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Internet: perché molte redazioni sono ancora paralizzate?

Una analisi della situazione di blocco di molte redazioni francesi di fronte alla Rete, che ha molti punto di contatto con quella italiana – Le cause? Pregiudizi su internet, che molti ancora considerano l’ immondezzaio dell’ informazione, età e paure dei capiredattori, ignoranza dei “padroni” dei siti, baronie interne, problemi sindacali, ecc. – In questo quadro, secondo Benoit Raphael, “le strategie globali sono spesso paralizzanti e hanno poche possibilità di ottenere successo. I piccoli progetti invece sono spesso la soluzione migliore, a condizione, naturalmente, di non affrontarli come dei progetti “piccoli”. Cioè: poco costosi, poco rischiosi…”

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Benoit Raphael, sul suo blog Demain tous journalistes?, fa il punto della situazione di vera e propria paralisi che si è creata in molte redazioni francesi rispetto alle opportunità offerte dalla rete.
Anche se alcune componenti possono essere diverse, il quadro che ne viene fuori ha vari punti di contatto con quello che succede da noi in Italia ed anche per questo è interessante valutare lo stato dell’ arte oltralpe.  

Fra le molte ragioni di questo blocco, Raphael elenca:

– prima di tutto, la mancata conoscenza di internet, condita di assurdi fantasmi (la rete, indicata a torto come “l’ immondizia dell’ informazione”, ha una cattiva stampa e la vicenda dell’ sms di Sarkozy ha aggravato la situazione.

– la paura fra i capi redattori (ma anche fra i cronisti). Quella di vedere la propria testata scivolare verso dei settori di competenza che essi non dominano (e quindi di essere messi da parte). Parallelamente, altri quadri e giornalisti sono ipermotivati, sono pieni di idee e non chiedono altro che di essere formati per evolvere: e rischiano di dover lasciare queste redazioni prima o poi.

– l’ età di alcuni quadri che, passati i 50-55 anni, frenano al massimo nella speranza di arrivare alla pensione prima dell’ apocalisse…

– i padroni dei media che, non conoscendo niente del settore, si ritrovano mutilati della loro arma migliore: l’ intuizione. Capaci di investire senza esitare sulla carta o in televisione, ma terrorizzati dall’ idea di cacciare più di 10.000 euro in un progetto internet.
 
– dei modelli economici non ancora completamente a punto. Ci sono dei soldi, ma le tariffe pubblicitarie sono troppo basse e la pubblicità non è efficace quanto si poteva sperare.

– delle baronie interne impossibili da sciogliere, e delle emarginazioni nei servizi internet…

– dei “padroni” di internet spesso incompetenti (non tutti ovviamente), messi là per delle ragioni che … sfuggono alla ragione.

– delle questioni di diritti d’ autore ancora in sospeso (mentre se ne parla da almeno 10 anni, molti giornali non hanno ancora siglato con i sindacati degli accordi che consentono ai giornalisti di scrivere o di mandare le loro foto via web).

– dei discorsi globalizzanti e dunque paralizzanti: dovete diventare "multimediali", ecc.

– a livello locale, un approccio disordinato alla rete da parte dei servizi pubblicitari o dell’ amministrazione, preoccupati di salvare i piccoli annunci e di fare dei soldi con internet, ma all’ antica… distribuendo qualsiasi contenuto purché sia telematico.

– una visione disastrosa (per la testata) della Rete, che non sarebbe ‘’che un nuovo supporto di distribuzione dei nostri contenuti” (da cui il concetto di "multimediale", e i blocchi sindacali che ne conseguono…), mentre bisognerebbe concepire la creazione di un progetto internet come quella di un nuovo mezzo (anche quando si immagina uno scambio fra i vari mezzi)

e ora tutti si buttano sul “mobile”, senza aver ben messo a punto il resto…

In questo clima – prosegue Rapael -, le strategie globali sono spesso paralizzanti e hanno poche possibilità di ottenere successo.

I piccoli progetti invece sono spesso la soluzione migliore,  a condizione, naturalmente, di non affontarli come dei progetti “piccoli”. Cioè: poco costosi, poco rischiosi…
Il Web 2.0 ha portato molte cose ma, sul piano editoriale, non funziona da solo. Allo stesso modo i portali in cui si distribuiscono contenuti o servizi automatici corrispondono a una idea vecchia.
Non si tratta tanto di arricchire il sito internet istituzionale della testate. Ma di raggiungere dei lettori. Di avere un progetto. L’ integrazione nell’ universo mediatico non è che un dettaglio tecnico. E in ogni caso il 40% dei lettori di questi n uovi contenuti verranno da Google. Bisogna smetterla di pensare in termini di “sito”.

Lanciare anche solo un blog in una redazione deve essere considerato come lanciare un nuovo mezzo. E’ come se un giornale lanciasse una radio o una emittente televisiva. Bisogna definire un obbiettivo, una tematica, una linea di fondo, mettere in campo dei format, un tono, un ritmo, animare una comunità…

E se si desidera integrare questo progetto all’ interno di una redazione, non bisogna assolutamente immaginarlo come un lavoretto annesso che ci si potrebbe arrangiare a fare in due o tre dentro la redazione oltre al lavoro abituale. L’ importante è chiedersi: quante ore devo dedicarci, di chi e di che cosa ho bisogno?

Il vantaggio di un piccolo progetto, considerato come un nuovo mezzo, è che ha maggiori chance di non cristallizzare i conflitti e le contraddizioni interne, e che soprattutto ha più possibilità di riuscire… e quindi di servire di esempio per dei progetti più pesanti.

Una sola idea, una buona piccola idea, semplice, in un piccolo progetto per una o due persone, può superare in qualche giorno il traffico del sito internet ufficiale della testate. Provare per credere…  

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