Il giornalismo delle persone e quello delle redazioni

Proseguiamo nel lavoro d’esplorazione dell’archivio di Lsdi che abbiamo iniziato alcune settimane fa per riportare alla luce alcuni degli articoli pubblicati su questo blog nei suoi primi anni di vita. Un lavoro nato per rendere omaggio ai fondatori di questo gruppo di lavoro e che poi è diventato – purtroppo – una sorta di commosso e vibrante ricordo  dell’ideatore e redattore capo del blog di Lsdi per tanti anni dalla sua fondazione  il nostro mestro Pino Rea, venuto improvvisamente a mancare il 6 luglio scorso.  Alcuni dei temi del 2004 e come vedremo quest’oggi del primo scorcio del 2005, sono ancora oggi, molto attuali. In un lungo post del luglio del 2005, Pino Rea, analizzava il ruolo del giornalismo nell’epoca della transizione digitale, soffermandosi in particolare sul ruolo del citizen journalism e degli User Generated Content, i contenuti informativi generati direttamente dagli utenti e da loro diffusi online attraverso le piattaforme di condivisione. L’articolo da cui estrarremo, come sempre, alcuni significativi passaggi, non è solo una buona analisi di quei temi, ma è anche –  a nostro personalissimo avviso –  una sorta di modello di produzione giornalistica per tutti i contenuti successivi prodotti dentro al nostro gruppo di lavoro e pubblicati attraverso questo blog. Uno schema operativo eccellente per tutti coloro che hanno lavorato, lavorano e pubblicheranno su Lsdi. I nostri pezzi migliori – perdonate l’autocitazione – seguono infatti lo schema proposto dal nostro fondatore e mentore, in questo particolare articolo, che andiamo a  riesumare e che  si intitola : “Citizen journalism arriva il giornalismo a due dimensioni” e risale al luglio del 2005:

 

 

CITIZEN JOURNALISM: ARRIVA IL GIORNALISMO A DUE DIMENSIONI?

 

In un ampio articolo per Poynter Institute, Steve  Outing,  – giornalista e ricercatore americano,  ritiene che sia maturo il passaggio dal giornale di lettura al giornale di conversazione. Dal giornalismo a una direzione, dall’’alto verso il basso, al giornalismo bidirezionale, quello a due direzioni.
Ma la realtà è complessa.  Ad esempio, il Los Angeles Times, ha dovuto chiudere precipitosamente un grosso esperimento di citizen journalism.

Il LAT, uno dei principali quotidiani della West Coast, non un blog per principianti,  aveva lanciato un esperimento di grosso rilievo: pubblicare online degli editoriali giornalistici scritti o riscritti direttamente dai lettori.
Ma, come scrive Vittorio Zambardino su Repubblica ( Usa: il Citizen Journalism fa i conti col primo scivolone ), è stato ”un doloroso fallimento”: il quotidiano statunitense ha deciso di interrompere bruscamente l’ esperimento,  ”che doveva segnare il decollo del Citizen Journalism”. Dopo pochi giorni, all’interno dello spazio destinato ad ospitare commenti lunghi fino a mille parole (quindi testi abbastanza estesi) sono apparse immagini porno. La decisione dei responsabili del giornale a quel punto è stata obbligata”.

 

 

