La notizia accolta molto favorevolmente nell’ambiente del fotogiornalismo francese da tempo pressato da misure restrittive spesso molto discutibili – In Italia, anche se abbiamo da decenni leggi più precise e garantiste, non è però certo che, in un caso simile, il diritto all’informazione avrebbe prevalso su quello della privacy
Non c’è nessuna violazione nel pubblicare, in nome dell’informazione o dell’arte, il primo piano del volto di una persona anche se ripreso di nascosto. Così, a grandi linee, si è espressa, il 2 giugno scorso, la diciassettesima ” Chambre du tribunal de grande instance” di Parigi, specializzata nel dirimere contenziosi riguardanti la stampa.
Il caso in discussione era quello di un cittadino il cui viso era finito a piena pagina sul libro “L’Autre” del fotoreporter Luc Delahaye dell’agenzia Magnum. Il ritratto gli era stato “rubato” mentre stava viaggiando in metropolitana a Parigi. Delahaye lo aveva realizzato, assieme a decine di altri, nel corso di un lungo lavoro di documentazione portato avanti utilizzando una fotocamera nascosta in una borsa.
La persona ritratta si era rivolta al tribunale di Parigi sostenendo di essere stata danneggiata dallo ” sfruttamento commerciale della sua immagine”, dalla “espressione di tristezza che caratterizza e ridicolizza il ritratto” e dalle “ripercussioni negative che la pubblicazione ha avuto sul suo equilibrio familiare”. Oltre a Delahaye, erano stati trascinati in giudizio anche i responsabili di un documentario nel quale appariva, per un paio di secondi, lo stesso ritratto. Richiesta di danni: centomila franchi francesi, più o meno quindicimila euro.
Il tribunale di Parigi ha invece respinto tutte le rivendicazioni affermando che ” il diritto di una persona sulla sua immagine non è assoluto e decade davanti al diritto all’informazione, principio fondamentale protetto dall’art.10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che autorizza la pubblicazione di immagini di persone coinvolte in un avvenimento, fatto salvo il rispetto della dignità della persona umana”. In sostanza – secondo i giudici francesi – ” il diritto all’immagine non può costituire arbitrariamente ostacolo alla libertà di ricevere o di comunicare idee che si esprime specialmente nel lavoro di un artista”.
La notizia è stata accolta molto favorevolmente dagli ambienti che in Francia si occupano di fotografia giornalistica ed editoriale, un settore da anni messo sotto pressione da provvedimenti giudiziari estremamente restrittivi.
Sull’argomento – leggi qui sotto – il quotidiano “Le Monde” ha dedicato oggi un ampio servizio firmato da Michel Guerrin, autore tra i più competenti in fatto di fotogiornalismo e fotografia.
Nell’articolo, tra l’altro, si segnala un’inversione di tendenza nei tribunali francesi anche per quanto riguarda il diritto all’immagine dei propri beni, invocato dai proprietari anche quando questi sono esposti al pubblico. Esempio: la pretesa della società che gestisce l’illuminazione della Tour Eiffel di ottenere il pagamento dei diritti di pubblicazione da chiunque, giornali compresi, pubblichi immagini di vedute notturne nelle quali appare lo strafamoso monumento parigino.
La sentenza del tribunale di Parigi, in parte, afferma principi che, fortunatamente per noi, sono già , spesso da decenni, nelle nostre leggi, partendo dalle norme riguardanti il diritto delle persone alla propria immagine contenute nella legge sul diritto d’autore del 1941, sino alle recentissime interpretazioni date dal Garante su quanto sancito dal nostro Codice deontologico sulla privacy.
Il provvedimento della magistratura francese supera però alcuni dubbi che invece gravano ancora sul nostro lavoro anche dopo i recenti chiarimenti – vedi Gsgiv Notizie 33.2004 – forniti dal Garante che, per esempio, è tornato ad invitarci , nel documentare con fotografie fatti di cronaca che avvengono in luoghi pubblici, “a valutare anche quale tipo di inquadratura scegliere, astenendosi dal focalizzare l’immagine su singole persone o dettagli personali se la diffusione di tali dati risulta non pertinente e eccedente
rispetto alle finalità dell’articolo”.
Chissà , perciò, se Garante e magistrati italiani , oppure anche più semplicemente qualche Consiglio regionale del nostro Ordine professionale, valutando tra “pertinenza e eccedenza”, avrebbero pure loro dato ragione a Luc Delahaye per quel suo primo piano, indiscutibilmente, davvero “rubato” ?