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Il modello economico dell’’editoria online si orienta sempre di più verso un taglio partecipativo ma mostra ancora fragilità



Una intervista con Emmanuel Parody, direttore editoriale del polo online Business News e autore di Ecosphère – Non ci si può basare solo sulla pubblicità – Verso una ristrutturazione globale dei gruppi editoriali

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Il modello economico che sta dietro l’ attività editoriale online si va orientando sempre di più verso l’ esperienza partecipativa, ma conserva ancora una certa fragilità strutturale. Ne è convinto Emmanuel Parody*, uno dei principali esperti del mondo del web, che cura fra l’ altro ecosphère.wordpress.com, uno dei blog più interessanti sull’ universo dei nuovi media.

Come è molto interessante il taglio dell’ elaborazione di Parody perché, anche per la sua esperienza di direzione editoriale e giornalistica, l’ uomo è poco incline all’ ebbrezza ideologica e alla predicazione e molto attento invece alle questioni delle basi economiche dei nuovi media. E’ importante perché, soprattutto all’ inizio di nuovi cicli e nuovi processi di produzione, l’ euforia spesso nasconde le ‘’lacrime e il sangue’’ dei tanti che, per qualche trionfatore, restano sconfitti sul terreno.

Ma ecco l’ intervista.

D – Parody, ci può precisare a grandi linee le principali tappe di questa evoluzione del modello economico dell’ online fino alla fase partecipativa?

R – Grosso modo vedo tre tappe :
– Quello che venne chiamato il web 1: la pubblicazione a senso unico, animata da alcune zone di interattività (forums, chat, commenti), 1998 – 2001
– L’ impegno dei cittadini: la scoperta che l‘ implicazione dei lettori diventa una componente essenziale dello sviluppo del media online e della sua credibilità. E questodà vita ai blog, all’ User generated content (UGC), al giornalismo dal basso (citizen journalism) e ne fa il principio base dei siti partecipativi, 2002-2005
– Infine, terza tappa, l’ identità digitale: al di là dell’ impegno del lettore la sua partecipazione diventa una componente della sua identità digitale. Le sue scelte, le sue opinioni, il suo comportamento sul web lo impegnano in una rete complessa di relazioni sociali online. Questo dà vita alle reti sociali, al Behavioral targeting (la costruzione del target attraverso il comportamento online), etc.

D – Ma nonostante questi sviluppi, lei è ancora convinto che il modello economico dei media online sia internamente fragile?

R – E’ fragile soprattutto in Francia, a causa della debolezza delle tariffe pubblicitarie (in CPM, costi per migliaia di contatti) che non permettono di monetizzare correttamente un media che si basa unicamente sulla produzione di articoli d’ informazione. D’ improvviso la diversificazione e l’ integrazione dei servizi diventa una componente necessaria. E infine, dipendere da una sola fonte di ricavo è un po’ suicida.

D- Mi può dare – a larghe linee – dei dati quantitativi, economici, che possano confermare la sua analisi?

R – Purtroppo l’ evoluzione del CPM medio sul mercato non è un dato che sia stato oggetto di analisi statistiche. Per il resto ci si può riportare agli studi della banca Morgan Stanley** ) oppure considerare la recente tendenza al rallentamento della crescita dei ricavi della stampa online (che corrisponde anche al rallentamento della crescita dell’ audience )***.

D – Ma pensa che questa fragilità sia temporanea, relativa al contesto industriale attuale, oppure sia assoluta?

R – Per certi versi è permanente, almeno fino a quando non si dispone che di una sola fonte di reddito, la pubblicità, ma nello stesso tempo essa costituisce il segno di una transizione industriale. Il web non può, ad esempio, caricarsi l’ equivalente dei costi di ammortamento della stampa tradizionale e quindi si va necessariamente verso una riorganizzazione globale dei gruppi editoriali, non essendo il bi-media (stampa e online) una opzione percorribile o sufficiente.

D – Quindi bisogna cominciare a pensare a un nuovo modello economico che sia esso stesso, più o meno interamente, participativo?

R – Il taglio partecipativo è essenziale perché segna la forza di un mezzo, rende visibile l’ impegno dei suoi lettori e quindi la forza del legame che si instaura. E alla fine questo è un argomento essenziale per giustificare dei CPM elevati. Non credo che sia molto serio immaginare un modello che punta al 100% sul collaborativo. Il modello è misto, basato necessariamente anche sul ruolo di una equipe professionale. Ma a questo punto, sapere se questa équpe produce essa stessa dei contenuti oppure si concentra principalmente sulla gestione e l’ organizzazione è una opzione aperta.

D – E a che punto è la discussione su queso insieme di questioni?

R – Totalemente aperta. Siamo tutti in fase di sperimentazione.

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* Emmanuel Parody, economsta di formazionbe, giornalista specializzato nelle tecnologie dell’ informazione. Redattore capo e poi direttore di ZDNet.fr dal 1999. Nel giugno 2006 ha raggiunto l’ équipe de sito web del quotidiano Les Echos (Pearson Group) dove è stato incaricato del Business Developpement en dell’ innovazione. Dal novembre 2007 ha preso la direzione editoriale del polo Business-News, a cui fanno capo i siti ZDNet.fr, CNETFrance.fr, Businessmobile.fr et News.fr.

**US Internet Advertising Outlook, 2006-2010 (Pdf).

*** Rallenta del 20% la crescita dei ricavi pubblicitari della stampa quotidiana on-line, secondo un rapporto della NAA (Newspaper Association of America). Il calo sarebbe dovuto soprattutto a un prezzo troppo elevato della pubblicità sui siti dei giornali, di fronte a una concorrenza sempre più intensa e meno cara. In particolare i piccoli annunci sarebbero stati colpiti dalla moltiplicazione dei siti gratuiti.

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