Fa sorridere,  leggere, alla luce di quello che tutti sappiamo essere successo negli anni successivi sul fronte del giornalismo e delle contaminazioni fra prodotti professionali e “contributi dal basso”,  soprattutto con l’avvento dei social media; quello che all’epoca nella redazione del prestigioso quotidiano statunitense veniva classificato come un insuccesso. Alla luce dei fatti, quelle foto porno vanno considerate,  al contrario, un grande successo – a nostro avviso – e tutto il lavoro intrapreso dai professionisti del LA Times un grande ponte verso un futuro – ancora quasi completamente da scrivere e codificare –  ma che mette insieme in modo sempre più amalgamato e funzionale,  i contenuti professionali con quelli provenienti da ognuno di noi:  “cittadini digitali a 360° sempre più immersi in una dimensione di partecipazione attiva al racconto del mondo”.  Un messaggio che in Italia a distanza di 15 anni fatichiamo ancora molto a comprendere – salvo rarissime eccezioni, vedi, ad esempio:  Youreporter e poi Fanpage;  che infatti sono state e sono, oggi – per motivi differenti ma che vedono alla base l’uso proprio  del citizen journalism – un grande successo editoriale.  Sarà un caso, come ci ricorda proprio l’articolo del nostro mentore e fondatore nel 2005,  che in quei giorni in Francia nasceva Agoravox – uno dei primi siti d’informazione in Europa basato sul modello del giornalismo partecipativo – e dove ha lavorato a lungo Francesco Piccinini, direttore e co-fondatore di Fanpage? Quell’anno nasceva anche Current TV –  forse qualcuno la ricorderà – noi a digit13 ne abbiamo parlato a lungo con uno degli esperti  italiani coinvolti nel progetto:  Tommaso Tessarolo.  Sarà un altro caso che la piattaforma italiana di condivisione di contributi video “dal basso” You Reporter  –  nata nel 2008 – sia stata venduta nel 2014 al  gruppo Rcs Corriere della Sera?  E sarà ugualmente un caso che Agoravox sia tutt’ora un grande successo editoriale mondiale, mentre di You Reporter si siano perse “definitivamente” le tracce, nonostante le centinaia di migliaia di euro di costo di acquisizione e il trasferimento in pompa magna ad uno dei principali gruppi editoriali del BelPaese? Perdonate l’inciso, volutamente polemico, e proseguiamo e concludiamo la lettura per estratti dell’articolo del nostro archivio del 2005, aggiungendo all’analisi del contesto, un documento, dal contenuto estremamente importante sul tema del citizen journalism,  che  proprio noi medesimi – perdonate l’autocitazione – di Lsdi avevamo tradotto e pubblicato in esclusiva per l’Italia:

 

 

 

 

Il citizen journalism è invece “una componente inevitabile e desiderabile del giornalismo tout court del futuro”, spiega Steve Outing, nel saggio “Newspapers and New Media”. Secondo Outing:  “la comunicazione del futuro assumerà sempre di più l’aspetto di una conversazione tra pari, mentre oggi somiglia alla predica di uno (il broadcaster) di fronte a un pubblico inerte (i telespettatori)». Il modello di conversazione orizzontale, secondo Outing, aiuterà il giornalismo tradizionale ( sia tv che cartaceo) “a perdere in arroganza e riguadagnare in credibilità”, finendo quindi per giovare agli stessi giornalisti “classici”, purché sappiano ridefinirsi nella nuova realtà.

 

 

 

The 11 Layers of Citizen Journalism. (A resource guide to help you figure out how to put this industry trend to work for you and your newsroom)

LE 11 FORME DEL CITIZEN JOURNALISM  di Steve Outing (15 giugno 2005)

 

 

 

1) Il primo passo: aprire ai commenti dei lettori

Per qualche editore incerto se concedere a chiunque di pubblicare sotto la sua testata, la possibilità per i lettori di lasciare sul web dei commenti agli articoli pubblicati può essere un punto di partenza. A questo semplice livello lo spazio per i commenti offre l’opportunità ai lettori di reagire, criticare, chiedere, o aggiungere qualcosa a quanto è stato pubblicato dal giornalista professionista. Se guardiamo ai siti web giornalistici che consentono di utilizzare lo spazio per i commenti (e nel momento in cui scriviamo si tratta di una piccola minoranza di tutti i siti di informazione) si può notare un ventaglio di reazioni nei commenti agli articoli. Ma quasi ovunque si tratta di commenti che si aggiungono a quanto è stato pubblicato. Di solito i lettori usano questi commenti per rilevare qualche elemento che il giornalista aveva dimenticato, oppure per aggiungere qualche nuova informazione che il giornalista non conosceva. Questi interventi dei lettori possono arricchire e migliorare l’articolo. Ma quali contenuti dovranno essere aperti ai commenti dei lettori? I blog tradizionali includono per natura i commenti dei lettori (sebbene alcuni dei blog indipendenti più popolari lo evitino) e quindi non c’è problema. Alcuni siti – incluso questo, Poynter Online, – consentono i commenti dei lettori ad ogni articolo. Chi fa questo è già sulla buona strada verso l’esperienza del citizen journalism. Ma perché non andare oltre? Perché per esempio non pensare ai commenti dei lettori come si pensa tradizionalmente agli auguri di compleanno, ai necrologi, insomma a tutto quello che chiamiamo piccoli annunci? Pensateci: perché una lettera al direttore da parte di un lettore dovrebbe finire lì? Perché non fare in modo che si apra una conversazione online? La possibilità di commentare anche gli annunci di concerti o spettacoli può attrarre verso il giornale persone che hanno già visto precedentemente il musicista o l’artista (fornendo così un interessante e utilissimo servizio pubblico). I commenti ai necrologi possono raccogliere i ricordi delle persone che hanno conosciuto il deceduto. E così via. Ancora: commenti sui piccoli annunci – soprattutto quelli nelle categorie in cui il venditore non paga per l’inserzione – possono essere un interessante esercizio e un servizio pubblico potenzialmente utile. Attenzione: qualche sito web ha avuto dei problemi per dei commenti sgradevoli da parte di qualche lettore. Questo può essere parzialmente evitato chiedendo agli utenti di registrarsi nel sito e di fornire nome ed indirizzo e-mail prima di essere ammessi a “postare” i commenti e stabilendo un sistema che renda semplice per gli amministratori del sito cancellare i commenti spiacevoli o inopportuni. Non voglio tracciare un quadro roseo. Come hanno imparato i siti giornalistici online, bisogna controllare quello che la gente “posta”. La chiave può essere capire che aprire ai commenti dei lettori richiede vigilanza, anche se il numero di problemi a cui si va incontro dovrebbe essere esiguo. Ancora molti editori sembrano riluttanti a fare questo primo passo nel c-j. Anche The Nordest Voice, un sito web e giornale di c-j che fa capo a The Bakersfield  Californian , di cui parleremo nei successivi livelli, non consente di lasciare commenti. Un rapporto bidirezionale è una necessità assoluta del c-j, anche se sembra restare una minaccia per molta gente del giornalismo e dell’editoria professionale.

