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Il giornalista ‘’spogliato’’

L’ informazione è sovrabbondante, ma il giornalismo, secondo Narvic, sta scivolando irrimediabilmente verso il declino – Il sogno spezzato dell’ indipendenza – C’ è meno bisogno di giornalisti di prima perché internet « spoglia » il giornalismo delle sue funzioni tradizionali, che vengono ormai svolte in modo diverso, e lo lascia lì tutto nudo – Il « giornalista spogliato » è in concorrenza su tutti i fronti con dei nuovi attori e non sa più molto bene cosa sia, a cosa serva, o se può ancora servire a qualcosa – Non è che il giornalista non sia più utile. Dispone di competenze, di esperienza, di una cultura generale e professionale dell’ attualità e dei lettori che permettono di produrre delle selezioni, gerarchizzazioni, contestualizzazioni delle notizie che restano pertinenti. Ma ha sempre meno specificità. E quindi gli è sempre più difficile far valere il « valore aggiunto » che egli può portare al trattamento dell’ informazione – Il « giornalismo di link »

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DOPO IL GIORNALISMO

 di Narvic
( novovision, 26 settembre 2009


Il giornalismo è finito? Pare di sì. Da tempo ha superato l’ età dell’ oro e sta scivolando irrimediabilmente verso il declino. Non si tratta a questo punto che di ratificare uno stato di fatto: il paziente è in coma da tempo ed è il momento di constarne la morte clinica e stilare il suo certificato di morte. Per passare ad altro.

(…) L’ acquisizione del Monde da parte di Lagardère e la fine dell’ indipendenza dell’ ultimo giornale francese ancora – un poco – controllato dalla sua redazione… La trasformazione di Libération in un bi-settimanale per consumatori urbani, amanti del Rolex e passati  « da Mao al Rotary »… Il momento in cui il gruppo Le Figaro diventerà sostanzialmente un sito di piccoli annunci online e di e-commerce, e solo in via accessoria un diffusore di informazioni… O, ancora, il giorno in cui un blogger amatoriale tirerà fuori per la prima volta uno scoop che farà cadere un ministro, o anche quando un politico di primo piano annuncerà la sua candidatura alle presidenziali su Facebook invece di mandare un comunicato alla France Presse… Accadrà, tutto questo non potrà che accadere…

Il sogno spezzato dell’ indipendenza

Quando parlo della morte del giornalismo, evoco, intendiamoci, l’ esaurimento del  Programma del Conseil national de la Résistance, che aveva conosciuto il suo apice negli anni Sessanta con il giornalismo delle Società dei redattori (Pierre Rimbert, Le Monde diplomatique, mai 2007 : Sociétés de rédacteurs, un rêve de journaliste).

Questo sogno di un giornalismo come quarto potere, o almeno come contropotere, che può assumere questo ruolo non  perché postula la sua indipendenza di principio dall’ alto di un piedistallo, contro ogni evidenza, ma perché la assicura economicamente, tenendo ben stretto il capitale dell’ azienda sotto il controllo della sua redazione, questo sogno è svanito da parecchio tempo.

Tutti i giornalisti lo sanno, anche se sono d’ accordo nel non dirlo troppo in giro. « Il primo che spara sui giornalisti è morto » ironizzava nel 1991 Yves Roucaute  (Splendeurs et misère des journalistes, Calmann-Lévy). Ed Elisabeth Lévy e Philippe Cohen hanno calcato la mano più recentemente (Notre métier a mal tourné, 2008, Calmann-Lévy) (Vedi Lsdi, Il giornalismo, un mestiere smarrito, ndr). 

Certo, qualcuno non ci crede ancora e preferisce non vedere rifiutando di accettare l’ evidenza che da diversi lustri aveva mostrato l’ ausero e venerabile Hubert Beuve-Méry :

« Qualche anno fa l’ uomo chiave di un giornale era il redattore capo; oggi l’ uomo chiave è quello che si occupa principalmente dell’ aspetto commerciale del suo funzionamento ».

Un bilancio

Venendo io stesso dalla stampa quotidiana, ero cosciente due anni fa, quado ha aperto novovision,  di questa lenta deriva del giornalismo a partire dagli anni Sessanta. E l’ oggetto stesso di questo blog doveva essere per me cercare una soluzione, per la professione in generale, ma prima di tutto e soprattutto per me. Ho esplorato pazientemente e in profondità le risorse di internet per cercare un rinnovamento di questo giornalismo a cui tenevo tanto.  Ma non ho trovato la soluzione.

Per il giornalismo professionale internet sarà pure stato il laboratorio di una accresciuta egemonia del marketing e della comunicazione (Le journalisme après internet, Yannick Estienne ; vedi Lsdi, Il giornalismo dopo internet, un mestiere al ribasso?), il becchino della mitologia professionale sull’ altare del low-cost (Avenir du journalisme ? Tu seras un prolétaire, mon fils ; vedi Lsdi, I giornalisti online, nuovi ‘’operai specializzati’’ della stampa) e sous le règne du canon à dépêches (Vedi Lsdi, Dopo i portali, i ‘’cannoni’’ per raggiungere ovunque i lettori).

