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‘’SUICIDI” VIRTUALI: SOLO SENSAZIONALISMO?


Il Times di Londra ha consacrato un lungo articolo alle persone che mettono fine alla propria esistenza su alcuni siti di networking sociale come Facebook. Si tratta soltanto di sensazionalismo a buon mercato, si chiede su Transnet Francis Pisani, … oppure di qualche cosa di più interessante?

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Il Times di Londra ha consacrato un ampio articolo alle persone che mettono fine alla propria esistenza su alcuni siti di networking sociale come Facebook.

L’ esempio più impressionante è stato quello di Stephanie Painter, una giovane donna il cui compagno era geloso per i legami che lei conservava con alcuni vecchi flirt. Per risolvere la questione in maniera radicale, la donna ha distrutto il suo profilo. Una morte ‘’rapida e senza dolore’’, precisa l’ articolo all’ inizio.

Non è altro che l’ eliminazione dell’ io virtuale, naturalmente, ma – secondo Francis Pisani – si potrebbe prestare a delle nuove formule giornalistiche tipo ‘’suicidio su Facebook”. Ci sarebbe, a proposito, anche un gruppo che starebbe preparando un suicidio collettivo (sarebbero 143 persone, ma non ho verificato).

‘’Trovo che una delle cose simpatiche del web – spiega Pisani – sia il fatto che permette di riannodare i rapporti con persone perse di vista. In alcuni casi si tratta di amori del passato e tutto questo è bello.

Conosco diverse persone che a partire da lì hanno deciso di ritrovarsi nel mondo reale. Per vedersi… e qualche volta anche per qualcosa di più.

E’ la vita ed è piuttosto simpatico.

Ma il giornale in questione dice che tutto questo può essere pericoloso e destabilizzante e cita un pugno di psicologi desiderosi di impaurirci i quali ci spiegano che questo genere di relazioni sono false e che ‘’riannodare i legami con i fantasmi del passato’’ può indicare dei gravi problemi nella vita attuale.

Trovo che sia una cosa saggia – l’ idea mi è passata più volte per la testa – ritirarmi da alcuni di questi siti sociali ai quali mi sono scritto.

Ma non ho mai concepito questa cosa come un ‘’suicidio’’.

Non posso dimenticare l’ importanza che questi profili hanno per la costruzione dell’ identità degli adolescenti, come ci ha spiegato Danah Boyd . Ma l’ uso della parola “suicidio” – conclude Pisani – mi sorprende.

Si tratta soltanto di sensazionalismo a buon mercato, di una nuova trovata di un media tradizionale per farci paura … oppure di qualche cosa di più interessante?

Ma bisogna essere coerenti – gli risponde in un commento Pablo -: quando si arriva a inventare e a sviluppare una ‘’second life’’, bisogna che vi sia nello stesso tempo una ‘’second death’’.

[Photo Flickr di DistortedSmile ]

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