VII - Conclusioni

2 - Il Media watch global

 

E in questa prospettiva che è stato creato l' Osservatorio internazionale dei media (Media Watch Global). La sua sezione venezuelana ha avviato immediatamente un'analisi delle difficilissime condizioni dell'informazione nel paese e, in particolare, del giornalismo. Perché, come abbiamo visto, la polarità fra libertà di stampa/diritto all'informazione, diventata prevalentemente politica e ideologica, ha finito per lasciare in ombra il segmento-chiave del mondo dell'informazione: il giornalismo, lo specifico professionale, schiacciato dall'urgenza del conflitto sociale e spinto a spallate - senza un attimo di tregua e di riflessione - a tradire, in nome appunto dell'urgenza, i più elementari principi di base della professione.

Come è avvenuto, ad esempio, in relazione alle immagini tv note come il video di Puente Llaguno , mostrato come prova che Chavez aveva ordinato di sparare contro i manifestanti dell'opposizione il 12 aprile 2002 e che invece era risultato falso, come nel settembre scorso i suoi autori hanno ammesso (Appendice 27).

O come avviene, su un piano apparentemente più innocuo, con il nuovo genere giornalistico della intervista-dibattito. L'intervistatore ribatte e grida contro le affermazioni sgradite o sconvenienti di un intervistato e definisce tranquillamente gli avversari politici con termini quali orde, alcolizzati, teppaglia, invertebrati, bande, ecc.

 L'Osservatorio, sul piano generale, ritiene che "nel paese è operante in pieno il diritto alla libertà di espressione", mentre "è stato invece seriamente intaccato il diritto dei cittadini a ottenere una informazione onesta, bilanciata, non stravolta, soprattutto a causa del trattamento dei contenuti informativi da parte della maggioranza dei media commerciali" (Appendice 28).

"L'esercizio del giornalismo in Venezuela - puntualizza - ha vissuto situazioni difficili, soprattutto durante gli scontri di maggiore intensità tra i settori politici in conflitto. La maggioranza dei media privati hanno abbandonato la loro missione informativa per assumere posizioni politiche apertamente belligeranti. A loro volta i media statali hanno accentuato la loro tradizionale posizione governativa", rileva l'Osservatorio (Appendice 26). "Le critiche del presidente della repubblica nei confronti di giornalisti e media, molte volte giustificate, si esprimono in un linguaggio che viene percepito, da parte di chi è oggetto di quelle critiche, come una minaccia", ma "fino ad ora il governo non ha preso nessuna misura repressiva contro giornalisti e media di massa, ha rispettato il diritto alla libertà di espressione ed è stato tollerante fino all'eccesso. (...). Solo la reazione del Presidente è stata presa come base per la detta campagna internazionale", secondo cui "in Venezuela non esisterebbe la libertà di espressione". Una "campagna tendenziosa", secondo l'Osservatorio, che "ha fatto ricorso ad affermazioni generali, senza apportare dati o argomenti che dimostrino" le gravi accuse".

 Quanto al "Progetto di legge sulla Responsabilità Sociale del sistema radiotelevisivo" - che viene presentato dai promotori di questa campagna come "un atto illegale che coarta la libertà di espressione", dimenticando "completamente i principi che sono alla base di questo progetto e gli articoli che racchiudono la cornice giuridica nazionale e internazionale" e senza spiegare "quali sono gli articoli che violerebbero le garanzie costituzionali" - l'Osservatorio rileva, innanzitutto, che "i problemi che sorgono nel campo della comunicazione devono essere risolti dai venezuelani".

"Per questa ragione, senza disconoscere il diritto degli esperti di questo settore e degli organismi competenti di emettere su questo tema opinioni fondate - prosegue il documento - respingiamo fermamente questa campagna tendenziosa e l'ingerenza di persone o organismi stranieri che, per il loro contenuto e il loro orientamento, sembra facciano parte di un piano di destabilizzazione".

In Venezuela, sottolinea l'Osservatorio, "manca una legislazione aggiornata sul funzionamento delle emittenti radiotelevisive, che esercitano una influenza profonda sui cittadini, soprattutto i minori. Tutta la legislazione vigente si ispira a una legge del 1940, quando nel paese non c'era la Tv , e si basa su regolamenti parziali che trattano il settore in maniera frammentata. Senza valutare in dettaglio questo progetto, riteniamo che la sua discussione e approvazione sia una necessità improrogabile nell'area della comunicazione".

