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L’ altra faccia della pubblicità

In un intervento di Giovanni Boccia Artieri una riflessione su “Memorie future dalla pubblicità”

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L’ altra faccia della pubblicità, quella della creatività, della responsabilità e del rischio culturale.

Perduti come siamo, molti di noi, nei paesaggi spesso rozzi e sbrigativi che il mondo dei media assegna alla pubblicità e sommersi dai ruoli apocalittici che molto discorso sul giornalismo le disegna, ogni tanto fa piacere respirare un po’ di aria diversa.

E’ il caso di un intervento di Giovanni Boccia Artieri ( docente di “Teoria dell’informazione”, “Sociologia dei new media”, “Teoria della comunicazione e cultura dei media” e “Comunicazione pubblicitaria”  all’ Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” ) che traccia sul suo blog, mediamondo, delle “Memorie future dalla pubblicità”.

Riecheggiando le parole di Pasquale Barbella ,  Boccia Artieri ricorda quando

il sogno delle merci aveva del miracoloso, perché esse rendevano accessibile l’immaginario nelle case: attraverso le nuove forme, la matericità, il packaging… le font utilizzate per parlarne, le immagini sfavillanti che animavano le strade incrociando dai manifesti lo sguardo di chi le attraversava…
 
Quel miracolo ora è consumato… 

Questa funzione deve mutare la propria poetica nel momento in cui le merci non sono più nuove: ha ancora senso sognare caffè in paradiso quando costa 1 euro al bar o ce lo sorbiamo svogliatamente la mattina schiacciando distrattamente cialde in una macchina automatica? E’ ancora possibile trattare un’automobile come se nessuno di noi ne avesse l’esperienza? (…)

Dobbiamo cambiare prospettiva – continua Gboccia – , se no non riusciremo mai a rispondere alla domanda che creativi stranieri, come ricorda Barbella, ci fanno – di solito quando ci si reca a Cannes:“Come si spiega il degrado pubblicitario di un paese che ha alle sue spalle una civiltà, un patrimonio artistico, una sensibilità estetica che tutti ci invidiano?”

La risposta, sottolinea Giovanni Boccia Artieri,

è politica: ha a che fare con la mutazione del corpo della società che riguarda gli individui così come le imprese. Dalla crescente scarsa considerazione per le attività intellettuali (studio e scuola comprese) ad una discutibile concezione del marketing che
“ha preso piede in ogni settore della comunicazione, dalla televisione alla politica. Un marketing ottuso e sbrigativo, determinato a raggiungere con qualsiasi mezzo i suoi obiettivi immediati: vendere qualche materasso in più, far lievitare di mezzo punto una audience, strappare un appalto o un applauso, al massimo vincere un’ elezione”.

Il richiamo non può essere che forte per chi si occupa di comunicazione: la responsabilità è grande. Non è tanto pensarsi come creativi, copy, pubblicitari, comunicatori, ma come operatori culturali….

(continua qui)
  

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