 

 

 

 

 

 

2) Secondo passo: un cittadino accanto al giornalista

Un altro passo avanti è sollecitare contributi di cittadini a supporto di servizi fatti da giornalisti professionali. E’ qualcosa di più che aggiungere un link per i “commenti dei lettori”. Intendo invece dire raccogliere vicende selezionate, informazioni tempestive ed esperienze da parte di cittadini lettori e aggiungerle alla storia principale per arricchirla. Un esempio: una serie di atti vandalici ad automobili parcheggiate nei pressi della stazione ferroviaria. Il cronista scrive un pezzo sul problema, identificando alcuni dei luoghi degli atti vandalici. Come servizio d’appoggio alla storia tradizionale, i pendolari vengono invitati a “postare” la propria esperienza in relazione all’auto danneggiata e a includere delle foto. Questo sistema coinvolge le vittime o i testimoni che contribuiscono a fornire informazioni e notizie per diverso tempo (fino a quando il colpevole viene catturato e la storia si spegne). L’informazione da parte del pubblico serve anche come allarme per tutti gli altri pendolari che hanno avuto problemi analoghi nel parcheggi vicini. Le informazioni provenienti dal pubblico potrebbero anche essere inserite dalla redazione in una sorta di mappa delle notizie di nera relative a singole vicende, utilizzando resoconti e foto delle vittime stesse. Naturalmente, anche questa strada richiede vigilanza. Immaginate per esempio di pubblicare una notizia e una foto di qualcuno che sembra stia spaccando una macchina e che il sospetto sia identificabile da quelle foto. Se quella persona è un innocente automobilista che sta infilando le chiavi nell’a serratura della sua auto…, potete immaginare che bella denuncia per danni che riceverà il giornale che ha pubblicato quelle foto. Molte vicende (anche se certamente non tutte) potrebbero trarre un vantaggio da questo tipo di trattamento. Una storia, per esempio, di ciclisti che vengono molestati da motociclisti può essere l’ideale per sollecitare l’intervento dei lettori. Un tale approccio ai contributi dei cittadini certo non è qualcosa che puoi utilizzare in qualsiasi vicenda giornalistica, ma, quando è possibile, è un buon modo per offrire alla cittadinanza una copertura migliore e più approfondita di quanto sia possibile fare con il lavoro del solo reporter professionale. Quindi pensate a qualche storia che può ricevere un beneficio dal trattamento “citizen add-on”.

 

 

 

3) Ora cominciamo a fare sul serio: la cronaca

Se volete salire un altro gradino della scala verso il c-j, pensate ora a quello che a volte viene definito come giornalismo “open-source” o giornalismo integrato. Si tratta di un’altra di quelle tecniche che potrete usare quando le caratteristiche della storia lo permetteranno. Il termine generalmente viene utilizzato facendo riferimento a una collaborazione fra un giornalista professionale e i suoi lettori in un servizio in cui ai lettori che sono a conoscenza della materia viene chiesto di contribuire con la loro esperienza, vengono loro poste delle domande che consentano di indirizzare chi scrive, oppure viene chiesto anche di fare un’inchiesta vera, che verrà poi inclusa nel prodotto giornalistico finale. Ci sono vari approcci che un cronista può utilizzare rimanendo in questo settore. Uno potrebbe essere far sapere in giro che state lavorando su una certa storia e che cercate delle persone che vi possano aiutare. Un esempio potrebbe essere avere in programma un’intervista con qualche personaggio politico o culturale importante. Fate sapere che vorreste andare a questa intervista con una serie di domande segnalate dai lettori. Scegliete le migliori, aggiungete del vostro e poi fate l’intervista. Un altro passo: distribuite uno bozza del vostro articolo, prima della pubblicazione “ufficiale”, ai lettori che vi hanno aiutato, raccogliendo i loro feed-back per “perfezionare” l’articolo prima che esso raggiunga tutti i lettori. I giornalisti che pubblicano su siti web o su blog possono farlo pubblicando una bozza on line , raccogliendo i contributi del pubblico e poi pubblicando la versione definitiva sul web così come verrebbe fatto in una edizione stampata del giornale. Una tecnica può prevedere l’aggiunta di note pop-up nella storia che sottolineino le idee del lettore; il pop-up potrebbe comparire quando il mouse del lettore online tocca una parola o una frase chiave. Una forma più avanzata di cronaca open-source prevede la collaborazione fra giornalista e lettori. Si potrebbe chiedere che i lettori “esperti”  nella vicenda,  facciano un articolo (a pagamento), che poi verrà incorporato nel servizio finale. Il pagamento per il lavoro dei lettori potrà avvenire alla pubblicazione dell’articolo oppure per contanti. Si può (forse) inserire in questa categoria di c-j il “panel dei lettori”. Alcuni giornali hanno sviluppato dei database di lettori volontari che si sono messi a disposizione del giornale per essere intervistati. Quando un giornalista ha bisogno di persone da intervistare per un servizio, può cercare nel database quelli con le caratteristiche adatte e contattarli. Oppure i membri del gruppo dei lettori possono essere utilizzati in qualcuno dei modi descritti di seguito.

 

 

 

4) La bloghouse dei cittadini

Il blogging nacque come un fenomeno universale (e ora, infatti, tutti hanno un blog) ma anche molti giornalisti professionali vi hanno fatto ricorso. Ma era soprattutto una terra promessa per i non giornalisti, visto che forniva loro, in fondo, un grande potere: uno strumento gratuito di pubblicazione che consente di arricchire il mondo con le loro storie e i loro pensieri. Una importante strada per coinvolgere i cittadini in un sito web giornalistico è semplicemente invitarli a “bloggare” per esso. Un gran numero di siti giornalistici lo fa e alcuni blog di cittadini vengono letti con interesse. Esiste un doppio approccio per i blog dei lettori sui siti web giornalistici. Il primo consiste nell’invitare semplicemente chiunque sia interessato a mettere su un blog, offrendo un servizio di blog hosting. Si può così trovare lunghi elenchi di bloggers divisi per categorie. E dalla pagina principale del servizio hosting ci si può collegare ai vari blog, man mano che essi vengono realizzati. Oppure un sito editoriale può osservare i post via via pubblicati e scegliere i migliori da segnalare nella propria pagina sui blog. Un altro approccio interessante può essere quello di creare un aggregatore: una sorta di Uber-blog che presenti via via gli ultimissimi post prelevandoli dai vari blog, continuamente aggiornati. La vostra comunità potrebbe inoltre avere un sito web che aggrega i blog locali e in ogni caso ci sono varie altre opportunità di partnership da esplorare. L’altro modello potrebbe essere quello di fare una selezione, invitando le persone che voi ritenete interessanti ad aprire un blog sotto la vostra testata/brand. Questo potrebbe significare individuare anche lettori che hanno dei blog indipendenti e incoraggiarli a trasferirsi sul vostro sito web giornalistico, eventualmente con degli incentivi, come hosting gratuito, promesse di promozioni per accrescere l’audience e la visibilità del loro blog, o, anche, piccoli compensi in denaro. Oppure accettare collaborazioni dai bloggers, spiegando che voi sceglierete il meglio di quello che loro scriveranno e lo pubblicherete sul vostro sito, al limite promettendo loro un piccolo compenso. Se scegliete l’approccio selettivo, potete valutare quale campo quei blog possano coprire. La strategia migliore sarebbe quella di avere una rete di blog individuali che completino il lavoro della redazione. Se il vostro giornale ha per esempio una redazione sportiva piccola, i blogger appassionati di sport minori, ad esempio, potrebbero riempire il vuoto, assicurando che anche specialità come il calcio femminile, ad esempio, abbiano una certa copertura. Se, ancora, la vostra struttura redazionale non ce la fa a coprire bene il settore degli animali domestici, cercate un veterinario della zona o un allevatore di animali a cui potrebbe far piacere avviare un blog. Anche in questo caso bisogna agire in modo professionale e con estrema cautela, attingendo a contributi dal basso.  Essendo tutte queste persone sostanzialmente dei volontari, non si può fare affidamento sui blogger per coprire fatti rilevanti o che richiedono un impegno prolungato. La grande maggioranza dei siti web che hanno usato i blogger come cronisti possono dirvi che i blog tendono ad essere poco aggiornati. Si parte forte, poi la frequenza dei post diminuisce, fino alla completa inattività. Pagare i blogger – al limite, con denaro, o premi o benefit –  potrà servire ad alleviare il problema.

