Appendice 4

Paradossi venezuelani

di Naomi Klein

 

 

 

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Povero Endy Chávez, esterno dei Navegantes del Megallanes, una delle principali squadre di baseball del Venezuela. Ogni volta che va al suo turno di battuta, il telecronista sportivo locale comincia: "Ecco Chávez. Non il dittatore filocubano Chávez; l' altro Chavez". Oppure: "Questo Chavez colpisce le palle da baseball, non i cittadini venezuelani".

In Venezuela perfino i telecronisti sportivi vengono arruolati nel tentativo dei mezzi d' informazione privati di cacciare il governo democraticamente eletto di Hugo Chávez. Andrés Izarra, un giornalista venezuelano, dice che la campagna ha talmente danneggiato la correttezza dell' informazione nazionale che le quattro tv private hanno di fatto rinunciato al loro diritto di trasmettere. Nell' aprile 2002, dopo che il leader degli imprenditori Pedro Carmona aveva preso brevemente il potere, Izarra ha lasciato il suo lavoro per colpa di quello che definisce un "terribile stress". Da allora lancia l' allarme sulla minaccia per la democrazia che si verifica quando i media decidono di abbandonare l' informazione e usare la loro forza di persuasione per vincere una guerra combattuta per il petrolio.

Le tv private del Venezuela sono di proprietà di ricche famiglie che Hanno seri interessi economici a sconfiggere Chávez. Venevision, l' emittente più seguita, appartiene a Gustavo Cisneros, un imprenditore chiamato dal New York Post "re joint venture". Il Cisneros Group ha stretto alleanze con molti grandi gruppi statunitensi, diventando un custode del mercato latinoamericano. Cisneros è anche un promotore del libero scambio, e nel 1999 ha detto: "Oggi l' America Latina è votata al libero scambio e alla globalizzazione". Ma con gli elettori che scelgono uomini politici come Chávez, questo somiglia a uno spot falso, che spaccia un consenso inesistente.

Tutto ciò contribuisce a spiegare perché, nei giorni che hanno portato al colpo di stato di aprile, Venevision, Rctv, Globovision e Televen hanno sostituito la normale programmazione con discorsi antichavisti, interrotti solo da spot che invitavano gli spettatori a scendere nelle strade. Si sono spinti anche oltre. Il presidente dell' associazione delle emittenti radiotelevisive ha firmato il decreto che scioglieva l' assemblea nazionale democraticamente eletta. E se le tv si sono rallegrate apertamente alla notizia delle "dimissioni" di Chávez, quando le forze filochaviste si sono mobilitate per ottenere il suo ritorno è stato imposto un blackout totale dell' informazione. Izarra dice di aver ricevuto istruzioni chiare: "Nessuna notizia su Chávez, i suoi sostenitori, i suoi ministri e chiunque altro possa in qualche modo essere collegato a lui".

Quando Chávez è finalmente tornato al palazzo di Miraflores, le tv hanno smesso del tutto di dare le notizie. Anzi, in quella che è stata una delle giornate più importanti della storia del Venezuela, hanno mandato in onda Pretty Woman e i cartoni animati di Tom e Jerry. ³Ho detto basta e ho deciso di andarmene², mi ha raccontato Izarra.

La situazione non ha fatto che peggiorare. Durante lo sciopero organizzato dall¹industria petrolifera, che è stato di recente interrotto, secondo stime governative le tv hanno trasmesso ogni giorno una media di settecento spot favorevoli all' agitazione. È in questo contesto che Chávez ha deciso di prendersela sul serio con le tv, cioè non solo con parole di fuoco, ma con un¹indagine sulle presunte violazioni delle norme che regolamentano le trasmissioni e con una nuova legge. "Non vi meravigliate se cominciamo a chiudere le tv", ha dichiarato a fine gennaio. Questa minaccia ha suscitato una raffica di condanne da parte del Comitato per la tutela dei giornalisti e di Reporter sans frontières. I motivi di preoccupazione non mancano. Ma I tentativi di regolamentare i mass media non sono "un' aggressione alla libertà di stampa", come ha sostenuto il Comitato.

I media venezuelani, compresa la tv di stato, hanno bisogno di controlli severi che garantiscano pluralismo, equilibrio e parità nell' accesso ai media, e questi controlli vanno applicati da organismi indipendenti. Alcune delle proposte di Chávez superano queste limitazioni e potrebbero essere usate per mettere il bavaglio al dissenso. Ma è assurdo trattare Chávez come se fosse la minaccia principale alla libertà di stampa in Venezuela: quest' onore spetta ai padroni dei mezzi di informazione. Questo dato è passato inosservato alle organizzazioni incaricate di difendere la libertà di stampa nel mondo, ancora legate al cliché per cui tutti i giornalisti non vogliono altro che la verità, mentre le minacce provengono solo da uomini politici malvagi e da cittadini infuriati.

È triste, perché oggi abbiamo un bisogno disperato di difensori Coraggiosi della libertà di stampa, e non solo in Venezuela. Il Venezuela non è Certo l¹unico paese dove si sta facendo una guerra per il petrolio, dove i Padroni dei media sono inseparabili dalle forze che chiedono un cambiamento di regime, e dove l¹opposizione scompare dai telegiornali. Ma negli Stati Uniti, a differenza del Venezuela, i mass media e il governo stanno Dalla stessa parte della barricata.

traduzione di Nazzareno Mataldi e Marina Astrologo, da Internazionale

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni