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Se Google ‘democratizzerà’ i micropagamenti darà il via a una nuova rivoluzione?

Il sistema del tutto-gratuito è in crisi e il gigante americano, con la messa a punto di un nuovo sistema di micropagamenti, si propone di dominare il settore – ‘’Cercate con Google e pagate con ‘Checkout’ ‘’ – L’ informazione come una applicazione? – Un’ analisi di Benoit Raphael

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”Se  Google democratizzerà i micropagamenti, includendoli in modo ‘indolore’ nel percorso di ricerca dell’ internauta, si può scommettere che riuscirà a produrre una nuova mutazione nell’ ecosistema dell’ informazione’’.

Ecco, potrebbe essere questo, secondo Benoit Raphael,  il processo che si è aperto ora che Google ha fatto sapere di stare lavorando su un nuovo sistema per i micropagamenti (vedi Lsdi, Da Google un sistema per i micropagamenti online).  La notizia è stata forse sottovalutata. Ne è convinto Raphael, che ad essa dedica un’ ampia analisi, cominciando con una notazione che a molti è sfuggita e cioè che puntando forte sui micropagamenti,  Google sta ‘’mettendo giustamente i piedi’’ in uno dei settori più promettenti di Apple.

Tutti i contenuti devono essere accessibili, continua a sostenere il gigante americano, ma questo non vuol dire che debbano essere gratuiti, nota Raphael.

E dunque, cercate con Google e pagate con ‘’Google Checkout’’ (così si chiama il sistema di micropagamenti).

Le applicazioni prefigurate andranno dall’ abbonamento mensile, all’ acquisto singolo, fino al pagamento di un insieme di contenuti provenienti da pubblicazioni diverse. Per esempio: una Top 10 di contenuti economici del giorno. 

Come Apple con AppStore – continua Raphael -, o come col suo "Android Market" (il servizio per il mobile) Google si prenderà il 30% su queste transazioni.

Insomma, secondo il commentatore francese, l’ annuncio di Google potrebbe annunciare una vera rivoluzione. Perchè? Perché il modello del tutto gratuito su internet è in crisi. Ma soprattutto perché  prosegue Raphael – il progetto proviene da Google. E Google è una delle poche aziende (con Apple) a poter proporre un sistema unitario di micropagamenti.

Che significa:  Google organizza l’ informazione su Internet, Google democratizza il sistema del ‘’single-sign-on’’ (un solo conto per servizi diversi), domani Google proporrà il sistema di pagamento sui contenuti che essa organizza.

Qui il documento redatto da Google per la NAA:

Benoit Raphael ricorda di aver già evocato in passato questo dibattito sulla questione gratuito/a pagamento, in seguito a una discussione avuta con Nathan Stoll, il capo di Google News, al termine di una conferenza. Stoll ci diceva, nel 2006: "Non sono per il tutto gratuito. Se pagare diventa semplice, allora bisogna far pagare. Ma ninte si muoverà fino a quando pagare un dollaro su Internet sarà molto complicato".

Ci siamo.  Se  Google democratizzerà i micropagamenti, includendoli in modo ‘indolore’ nel percorso di ricerca dell’ internauta, si può scommettere che riuscirà a produrre una nuova mutazione nell’ ecosistema dell’ informazione.

Resta però una questione: che cosa si può veramente vendere?

Il confronto con iTunes ha i suoilimiti. Un brano musicale è un contenuto indivisibile, che bisogna ‘piratare’ se si vuole ascoltarlo senza pagare e di cui si approfitterà per tutta la vita. Una notizia è molto meno concreta. Una informazione, una volta diventata di dominio pubblico, perde il suo valore e può essere condivisa gratuitamente. Difficile da vendere, anche con un sistema tanto ‘’indolore’’ quanto i micropagamenti.

Il modello dominante oggi è quello dell’ abbonamento-premium, che nasce dal modello "freemium":  non si basa specificamente sulla vendita di contenuti ma piuttosto sull’ appartenenza a un club, sul sostegno a una causa, sull’ acquisto di servizi. Si crea del traffico mettendo a disposizione gratuitamente dei contenuti e bisogna pagare i servizi. Ma non si tatta, parlando propriamente, di vendita di contenuti informnativi.

Altre strade?

Torniamo alla rivluzione Apple, a cui il progetto Google potrebbe tagliare l’ erba sotto i piedi.
Su cosa si basa questa rivoluzione? Con l’ iPhone, Apple ha rivoluzionaro l’ ecosistema dell’ informazione sul mobile. E quindi dell’ informazione online tout-court visto che la mobilità è la prossima tappa del Net.

Riguardiamo queste tappe:

1- Anni 90: l’ era del WWW. L’ informazione è organizzata in rubriche sui siti internet dei media. e
2- Anni 2000: l’ era Yahoo. L’ informazione è raccolta non più su dei siti ma su dei portali
3- Anni 2002-2008: l’ era Google e il web 2.0. L’ informazione è frammentata e si organizza attorno a dei contenuti organizzati da Google stesso.
4- Anni 2010: l’ era iPhone e NetPC. L’ informazione si organizza attorno a delle applicazioni scaricate sul tuo apparecchio mobile (Net PC, iPhone o GooglePhone).

La tappa 4 – continua Raphael – , è dunque quella dell’ applicazione.
 
Si è democratizzata con l’ iPhone e Android. Sta per svilupparsi sul Net PC, una grande idea, Jolicloud (di Tariq Krim, fondatore di Netvibes), la cui versione beta è stata appena lanciata.

E si comprende che queste applicazioni si vendono piuttosto bene, grazie ai micropagamenti di Apple  (il modello iTunes) e che a partire dalla fine dell’ estate permetteranno anche di comprare cn un solo click servizi e contenuti.

E se pensassimo ai contenuti dell’ informazione come delle applicazioni? A che cosa potrebbe somigliare un appli-documentario, per esempio?- si chiede Raphael -.

Non finiremo mai di ri-pensare l’ informazione sulla rete.  

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