 

 

 

 

5) Operazione trasparenza redazionale (attraverso i blog)

Uno specifico tipo di blog merita di essere inserito in questa categoria. Esso ruota sulla nozione di “trasparenza redazionale”, ovvero sulla condivisione del processo editoriale fra redattori e lettori o spettatori. Questo implica invitare i lettori a pubblicare critiche, giudizi negativi o consigli sul modo di gestire l’informazione. Un gruppo di lettori può essere rafforzato con l’aggiunta dell’uso di un blog pubblico aperto che possa servire come un ombudsman dei cittadini, offrendo per esempio dei commenti pubblici sul processo di gestione dell’informazione. Una forma più leggera può essere il blog del giornale – scritto in genere da un giornalista per spiegare i meccanismi redazionali e le motivazioni delle decisioni che vengono prese via via sui commenti dei lettori, in modo che la direzione del giornale abbia un dialogo pubblico con i propri lettori.

 

 

 

6) Un sito specifico per il citizen journalism

Bene, ora stiamo cominciando ad andare in profondità. Il prossimo passo comporta la realizzazione di un sito web giornalistico a parte per i lettori, separato dal grosso della struttura informativa della testata. Si tratta di costruire un sito che venga prodotto interamente o quasi con i contributi della comunità. La maggior parte del siti puntano sulle notizie locali, sovente, iper locali. I cittadini collaboratori possono mandare quello che vogliono, dalla notizia sulla partitella dei figli ad un’osservazione sull’andamento dell’ultima riunione del consiglio comunale, da un’opinione su una recente proposta di legge a un resoconto di qualche liceale sul suo primo ballo studentesco. Il direttore del sito fa soprattutto un lavoro di controllo e di messa a punto dei contributi per fare in modo che le notizie conservino un certo livello di dignità editoriale nei contenuti che vengono poi divulgati sotto la testata del brand editoriale. Anche le foto sono un grosso richiamo per questi siti. I lettori possono mandare scatti di animali, automobili, vacanze, feste, etc.etc. Se pensate che tutto questo sia di scarso interesse, forse avete ragione. Ma questo non significa che non si tratti di una buona idea. Certo, questo comporta che i direttori di questi siti debbano insegnare alla comunità dei lettori-collaboratori come si fa a scrivere e che cosa sia più importante condividere con i loro concittadini. Questo può significare individuare e reclutare i leader della comunità, oppure gli organizzatori, e quindi pianificare come la gente possa contribuire al sito. Può voler dire guidare questo coinvolgimento attraverso, per esempio, la promozione di eventi i cui i partecipanti possano scattare foto, inviarle e descrivere la loro esperienza. E così via. Anche in questo modello, certo, i responsabili dei siti devono svolgere un ruolo redazionale, assicurando che i contenuti assicurino un minimo livello qualitativo. L’altra cosa essenziale con questi siti è creare delle home-page e delle sezioni che possano raccogliere il meglio della copertura dei citizen journalist. Fino a quando un buon numero di argomenti non riesca a stimolare una discreta audience, una pagina che elenchi semplicemente tutto quello che la gente ha trasmesso in ordine di data può incuriosire solo quanto può farlo un comunicato stampa. Comunque, anche se i direttori di questi siti stanno lavorando bene per reclutare ed educare cittadini-giornalisti, questo forse non basterà per riempire una pagina che richiami visitatori.
Un vantaggio di siti come questo è che i cittadini possono coprire questioni e fatti che i media principali ignorano. Se tu, come componente di una comunità, pensi che i tuoi amici dovrebbero sapere anche una cosa che la stampa certamente ignorerebbe, in questo modo potresti diffondere notizie che non hanno un livello tale da finire sugli schermi delle tv locali o nazionali. I cittadini avrebbero lo stesso una via per diffondere grosse storie che i canali dei media locali non sono in grado di coprire. Ti lamenti dell’informazione locale? Aggirala.

