Site icon LSDI

I quotidiani si rifanno il look. Un vezzo mentre la barca affonda?


Oggigiorno, il principale interrogativo cui gli editori della carta stampata si trovano di fronte è come recuperare la diffusione – In altre parole, di cosa c’è bisogno per riportare i lettori all’ appuntamento quotidiano con il proprio giornale? – Un articolo di Philip Stone su Follow The Media – Restyling e ‘’navigazione’’- La teoria del ‘’meno è meglio’’ – ‘’Non abbiamo bisogno di annegare nei contenuti e quindi il ruolo dei redattori, forse ora più importante che mai, è assicurarsi che i lettori ricevano i giusti contenuti nel giusto formato’’

———-

di Philip M. Stone
(Follow The Media)

Molti quotidiani hanno intrapreso la strada del restyling del proprio format (basti pensare a quanto il Tribune ha fatto con i propri giornali prima di avviarsi verso il fallimento), ma alla fine dei giochi il quotidiano di Chicago è comunque finito in bancarotta e non vi è nessun elemento per dire che il cambiamento del format abbia generato un ritorno nel numero dei lettori.  Quanti lettori dicono di aver lasciato la versione cartacea del proprio giornale perché non gli piaceva il format? Ma a quanto pare gli editori non hanno lasciato nulla al caso.

Vi sono molte rivoluzioni in corso, e la tendenza è verso titoli più grandi e grafica e fotografie più ampie. Ciò è dovuto ad una maggiore attrattività o al fatto che essendo le redazioni così decimate non vi è più molto testo e lo spazio va riempito in altri modi?
La tendenza, dunque, sembra riportare a restyling completi, da ritoccare in capo a tre anni. Secondo Mario Garcia, probabilmente il più autorevole designer di quotidiani al mondo, “un’evoluzione costante è meglio di una paralisi per amore della tradizione”. Un valido e recente esempio è Le Monde di Parigi, che nel 2005 è stato profondamente ridisegnato, sebbene non si sia affidato allo stesso team per i ritocchi del 2009, segno probabilmente del fatto che i budget non sono più quelli di una volta.

Recentemente, sul suo blog, Garcia ha espresso alcune idee sul restyling dei giornali che meritano una più ampia trattazione. Il buon senso è alla base del discorso di Garcia, anche in quello che forse è il punto più importante, ovvero che il successo o il fallimento nel guadagnare lettori può ancora dipendere dal contenuto della prima pagina. E la parola chiave in tutto ciò è “navigazione”.

Garcia sostiene che, a differenza di una volta, le persone non sono più disposte a perdere del tempo cercando le notizie. Sono abituati ad essere guidati da Internet esattamente lì dove vogliono andare e si aspettano lo stesso anche dal loro quotidiano cartaceo – specie in prima pagina, anche se si tratta di un concetto a cui attenersi anche all’interno dell’intero giornale.

Garcia è anche un fautore della teoria “meno è meglio”. Probabilmente, oggigiorno i lettori vogliono una lettura più breve, pertanto bisogna liberarsi di tutta quella roba che la gente non legge più – come quelle rubriche vecchie di anni che però hanno poca attinenza con il mondo attuale – e rendere gli articoli più brevi. È dura, ed è sempre difficile tagliare, ma è un esercizio a cui bisogna sottoporsi spesso. Oggi i redattori devono guardare attentamente ogni articolo e domandarsi “avremmo potuto farne a meno? E se era necessario, era troppo articolato?”

Una lezione che ho imparato molti anni fa è che mentre per i giornalisti divagare è fantastico, per i lettori è tutta un’ altra storia. All’epoca manager dell’ UPI, scrissi agli abbonati che, in virtù di una grande innovazione tecnologica, UPI era in grado di recapitare le notizie con una velocità incrementata del 50%, il che significava il 50% di notizie in più allo stesso prezzo! È facile immaginare la sensazione nel ricevere risposte dai clienti convinti che fosse una cosa terribile. La loro scrivania stava già affondando nella marea di notizie che ricevevano normalmente, e l’ultima cosa di cui avevano bisogno era riceverne di più.