Il recente risveglio dei forzati dell’ informazione  mi è certo simpatico, ma ho paura che essi non abbiano, non più dei loro predecessori e forse anche meno di loro, i mezzi per dare corpo alla loro ambizione…

Qualche piccola isola di resistenza è nato qua e là: Rue89, Mediapart, Bakchich, ma queste iniziative ono molto fragili e precarie e non fanno altro, alla fine dei conti, che tentare di risvegliare un po’ dal suo coma il vecchio progetto moribondo del giornalismo, iniettandogli soltanto qualche dose di partecipazione (Mikiane : Pourquoi je veux (à nouveau) quitter Rue89) (…)

Alla fine di questi due anni di inchiesta sul futuro del giornalismo all’ epoca di internet, ho raggiunto largamente le conclusioni di Bernard Poulet: c’est la fin des journaux, mais quel avenir pour l’information ? E cette mort des médias menace-t-elle la démocratie ? (vedi Lsdi, L’ informazione di qualità è la vera posta in gioco:In un libro da poco uscito da Gallimard « La fin des journaux et l’avenir de l’information » Bernard Poulet, redattore capo di Expansion, analizza la fatica del giornalismo professionale a trovare un posto online, ipotizzando addirittura la possibilità che, più semplicemente, di posto non ce ne sia affatto, ndr)

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Il punto di rottura del giornalismo

L’ informazione comunque non è mai stata tanto abbondante quanto su internet. Gli internauti prende in mano a poco a poco la loro informazione, delle macchine e degli algoritmi li aiutano, al punto che stiamo arrivando a considerare che il web stesso non sia che una gigantesca macchina sociale di gerarchizzazione dell’ informazione.

C’ è meno bisogno di giornalisti di prima perché internet « spoglia » il giornalismo delle sue funzioni tradizionali, che vengono ormai svolte in modo diverso, e lo lascia tutto nudo e … congelato.

Ciascuno diventa sulla rete il redattore capo 2.0 di se stesso. Le funzioni di filtro, selezione, gerarchizzazione dell’ informazione, vengono redistruibuite tra le macchine e le reti sociali di consigli e sehnalazioni, e sono sempre più personalizzate a seconda dei bisogni e dei gusti di ciascuno.

Ogni internauta dispone ormai degli strumenti per essere più attivo nella propria informazione: contatti, fonti e archivi sono accessibili in quantità considerevoli e motori di ricerca molto potenti permettono di circolare in questo corpus gigantesco: « tutti giornalisti? » significa quindi che ciascuno diventa un po’ giornalista « per lui stesso », prendendosi carico della propria informazione in un impegno attivo di ricerca. 

Le mie esperienze di « giornalista in pigiama » non miravano ad altro che a verificare e a illustrare questo progetto, dimostrando la qualità dell’ informazione che ciascuno è in grado di trovare da se stesso in questo modo. (Et si on s’était trompé sur le Tous journalistes ?).

‘’Que reste-t-il’’ ai giornalisti?

Il giornalista « spogliato » è in concorrenza su tutti i fronti con dei nuovi attori e non sa più molto bene cosa sia, a cosa serva, o se può ancora servire a qualcosa. (Un journalisme de re-médiation ?, vedi Lsdi, Il giornalismo e internet: dal ‘mediare’ al ‘ri-mediare’).

Autore?
I giornalisti stanno sempre a sottolineare la loro funzione e il loro status di autori. Per molti di loro forse è un po’ esagerato, o meglio, un po’ usurpato, visto che la  loro attività quotidiana è abbastanza lontana da quella della creazione di opere dell’ ingegno originali e improntate alla personalità del loro autore… (De l’utilité démocratique des journalistes…). Ma la questione principale non è questa: una delle più grandi novità di internet è la formidabile democratizzazione che ha reso possibile nel campo dell’ accesso alla pubblicazione e quindi anche all’ autopubblicazione.

Da rare, le pubblicazioni sono diventate molto abbondanti, di qualità diversa, certo, ma disponibili a profusione. Molte « nicchie » di giornalismo tradizionale vengono semplicemente svalutate da questa concorrenza: gli editorialisti laureati e patentati per esempio non mi perdoneranno forse se io trovo più interessanti dei loro i commenti sull’ attualità di un Authueil o di un Koz, di un Vogelsong, di un Malakine, Marc Vasseur, SarkoFrance o anche di un  CSP e di un Birenbaum… (Le blogueur a tué l’éditorialiste et c’est tant mieux).

Esperto?
Qui addirittura la concorrenza è diventata rude. Esperti in diritto, economia, aeronautica, botanica… in tutti i campi, che siano insegnanti, avvocati, professionisti nel loro campo, mi sono accessibili senza alcun filtro: « Risalire sempre alla fonte » in segnano i manuali di giornalismo: e questo conduce all’ occorrenza… a fare a meno dell’ intermediario, il giornalista!