 

 

 

 

7) Un sito autonomo di citizen journalism

Questo modello è identico a quello precedente, tranne per il fatto che quello che il cittadino scrive va in pagina direttamente: compresi anche errori e sciocchezze. Con questo modello di sito autonomo di c-j, è importante salvaguardarsi contro eventuali contenuti impropri che possano essere “postati”. Sarebbe necessario che il responsabile del sito riveda il materiale postato prima possibile, non appena esso sia stato pubblicato autonomamente: ma si tratta di una cosa impraticabile dal momento che dovrebbe stare a controllare il sito 24 ore su 24. Un modello più pratico sarebbe inserire un pulsante “attenzione errore” su ciascun servizio o fotografia pubblicato direttamente. Il lettore può cliccare sul pulsante quando nota qualcosa che non torna e il messaggio viene inviato direttamente al responsabile del sito in maniera che qualcuno possa darci un’occhiata e fare le modifiche del caso. Oppure si potrebbe pensare ad un piccolo allarme che venga mandato automaticamente al redattore se il pulsante “errore” viene cliccato da almeno tre persone: una salvaguardia che può essere utile nel cuore della notte. Ma perché il responsabile di un sito giornalistico non dovrebbe aggiustare prima della pubblicazione gli eventuali errori? Per prima cosa perché questo approccio è più nello spirito del c-j,   lasciar fare loro quello che loro sono (aspiranti scrittori, componenti di gruppi, ecc.), piuttosto che cercare di far diventare ogni cittadino un giornalista. Insomma un sito che sia più di comunità e meno giornalistico.

 

 

 

 

 8) Aggiungere una edizione stampata

Per realizzare questo tipo di  modello è necessario procedere come ai numeri 6 e 7 e aggiungere ad essi una edizione stampata del prodotto editoriale. Diversi giornali ci hanno provato, usando una edizione stampata distribuita gratuitamente una volta alla settimana come un inserto del tradizionale quotidiano o settimanale, oppure come un autonomo prodotto stampato distribuito porta a porta e/o consegnato dagli strilloni e sistemato nei box per la distribuzione gratuita. Il contenuto di questa edizione speciale stampata è costituito in genere dai servizi migliori inviati al sito di c-j. E può essere suddiviso come si fa di solito con i giornali tradizionali in rubriche diverse: matrimoni, necrologi, affari, sport, opinioni, persone, servizi speciali, alimentazione, ecc. I servizi fotografici – e in particolare le foto migliori delle persone che hanno partecipato a un determinato evento, per esempio  – possono in particolare essere un richiamo notevole per questa edizione stampata. Gran parte dei siti di questo tipo – anche quelli che decidono di non pubblicare servizi che non siano già andati on-line – hanno bisogno di un minimo di editing prima che si proceda alla stampa. L’edizione stampata apparirà più credibile se verranno evitati errori e si utilizzerà un linguaggio grammaticalmente corretto. Ma i redattori dell’edizione stampata comunque dovrebbero evitare di togliere ai lavori quell’aroma di materiale fresco e fornito dai cittadini; limitando l’editing al minimo indispensabile. La stampa dell’inserto potrebbe richiamare possibili collaboratori di rilievo a impegnarsi a svolgere il ruolo di redattori volontari: leader di gruppi giovanili o religiosi, allenatori, uomini politici, ecc. In particolare nei momenti di lancio di determinate iniziative di c-j, la prospettiva di poter collaborare come redattori volontari a un giornale potrebbe essere più seducente che scrivere su un sito web ancora oscuro. Alla fine comunque l’edizione stampata di questo tipo può essere una fonte di reddito primaria per quelle testate che si avventurano nel c-j. Le tariffe pubblicitarie sono di solito significativamente più basse che sul giornale stesso o sul suo sito web: così la combinazione stampa/online può sembrare più abbordabile per i piccoli inserzionisti che non ce la farebbero invece a pagare la pubblicità sul giornale. C’è tuttavia una scuola di pensiero secondo cui la presenza di una edizione stampata come parte di una iniziativa editoriale di c-j sia una cosa retrograda. L’edizione stampata aggiunge dei costi significativi che non possono essere sottovalutati e, altro argomento, stampare può finire per non catturare quello che c’è di più interessante sul fronte del c-j dal momento che l’edizione stampata non è uno strumento interattivo, un medium a due direzioni come l’on-line.