Ebbene, oggi lo stesso vale per la lettura dei quotidiani. Non abbiamo bisogno di annegare nei contenuti e quindi il ruolo dei redattori, forse ora più importante che mai, è assicurarsi che riceviamo i giusti contenuti nel giusto formato. Avendo combattuto per questo principio per anni so che è senz’altro più facile a dirsi che a farsi, ma bisogna comunque farlo.

Un’ altra dritta che sembra aver fatto presa sui quotidiani è quella di compattare i contenuti – meno sezioni può significare meno oneri di stampa. Ma giocare con le sezioni in cui i lettori erano abituati a trovare le notizie è cosa molto seria. Basta immaginarsi nel supermercato in cui si è fatta la spesa per 20 anni e dove, d’ improvviso, un nuovo manager rivoluziona tutto e così, dove prima si trovavano i tovaglioli di carta, ora si trovano le cartoline d’auguri. Sarebbe davvero fastidioso, specialmente se non vi è nulla ad indicare dove poter trovare quei tovaglioli di carta.

Ebbene, lo stesso oggi vale per i quotidiani: è fastidioso che improvvisamente non si trovi più qualcosa lì dove si era abituati a cercarla. I lettori però, possono superare l’ ostacolo, posto che abbiano a disposizione i necessari strumenti di navigazione e siano sufficientemente informati sui cambiamenti in cantiere.

Un buon esempio è costituito dal San Francisco Chronicle, che agli inizi del mese ha introdotto un nuovo format. Ai lettori è stato detto: “la sezione della Bay Area è accoppiata a quella Business, che inizierà in seconda di copertina ogni giorno feriale (la sezione Business era dietro quella sportiva nell’edizione del lunedì e del martedì). Le pagine editoriali e d’opinione saranno spostate dietro la sezione dedicata alle principali notizie, così come in molti grandi quotidiani”. Eccetera…

Si tratta di un profondo cambiamento e qualcuno, specie i lettori più anziani, potrebbe perdervisi e lamentarsene, ma è un cambiamento necessario, anche per la loro lettura quotidiana.

E comunque i lettori non esiteranno a sottolineare i cambiamenti poco graditi. È il caso del Times di Londra, che ha ridisegnato la propria versione del sabato e ha poi ricevuto nel giro di pochi giorni i commenti di più di 1.000 lettori. Il Times ha accompagnato il proprio restyling con una mossa che ha sicuramente incontrato il favore dei lettori: per un periodo limitato ha ridotto il prezzo del 38%, e per assicurarsi che la voce si diffondesse ha investito in un’ importante campagna televisiva.

Questo tipo di campagne tv è molto diffuso in Inghilterra, ma non negli USA dove molti giornali non credono negli investimenti promozionali. Come non molto tempo fa ebbe a dire a Follow The Media il direttore generale di un importante quotidiano statunitense: “L’unica ragione per cui un manager mette in bilancio la promozione è che quando l’editore vedrà il primo esercizio di bilancio e vorrà tagliare ‘X’ milioni, la prima voce a sparire sarà la promozione e, magari, molti altri costi saranno salvati”.

A questo punto FTM aveva ribattuto che, durante tempi migliori in cui le finanze erano in salute, la promozione poteva trovare il proprio spazio. “Ma assolutamente no”, aveva replicato il DG, “quando i tempi sono buoni non c’ è bisogno di promozione!”

Questa è un’impostazione mentale che deve assolutamente cambiare. Se i quotidiani devono ridisegnarsi per mostrare un volto migliore, allora i propri lettori non dovrebbero essere informati del cambiamento? E ciò significa che la promozione “domestica” non è più sufficiente. Molti annunci sul sito web del quotidiano sono un buon punto di partenza, ma sono necessari anche altri media. Se la stampa vuole riacciuffare i propri lettori, allora deve informarli sulle novità del loro appuntamento con l’ informazione.

Il messaggio, naturalmente, è che la stampa ha investito creando un prodotto migliore, e adesso è ora che i lettori tornino sui propri passi per provarlo.

—–

(traduzione di Andrea Fama)

Exit mobile version