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Il giornale che ha abbandonato per sempre la carta

E’ The Capital Times, che non viene più stampato e si può sfogliare soltanto sul sito internet – “Sentiamo che il nostro pubblico si è rimpicciolito e che non siamo più abbastanza rilevanti”, ammette l’ editore – “Stiamo solo andando un po’ più avanti e un po’ più veloci degli altri, ma il trend generale si sta registrando ovunque”

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di Matteo Bosco Bortolaso

New York – Leggeremo i giornali soltanto online. Non esisterà più alcuna versione cartacea. A Madison, in Wisconsin, è già realtà. Il quotidiano The Capital Times, ormai da un mese, non viene più stampato. Si può sfogliare soltanto sul sito internet.

Il giornale – che pubblicava anacronisticamente nel pomeriggio – viene definito “locale” e “progressista”. Nacque novant’anni fa “in risposta al fervore gingoista della prima guerra mondiale”, opponendosi al conflitto che avrebbe insanguinato il pianeta.

La cronaca del Capital Times può essere consultata sul web, assieme ai blog e ai dispacci della Associated Press. La redazione, comunque, continuerà a preparare contenuti anche per prodotti stampati, con cadenza settimanale: lavorerà ad una raccolta di notizie e ad una guida agli spettacoli, che saranno entrambi distribuiti con l’altro giornale della città, The Wisconsin State Journal.
 
Da sempre e ostinatamente progressista, The Capital fu fondato da William T. Evjue, che aveva lasciato lo State Journal nel 1917 per la sua linea troppo oltranzista. Il nuovo giornale entrò presto nella storia dello stato del Wisconsin, favorito dal senatore Robert La Follette e osteggiato invece da un suo famoso collega, Joseph McCarthy.

Nel 1947 ci fu un parziale riavvicinamento tra i due giornali, che decisero di gestire insieme una terza azienda, usata per la stampa. Tagliare i costi era l’unico modo per far sopravvivere i due giornali nella piccola cittadina di Madison. Anche se editorialmente indipendenti, le due testate si dividono i profitti.

Come molti suoi fratelli, anche The Capital Times ha sofferto una emorragia di copie vendute, che negli anni Sessanta erano circa 40 mila, mentre adesso non superano la metà di quella cifra.

“Sentiamo che il nostro pubblico si è rimpicciolito e che non siamo più abbastanza rilevanti – ammette Clayton Frink, editore della testata – stiamo andando un po’ più avanti e un po’ più veloci degli altri, ma il trend generale si sta registrando ovunque”.

La transizione, però, non è stata indolore: più di venti giornalisti hanno lasciato la redazione, principalmente con buone uscite. Redattori e cronisti rimasti al lavoro li hanno celebrati pubblicando foto che ritraggono i licenziati vicino alle macchine di stampa, sotto il tiolo “Un sentito saluto a colleghi di talento”. I giornalisti, adesso, si aggirano attorno alla quarantina, cifra che comprende sette assunzioni recenti nelle sezioni web e arti.

“Se c’è una finestra di opportunità per i giornali online, questa è il locale – spiega James Baughman, il direttore della scuola di giornalismo dell’Università del Wisconsin – e la ragione per cui la versione Internet del Capital Times potrebbe avere vita è proprio questa”.
Baughman sottolinea che, passando all’online, il giornale potrà offrire anche le informazioni che si trovano su un giornale del mattino, come i numeri della borsa e i risultati delle partite di baseball. Secondo gli accordi presi con il concorrente, finora il giornale non poteva pubblicare di domenica. Il web, invece, offrirà una scansione  temporale pari a quello delle agenzie di stampa.

La testata, insomma, è tutta da reinventare, anche perché lo zoccolo duro degli abbonati del cartaceo è passato al concorrente Wisconsin State Journal, che ha annunciato di aspettare un boom di lettori paganti: da 89 mila a 104 mila.

Come vincere la sfida? Forse con le inserzioni giuste. Secondo l’editorialista del settimanale locale Isthmus Marc Eisen, anche se “redattori e cronisti della testata cercano di reimmaginare la visione progressista del fondatore Evjue (nella foto) nell’era di Internet, funzionalmente le nuove edizioni hanno tutte a che fare con la pubblicità”.

Sarà, ma i nostalgici giornalisti del Capital Times hanno scritto nell’ultima edizione che lotteranno per avere “una voce indipendente per la pace, la giustizia sociale ed economica, che dica la verità al potere, ogni singolo giorno”.

La preoccupazione, si sottolinea ancora nell’ultimo editoriale, non deve “essere tanto
nella forma che prenderà il Capital Times, quanto nel contenuto e nel carattere del messaggio”.

Nelle stesse pagine – le ultime di carta – c’è anche la foto del combattivo fondatore. Lo scatto è del 1961: Evjue preme per la prima volta il bottone delle nuove macchine di stampa appena installate. Anche allora, si apriva una nuova era.

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