 

 

 

9) Un ibrido: Pro + citizen journalism

Il passo successivo consiste nel creare una nuova struttura che combini il c-j col giornalismo professionale. Il sito coreano OhmyNews è l’esempio migliore di questo approccio. Il giornale ha reclutato finora qualcosa come 38.000 cittadini-reporter, che inviano i loro articoli per la revisione allo staff editoriale. Parallelamente anche un piccolo team di giornalisti professionisti produce servizi e articoli per il sito. Il lavoro dei cittadini rappresenta quasi il 70% dei contenuti del sito, e i redattori professionisti creano il resto, ma l’’enfasi cade soprattutto sulla produzione non professionale. Naturalmente non tutti i materiali inviati dai c-j vengono accettati per la pubblicazione su OhmyNews. E solo alcuni dei collaboratori che inviano prodotti di qualità vengono compensati con delle somme (modeste) per gli articoli o le fotografie. Si tratta di un approccio diverso da quello utilizzato dalla gran parte dei siti di c-j Usa, che raramente pagano per i materiali inviati. OhmyNews tratta i cittadini-reporter come se fossero dei giornalisti (anche se si tratta di compensi bassi). Questo sistema sembra essere potenzialmente fonte di guadagni interessanti. OhmyNews, che è nato cinque anni fa, sostiene di aver ricavato circa 400.000 dollari Usa nel 2004, due terzi dei quali dalla pubblicità. Nata come una azienda mediatica coreana, la società ha creato una edizione internazionale e recluta cittadini collaboratori in ogni parte del mondo. E’ possibile che OhmyNews rappresenti un nuovo tipo di struttura giornalistica che farà concorrenza alle tradizionali testate di soli professionisti. Anche BlufftonToday.com, un sito web della Carolina del sud (Usa) che fa capo al colosso mediatico Morris Communications, rappresenta un misto di giornalismo professionale e di c-j. Il sito è prevalentemente fatto da materiali di cittadini – molti dei quali inseriti in blog o foto-album (dei blog fotografici, ndr) – e i membri di una comunità parlano l’uno con l’altro, ma ci sono anche articoli prodotti dalla redazione. Al sito web si aggiunge l’edizione quotidiana stampata del Bluffton Today (ed è per questo che lo ho inserito anche sotto il punto 8), il principale giornale di una cittadina: Bluffton,  di 1.600 abitanti. L’edizione ha32 pagine e viene distribuita gratuitamente nelle case. L’’edizione stampata è fatta dai giornalisti, ma include anche degli articoli di cittadini collaboratori con l’ intento è di far crescere il contributo di questi ultimi. Il sito è interessante perché i loro creatori hanno deciso di “cambiare il modello tradizionale di giornale cittadino”,  facendo in modo che siano gli interventi degli abitanti postati sul web a guidare il contenuto dell’edizione stampata. Un esempio di una piccola città la cui principale “fabbrica di informazioni” offre una copertura delle notizie in parte professionale e in parte di c-j. Potrebbe essere questo il futuro dell’informazione nelle piccole città.

 

 

 

 

 

 

