riferimenti a generi, personaggi e trasmissioni che si sono susseguiti negli anni) segue una riflessione sulle differenze tra il linguaggio dei giornalisti contemporanei e quelli del passato. Il confronto tra il celebre Nicolò Carosio e l’ attuale telecronista di Sky Sport Fabio Caressa è particolarmente interessante e significativo.
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*Gabriele Pipia, 21 anni, di Mirano (Venezia), frequenta a Padova il Corso di laurea in Scienze della Comunicazione e sta per laurearsi in ”Comunicazioni di Massa”. Le sue principali passioni, lo sport e il giornalismo, l’ hanno portato a scrivere per alcuni siti e giornali locali (La Piazza, La Nuova Venezia e un portale dedicato ai tifosi del Milan, www.ilveromilanista.it).

Qui sotto le due tesine:
La spettacolarizzazione dell’ evento sportivo
L’ enfatizzazione dei titoli nel giornalismo sportivo

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