Una regolamentazione del funzionamento della radiotelediffusione "non implica in nessuna forma una limitazione del diritto alla libertà di espressione. Se qualche settore della società considera che nella legge ci sono aspetti che possono minacciare la libertà di espressione, si deve aprire un dibattito pubblico sul contenuto particolare di quegli aspetti". Mentre, "squalificando genericamente questa legge come 'Legge bavaglio' ( Ley mordaza ) difficilmente potrà aprirsi un dibattito pubblico informato".

Per quanto riguarda in maniera specifica il mondo del giornalismo, le indicazioni sono banalmente semplici ma, in quel contesto, terribilmente difficili.

" I media privati - dice l'Osservatorio - devono abbandonare il loro atteggiamento di promotori ed agitatori politici e tornare a svolgere la loro funzione informativa, senza stravolgimenti né manipolazioni. Nello stesso tempo i giornalisti devono tornare a seguire l' etica professionale, senza atteggiamenti provocatori nei confronti di nessun gruppo sociale o politico o dei corpi di sicurezza dello Stato. I casi di aggressione fisica ai giornalisti devono essere trattati dagli organismi competenti come delitti".

"I cronisti, che affrontano condizioni di lavoro estremamente pericolose, sono vittime di rifiuto e di aggressioni da parte di entrambi i poli della divisione politica imperante. Anche se operano in condizioni di lavoro che non hanno lo stesso grado di pericolo di confronti armati, come è successo nell' aprile scorso, questi giornalisti rischiano comunque la propria sicurezza personale se vengono identificati come espressione di determinati gruppi editoriali. Assumendo atteggiamenti esacerbati e incontrollati, i gruppi di attivisti politici non sono in condizioni psicologiche per percepire i giornalisti come dei lavoratori e rispettare il loro lavoro professionale".

L'Osservatorio, nell'analisi realizzate finora, ha rilevato alcune costanti nella pratica informativa: distorsione dei fatti, occultamento di dati e riferimenti, manipolazione delle dichiarazioni, sbilanciamento nella ricerca delle fonti e una tendenza permanente a presentare lo sviluppo degli avvenimenti da una prospettiva tendenziosamente apocalittica. Questo è più evidente nella titolazione, in cui si distorce l'informazione presente nell'articolo.

Molti giornalisti hanno confessato all'Osservatorio le loro preoccupazioni per le condizioni di lavoro che imperano nei giornali. In varie occasioni si sono trovati di fronte al dilemma di conservare il reddito da lavoro a spese dell'etica professionale.

Negli editoriali, nei commenti e negli articoli di opinione si ricorre ad aggettivi che feriscono la dignità della persona umana e che da una parte provocano l'indignazione del gruppo sociale che si sente sotto tiro e, dall' altra, modellano o rinforzano i pregiudizi e gli stereotipi nell'altro settore della popolazione".

L'Osservatorio denuncia anche "l' atteggiamento degli editori" che "si manifesta anche nella sempre più nota tendenza a eliminare quei collaboratori che non concordano con la loro politica editoriale. In modo che la pluralità delle opinioni, una delle condizioni che richiede il sistema democratico per il suo funzionamento, è stata praticamente eliminata".

"E nemmeno sembra preoccuparli la sorte dei giornalisti che stanno al loro servizio. Al contrario: il senso professionale dei nostri cronisti viene sfruttato dai dirigenti dei media in maniera perversa. Maggiori saranno i pericoli e più evidenti le aggressioni che i giornalisti subiranno e maggiori saranno i guadagni per i loro obbiettivi di proselitismo".

L'Osservatorio solidarizza con i giornalisti, senza distinzione fra le testate per cui lavorano, che sono stati o possano essere vittime di aggressioni nello svolgimento del loro lavoro come cronisti e respinge ogni atteggiamento che metta in pericolo la loro sicurezza come persone e come professionisti.

L'APPELLO DELL'OSSERVATORIO

"Mettiamo quindi la nostra organizzazione al loro servizio. Facciamo appello a tutte le persone e a tutte le istituzioni preoccupate per la situazione determinata dai mezzi di informazione di massa - ai giornalisti e ai loro organismi associativi, a tutti i collegi professionali, alle O.n.g. impegnate nella difesa dei diritti umani, alle Chiese, alle Scuole di comunicazione sociale, ai loro professori e studenti, alle organizzazioni degli utenti dei media, agli operatori della salute mentale - per formare un blocco di opinione che possa influire sulle istanze decisionali dei mezzi di comunicazione sociale, sia pubblici che privati, affinché modifichino la loro tendenza al proselitismo e svolgano il loro dovere di informare in maniera imparziale col fine di evitare scontri, preservare la salute mentale dei venezuelani e assicurare la sicurezza e il rispetto per i nostri cronisti".

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni