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Ancora sul ‘churnalism’: un’ altra ragione del declino dei giornali

Nick Davies, che ha coniato il termine, articola in un libro (nella foto la copertina) la sua analisi sulla deriva del giornalismo contemporaneo – Al centro delle sue riflessioni il tempo, definita “la più preziosa risorsa di lavoro che avevamo come giornalisti”- I cambiamenti nella struttura delle redazioni sono tali per cui l’ errore non è più un fatto occasionale

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Nick Davies*, il giornalista britannico che ha coniato il termine “churnalism” (vedi Lsdi, “Churnalism”, produzione di massa di ignoranza) ha pubblicato un libro dal titolo “Flat Earth News”** in cui articola ampiamente la sua analisi sulla deriva del giornalismo contemporaneo.

In quelle riflessioni un ruolo centrale spetta al problema del tempo, il “tempo rubato” (vedi Lsdi, Riconquistare il tempo rubato al giornalismo), che Davies definisce in un articolo su Media Life Magazine “la più preziosa risorsa di lavoro che avevamo come giornalisti”.

I cronisti sfornano a ciclo continuo i loro articoli per riempire buchi informativi sempre più grandi, ma con redazioni sempre più piccole e senza tempo a disposizione per fare un lavoro originale, commenta Sterling Hager su Agency Next. Non fanno le verifiche per mancanza di tempo. E si tratta sempre di più di articoli fatti con comunicati stampa o notizie di agenzia. Che vengono presi per oro colato.

I giornalisti lo sanno bene. E i lettori meglio. E’ per questo che ogni giorno – aggiunge Hager – i giornali che lascio qui la mattina nel corridoio quando vado a lavorare restano nella loro fascetta. Alla fine della settimana il padrone di casa, Doug, li prende e li getta nell’ immondizia.
A casa, mio padre, che ha 96 anni, riceve due giornali ogni giorno. In uno trova le parole crociate e butta l’ altro in una scatola di cartone del droghiere che poi ogni martedì andrà fra la carta da riciclare. Si potrebbe dire che anche lui, come i giornalisti, sta semplicemente riciclando notizie.

Come la commercializzazione ha indebolito le redazioni

“Il churnalism è il più evidente esempio del modo con cui la commercializzazione ha invaso e indebolito le redazioni”, dice Davies (nella foto) a Heidi Dawley, di Media Life. “Ci siamo fatti strappare la più preziosa risorsa di lavoro che avevamo come giornalisti, il tempo”.
Qualcuno sostiene che i proprietari vecchio stile dei giornali regnassero sull’ età d’ oro del giornalismo. Davies non è fra di essi. Questi editori old-style avevano la loro agenda e spesso dovevano orientare certe notizie per fare piacere a qualche potente o servire qualche causa politica.

Ma anche se era così, dice Davies, essi davano ai cronisti un tempo di lavoro per la redazione dei loro articoli onesto. I loro reporter avevano il tempo per chiamare il posto di polizia o attendere un incontro governativo, e aggirare le fonti locali per capire che cosa stava veramente succedendo.

Oggi i cronisti non vanno più in giro, passano il loro tempo inchiodati al desk, attaccati ai telefoni. Più “storie‿ significa più articoli dove le cose gli arrivano addosso oppure vengono copiate dalle agenzie. Spesso non le controllano neppure.

E’ nata da questa amara analisi di Davies, spiega Dawley, la decisione del Dipartimento di giornalismo dell’ Università di Cardiff di realizzare una ricerca sullo stato dell’ arte***.

Lo studio ha analizzato 2.207 articoli pubblicati da cinque grossi giornali britannici in due settimane e ha scoperto che l’ 80% di esse erano interamente, principalmente o parzialmente basate su informazioni prodotte da uffici stampa o lanci di agenzia. Dell’ 8% degli articoli non si capivano bene le origini. E solo il 12% di esse erano nettamente e chiaramente originali.

La ricerca ha poi accertato che le redazioni attualmente sono parecchio più ridotte di 20 anni fa mentre le pagine di prodotto redazionale sono tre volte di più.

“Le aziende che vogliono far soldi hanno introdotto dei cambiamenti tali per cui l’ errore non è più un fatto occasionale. Mi sembra che siamo stati strutturalmente modificati in maniera che ciò accada”, dice Davies.

“E’ il peggiore degli errori, anche. Non è che i fatti non tornano, è che l’ intera storia è sbagliata. E cioè che si tratta di flat earth news, ricostruzioni che contraddicono tutti i dati e tutte le ragioni, ma che alla fine vengono accettate per l’ assoluta insistenza di quelli che hanno bisogno che esse siano così”.
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*Nick Davies è uno dei più famosi giornalisti d’ inchiesta del Regno Unito. Vincitore di vari premi per il suo lavoro di ricerca sul crimine, il traffico di droga, la povertà e in generale i problemi sociali, lavora per il Guardian. Ha realizzato anche documentari per la Tv.
** Letteralmente ‘’notizie dalla Terra piatta‿, ma potrebbe essere “produzione intensiva di ignoranza‿ e cioè, di nuovo, churnalism.
Il sottotitolo è: An Award-winning Reporter Exposes Falsehood, Distortion and Propaganda in the Global Media. (Chatto & Windus, £17.99, pp320).
***Vedi ancora https://www.lsdi.it/2008/02/07/dal-giornalismo-al-%e2%80%9cchurnalism%e2%80%9d-produzione-di-massa-di-ignoranza/

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