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Giornalisti e giornalismo in Italia: immagine pessima, ma grande bisogno di qualità

Gli italiani vedono i giornalisti come “incompetenti, bugiardi, di parte, malati di protagonismo, ma anche insostituibili e indispensabili per tutta la società” – L’ indagine condotta da Enrico Finzi (nella foto) per l’ Ordine di Milano e presentata mercoledì – Una altissima domanda sociale di buon giornalismo – Una informazione credibile è essenziale anche per gli inserzionisti – Il problema della ricostruzione dell’ immagine sociale della professiione

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di Maria Itri

Incompetenti, bugiardi, di parte, malati di protagonismo. Ma anche insostituibili e indispensabili per tutta la società. Questi sono i giornalisti nell’immagine che ne hanno gli italiani, secondo l’ indagine presentata a Milano il 1 ottobre da Enrico Finzi, presidente di Astra Ricerche, per l’Ordine dei giornalisti della Lombardia.

L’indagine demoscopica telefonica è stata realizzata su un campione di 2004 soggetti rappresentativi della popolazione italiana dai 15 anni in su.

La ricerca, come spiega Finzi, segue di dodici anni una prima inchiesta sulla credibilità della stampa commissionata da un importante gruppo editoriale che decise poi di non rendere pubblici i risultati per via dell’immagine critica che ne emergeva. Oggi, l’immagine sociale dei giornalisti è addirittura peggiorata, rispetto a quei dati, in modo significativo. Accanto a questo primo fondamentale risultato, emerge dalla ricerca che esiste però una domanda sociale di buon giornalismo che è altissima.

Terzo elemento analizzato, il rapporto con la pubblicità: un giornalismo credibile è essenziale anche per gli investitori, perché appare ormai chiaro che se il mezzo è degradato nella percezione degli utenti, il messaggio perderà a sua volta di efficacia.

Vediamo allora con ordine innanzitutto quali sono le maggiori critiche segnalate dagli intervistati. Per il 68% del campione, i giornalisti sono spesso bugiardi e le loro informazioni sono inesatte (60%). Il 59% sostiene che i giornalisti esagerano e gonfiano le notizie, mentre per il 52% la stampa italiana non sarebbe indipendente ma asservita ad altri interessi. L’ informazione "di parte" viene lamentata dal 48% degli intervistati. I giornalisti sarebbero anche corrotti (40%), malati di protagonismo (30%) e infine non sarebbero affatto chiari nei loro articoli (30%).

L’immagine che emerge, ha sottolineato Finzi, è costruita soprattutto dai giornalisti che godono di grande visibilità e che lavorano in ambito televisivo. Alle grandi firme del passato si sono sostituite, spiega il presidente di Astra Ricerche, tre tipologie di giornalisti più "riconoscibili": chi lavora in video; chi, pur non lavorando in televisione, appare spesso in veste di ospite o commentatore; e infine chi non fa più il giornalista ma occupa degli spazi televisivi di entertainment. A questo gli intervistati oppongono però delle eccezioni: l’83% ha citato infatti, facendone i nomi, i propri "modelli ideali" di buon giornalismo.

Quali sono allora le caratteristiche positive che chi legge un giornale o ascolta un notiziario cerca? Secondo il sondaggio la prima è la competenza, richiesta da ben il 90% degli intervistati, intesa sia come specializzazione nel settore in cui si opera che come metodo di lavoro: ci si aspetta che un buon giornalista disponga di fonti valide, sia pronto a studiare a fondo il tema del quale deve scrivere, verifichi più volte i dati etc. Accanto a questo, è richiesta la professionalità (79%), la chiarezza (77%), la capacità di coinvolgere emotivamente (73%), alla quale si lega l’efficacia comunicativa (65%).  Il 64% dei lettori/ascoltatori chiede eticità, che per il 62% è anche pacatezza e, nel 53% delle risposte, rispetto per gli altri, soprattutto per i soggetti che sono percepiti come più deboli. Per la metà del campione, il giornalista deve aiutare non solo a sapere ma anche a capire, maturandolo (nel 37% delle risposte). Per il 36% è importante che il giornalista sia anche essere una persona simpatica. I problemi sindacali dei giornalisti interessano infine a pochissimi italiani.

Un’immagine negativa e critica che si affianca a delle caratteristiche precise richieste dai lettori, quindi: ma il sondaggio rivela un altro aspetto fondamentale, quello sull’utilità del giornalismo. E se il giudizio sull’attuale modo dell’informazione è negativo per il 55% degli intervistati, come spiega Finzi "solo la metà, il 27%, valuta come nulla (12%) o scarsa (15%) l’utilità del giornalismo versus il 19% che la considera media, il 16% che la reputa alta e il 38% che la ritiene addirittura altissima: insomma – conclude il presidente di Astra Ricerche – appare fortissima e dominante (73%) la domanda di professionisti della comunicazione non commerciale contemporaneamente forti, competenti, avvocati della verità, appassionati, irrinunciabili".

Esiste oggi quindi – secondo la ricerca – un problema di ricostruzione dell’immagine sociale per i giornalisti.  "Bisogna però combattere con forza – dice Finzi – l’idea che si possa fare a meno dei giornalisti. Non si otterrebbe alcun risultato perché nel Paese c’è una enorme richiesta di buon giornalismo". L’arrivo di Internet e "l’alluvione informativa aumenta la domanda di selezione, verifica, esplicazione e passaggio dal sapere al capire". Ecco perché la previsione sull’evoluzione a medio termine dei media potrebbe essere quella di una crescita della domanda di approfondimento e di nuovi spazi per l’informazione, con una maggiore selezione dei media tradizionale e della nascita di nuove testate, non solo web.

Un ultimo capitolo della ricerca è stato dedicato alla pubblicità. La perdita di efficacia, quasi dimezzata negli ultimi diciassette anni, se da un lato può derivare dall’affollamento dei messaggi, dall’omologazione dei prodotti, dal calo della creatività, dall’altro può essere collegato alla perdita di credibilità delle testate. Se si indebolisce il medium, anche il messaggio finirà per risentirne. Ecco perché, sostiene Finzi, gli investimenti sulla qualità dei mezzi di informazione diventeranno fondamentali a breve anche per gli inserzionisti pubblicitari, che saranno interessati ad un prodotto editoriale percepito dai lettori come credibile. La pubblicità, conclude Finzi avrà bisogno di "un giornalismo competente, autonomo, critico ed etico". E anche il Paese.

La ricerca di Finzi e vari altri materiali sono consultabili qui.

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