10) Professionisti e citizen journalist integrati sotto uno stesso tetto

Ora invece entriamo nel mondo della teoria, visto che finora ho trovato sempre qualche esempio già realizzato nei singoli settori. Immaginiamo quindi un sito web realizzato sia da giornalisti professionali che da articoli “postati” direttamente da cittadini. Si tratta di un quadro leggermente diverso da quello del punto 9, perché su ciascuna pagina ci sarà un misto di giornalismo professionale (pagato) e di materiale (gratuito) di cittadini-collaboratori – regolarmente indicato in modo che il lettore sappia cosa sta leggendo. Non più la tradizionale pubblicazione dei contenuti dei cittadini in una parte diversa del giornale separati  da quelli realizzati dai giornalisti professionisti. OhmyNews e Bluffton Today si stanno avvicinando a questa situazione, così come il News &Record  di Greensboro. Qualche esempio: una sezione “lifestyles” potrebbe avere gli articoli tradizionali e accanto un servizio su qualche evento cittadino scritto da uno dei partecipanti. Una sezione “cucina e alimentazione”, con resoconti fatti da critici gastronomici ma anche impressioni e articoli di clienti sugli quegli stessi o su altri locali. Una piccola redazione di settore potrebbe inserire i due tipi di articoli nella stessa sezione. Un resoconto dal Comune scritto dal giornalista che segue l’amministrazione cittadina potrebbe essere accompagnato da riflessioni e opinioni di cittadini sulle decisioni prese, ecc. La chiave di questo lavoro è nell’etichetta, la firma sui rispettivi articoli. Chiarire in modo molto evidente chi ha scritto cosa.  Gianni Rossi, redattore e Luigi Bianchi, cittadino giornalista segnerebbe la differenza fra i due tipi di autori e i due tipi di contributo. Il primo potrebbe offrire un certo livello di credibilità in quanto si tratta di un articolo di un giornalista professionista. Il servizio del cittadino  Bianchi potrebbe essere ugualmente buono e credibile, ma il lettore dovrebbe capire immediatamente e con grande facilità che il giornale non lo accredita allo stesso modo e deve quindi fare maggiore attenzione a quello che legge. E’ questa la visione di un c-j che diventa complementare e aggiuntivo al giornalismo professionale che è tanto attraente. Almeno in teoria. Poche strutture giornalistiche hanno un organico tale da poter coprire tutte le vicende a cui sono interessati i propri lettori, ma facendo ricorso alla cittadinanza una testata può, in teoria, coprire anche lo sport dilettantistico o i gruppi di ambito parrocchiale, così come può allargare la copertura dei principali problemi a più voci e più prospettive. Questo è il modello che forse si avvicina di più a quello che avevano immaginato pionieri del c-j come Jeff Jarvis o Dan Gillmor : Quando la notizia diventa conversazione, non è più soltanto una lettura. E’ il giornalismo professionale e i componenti delle comunità cittadine che condividono lo spazio dell’informazione online, a beneficio dei lettori. In questi primi giorni di vita del c-j – specialmente negli Usa – gli editori sembrano un po’’ innervositi da questa contaminazione di contenuti prof. e c-j. Sembrano più orientati ancora a tenere oltre il muro i contributi dei cittadini, come se pensassero che questi potessero contaminare il lavoro dei professionisti. Ma penso che questo atteggiamento presto cadrà e che questo approccio complementare avvicinerà maggiormente il giornalismo professionale al c-j  a vantaggio, in ultima analisi, dei lettori.

 

 

 

11) Il Wiki-giornalismo: dove i lettori sono redattori

Infine, nella categoria conclusioni, arrivano le Wiki-notizie. L’esempio più noto è il sito di WikiNews – un ramo della famosa Wikipedia, l’enciclopedia pubblica – che consente a chiunque di scrivere e di postare un articolo o una notizia e a chiunque di riscrivere qualsiasi storia sia stata pubblicata. E’ una concezione sperimentale che si basa sulla teoria secondo la quale la conoscenza e l’intelligenza collettive possono produrre un’informazione credibile ed equilibrata.
E’ ancora difficile dire se WikiNews funzionerà, ma il modello wiki sembra si sia ben affermato con Wikipedia. L’enciclopedia online è ora al top delle fonti di informazione sul web e le sue schede sono in massima parte accurate e utili. Wikinews invece sembra per ora un servizio meno attraente. Le strutture redazionali tradizionali non sembrano per ora particolarmente interessate da WikiNews, ma il concetto wiki può essere utile in certe condizioni. Per esempio un necrologio può funzionare come un wiki. Un componente della famiglia può scrivere l’articolo iniziale, a cui poi gli amici e altri familiari possono aggiungere ricordi, foto, ecc.
La paura più grande che i direttori hanno del sistema wiki è che la gente lo possa usare in maniera sbagliata. Ciò è effettivamente possibile, ma l’esperienza di Wikipedia sembra indicare che possa anche non accadere: e in Wikipedia, ad esempio,  non è avvenuto. Nel caso di un necrologio, è chiaro che un membro della famiglia monitori attentamente quello che la gente aggiunge, rimuovendo tutto quello che gli sembra scorretto. I siti web giornalistici potrebbero per esempio cominciare a sperimentare questo sistema con le informazioni di servizio piuttosto che con le notizie. Una guida della città che sia parte di un sito web di informazione, per esempio, può essere fatta benissimo da lettori che la seguono fin dall’ inizio e la integrano a mano a mano. Backference.com, un network di siti web di c-j, utilizza il concetto wiki nella sua sezione di guide cittadine. Per spingerci oltre col c-j ci vorrebbe un certo coraggio e un cambio di mentalità. Significherebbe allontanarci molto dal campo dell’interazione giornalista-lettore, consentendo una perdita di controllo senza precedenti del prodotto editoriale.

 

 

 

Steve Outing