Non è che il giornalista non sia più utile. Dispone di competenze, di esperienza, di una cultura generale e professionale dell’ attualità e dei lettori che permettono di produrre delle selezioni, gerarchizzazioni, contestualizzazioni delle notizie che restano pertinenti. Ma ha sempre meno specificità. E quindi gli è sempre più difficile far valere il « valore aggiunto » che egli può portare al trattamento dell’ informazione. Gli unici terreni sui quali resta ancora in primo piano – ma è proprio il lavoro più difficile e più problematico (ed è anche costoso e non si sa come finanziarlo) – sono quello della verifica (Quel journalisme à l’ère de l’info-buzz ? ) e quello dell’ inchiesta (Le journalisme d’investigation au bord du collapse )…

Non insisto sulle molteplici piste che ho tentato di esplorare in relazione a un futuro dell’ informazione che potesse lasciare, o meno, un po’ di posto per i giornalisti (aggregazione, ri-mediazione, raccomandazione…), specialmente attraverso « il giornalismo dei link » (Vedi Lsdi, Un nuovo sito per promuovere il giornalismo dei link).

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Il giornalismo di link, dalla teoria alla pratica…

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Uno dei terreni da esplorare che mi sembra promettente (ma ce ne sono altri e altri si incaricano di esplorali) è quello del giornalismo di link. Esso sta nel cuore della questione della selezione/gerarchizzazione/validazione dell’ informazione online, del reperimento/guida dell’ internauta nell’ abbondanza, della ricerca di un rimedio al sovraccarico informativo che ci minaccia (L’enjeu de l’info en ligne : moissonner et partager des liens).

‘’aaaliens’’, un bel progetto non partito… che è fallito

La mia partecipazione al progetto aaaliens nasceva già nel campo della sperimentazione (Pourquoi aaaliens.com est un agrégateur étrange). Era artigianale, ma l’ esperimento puntava, secondo me, a una questione centrale, quella della qualificazione delle fonti di segnalazione e raccomandazione sulla rete, tentando di fornire una prima risposta alla domanda: chi consiglia? Chi consiglia chi? e Chi consiglia cosa? La sperimentazione era per me, fondamentalmente… editoriale.

Questa esperienza fin dall’ origine è sostanzialmente abortita. ‘aaaliens’ ha sempre funzionato su una sola gamba e non è mai stato soddisfacente per me. L’ obbiettivo era di formare una « federazione di blogger », una sorta di club di « autori aggregatori associati » (le « aaa » de aaaliens), che apporta una forma di credito alla selezione dei link proposti, di « derivazione dai blog », offrendo così ai lettori un modo per identificare e qualificare la fonte della raccomandazione (chi raccomanda?)  riferendosi a un blog « allegato » a questa raccomandazione – e quindi al suo autore.

Nel « giornalismo di link », c’ è « giornalismo »…

Il secondo aspetto di questo progetto consisteva nella qualificazione non più della fonte ma del contenuto proposto: attraverso l’ editorializzazione dei link (chi raccomanda che cosa ?). Si trattava quindi di proporre qualcosa di più di « link bruti », collegati a un nome, come si pò fare con un sistema come Twitter. I link venivano « editorializzati », cioè descritti da un autore, per mezzo di tag e di piccoli testi descrittivi. Contrariamente a Twitter, non si trattava di invitare a « cliccare alla cieca » su un link, sulla sola ase della reputazione di quello che lo propone, senza saper nulla di quello che c’ è « dietro »…

Lo sviluppo dell’ esperienza aveva bisogno di costituire una « comunità attiva » intorno a questo lavoro editoriale collettivo: per fare scambi, discutere delle pratiche e degli obbiettivi, arrivare a delle forme di noralizzazione, di omogeneizzazione del « trattamento dei link » … Cosa che non siamo mai arrivati a fare. La « seconda gamba » del progetto è sempre mancata.

Amputata di questa dimensione editoriale, aaaliens non è mai decollata dal terreno di un « contenitore di filtraggio dei flussi di link » in maniera automatizzata. Non era esattamente la mia ambizione iniziale. Il progetto si è sgonfiato, senza che io riuscissi a « risvegliarlo ». E ho finito per abbandonarlo a mia volta: aaaliens non è più il mio progetto.

Le mie sperimentazioni di svolgono ormai altrove. Ho raggiunto il gruppo del Vendredi (vedi Lsdi, Vendredi, su carta il meglio del web), che rientra perfettamente in questa direzione del… giornalismo di link, di selezione qualificata ed editorializzata di contenuti online, e insieme ad altri stisamo ora riflettendo sul suo futuro…

Vi terrò al corrente di queste sperimentazioni sul giornalismo di link, il cui asse centrale, secondo me, si può riassumere in questa formula: in « giornalismo di link »… c’ è « giornalismo »… Cioè che il percorso è prima di tutto editoriale, anche se si accompagna a una linea d’ azione tecnologica e a una riflessione sulla loro articolazione…

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