#digit17 arriviamo: ovvero gli algoritmi buoni

Molte sono le novità per #digit17, la prima, forse la più grande, è che digit si trasforma in digits. Perdonate il gioco di parole ma ci sembrava il modo più veloce e diretto per dire che la nostra manifestazione da una diventa molte e si sposta in diverse località del BelPaese pur mantenendo intatte e ben protette le proprie radici toscane.

 

 

Stiamo dunque lavorando alacremente anche ora e sotto il solleone per mettere a punto non uno ma molti appuntamenti digit tutti dedicati al tema di quest’anno che è come abbiamo già avuto modo di anticiparvi: “la società degli algoritmi: usare e non essere usati”.

 

 

Uno dei workshop della nostra, o forse sarebbe meglio dire, dei nostri prossimi appuntamenti #digit17, sarà dedicato al delicato rapporto che potrebbe esserci fra big data e algortimi e a come questa relazione potrebbe aiutare governi e governanti a fare scelte politiche migliori per (scusate la retorica  del tutto voluta e  necessaria) il benessere dell’Umanità.

 

 

A suggerirci l’argomento è stato il nostro associato e amico Marco Dal Pozzo, ingegnere con la passione per le scienze sociali e il bene comune, autore fra le altre cose del libro 1 news 2 cents la qualità costa! Un modello sociale per l’editoria.

 

 

Ed è di Marco Dal Pozzo il pezzo che Vi accingete a leggere e  che prova a mettere insieme alcuni altri puntini per riuscire a farci intravedere un poco di luce in fondo a uno dei tanti tunnel che la vita ci propone, buona lettura!

 

Il Tractatus logico-phylosophicus di Wittgenstein è la base filosofica di un paper scientifico scritto da Mario Rasetti ed Emanuela Merelli che si intitola: “The topological field theory of data: a program towards a novel strategy for data mining through data language”,  (sono gli stessi autori a citare il pensatore austriaco) che ha del rivoluzionario: in un mondo che potrebbe dividersi tra vittime e  carnefici degli algoritmi (in un gioco a somma zero: c’è sempre qualcuno che vince e qualcun altro che perde), la scoperta di un metodo identificativo delle relazioni esistenti tra gli elementi di uno spazio globale (quello logico dei fatti, per Wittgenstein “il mondo”) è un messaggio positivo: gli algoritmi e la materia su cui operano possono aiutare a fare delle scelte politiche sostenibili; non sono cioè solo il demone che, con tesi più che condivisibili, alcuni raccontano (Morozov tra questi )

 

 

Un paio di anni fa, nell’edizione #digit15, nel Workshop sulla Filter Bubble , riportavamo – io stesso e la sociologa Rita Marchetti dell’Università di Perugia,  le considerazioni di Eli Pariser sui processi cognitivi. Questi – raccontava – funzionano su un equilibrio tra l’imparare troppo dal passato e l’assorbire troppe nuove informazioni dal presente. Spiegava poi Pariser che, se il filtro forza i nostri schemi, viene compromesso ogni processo cognitivo perché costringe gli individui alle informazioni che gli algoritmi (sulla base dei profili che essi tracciano di noi) associano alla nostra idea del mondo e ci nasconde quelle con una visione del mondo diversa dalla nostra. In questo modo, concludeva, non siamo più nelle condizioni di vedere che qualcosa ci viene nascosto e, quindi, non siamo più in grado di avere curiosità.

 

 

Nello stesso workshop utilizzavamo uno schema di processi cognitivi (esso mostrava la trasformazione dei dati in informazione, conoscenza, innovazione e saggezza/benessere), per rendere più chiaro come l’effetto bolla costringe il percorso di ciascun individuo (la vittima) in un tunnel, una linea retta predefinita, forzandolo in un cammino deciso da qualcun altro (il carnefice).

 

 

Il paper di Rasetti e Merelli si pone l’obiettivo di formulare un metodo che, operando sullo stesso schema (nel senso che prevede gli stessi elementi: “dato”, “informazione”, “conoscenza” e – saltando il passaggio per l’innovazione – “saggezza”), renda più efficiente la trasformazione di un elemento in quello successivo (cioè più evoluto e strutturato).
Procedendo in modo comparativo sono tre le sostanziali differenze tra il filtro raccontato da Pariser e quello elaborato dai due scienziati italiani:

 

 

(1) lo spazio dei dati su cui si propone di operare il metodo di Rasetti e Merelli è, rifacendosi ancora a Wittgenstein, “il Mondo intero”, non quello ristretto delle abitudini e delle connessioni di un singolo individuo;

 

 

(2) mentre l’algoritmo dei Network Sociali “di Pariser” è esso stesso un fatto (Facebook funziona così, per intendersi), il metodo di Rasetti e Merelli è un metodo predittivo che può diventare pratica: è cioè una proposta;

 

 

(3) mentre “il filtro di Pariser” forza il percorso cognitivo degli utenti castrando creatività e relegando la saggezza (Wisdom, l’ultimo elemento dello schema) al soddisfacimento di bisogni artificiali creati dal carnefice, il modello di Rasetti e Merelli può diventare un gioco a somma maggiore di zero perché la saggezza (cui si tende con le decisioni prese applicando il metodo predittivo) equivale al benessere della società intera, di tutti (immaginiamo di utilizzare il modello per fare scelte ecosostenibili).

 

L’articolo prevede un sostanzioso background tecnico, ma è possibile rintracciarne i punti salienti: Rasetti e Merelli propongono di superare l’approccio secondo cui la connessione tra i punti dello spazio dei dati è questione locale e monodimensionale e la cui rappresentazione è un grafo in cui i dati sono uniti da rami, cioè sono tra loro connessi/correlati, quando tra essi esiste un dato “livello di prossimità” (essendo la prossimità una misura di distanza tra due punti in quello spazio). L’idea è – semplificando tantissimo – di ragionare in un iperspazio, in cui la rappresentazione delle connessioni diventa un ipergrafo e la prossimità diventa una misura (da intendersi in senso lato) che agisce su una base globale, non più locale.

 

 

Questo approccio apre il varco ad una pratica predittiva complessa che mette insieme i “punti di vista” di diverse discipline; una pratica in cui vengono correlati pezzi di informazioni per il loro avere in comune anche il modo in cui sono strutturati.

La visione ipercomplessa del mondo, premessa cruciale del metodo predittivo di Rasetti e Merelli, è un argomento non nuovo in questo spazio: il “nostro” Piero Dominici l’ha infatti messo al centro in  diversi suoi contributi (ricordiamo ad esempio il Workshop su Smart City e Smart Società ; contributi in cui s’è posto anche l’accento su un altro tema che emerge con forza dal paper: la multidisciplinarietà: un metodo predittivo che lavora su più dimensioni è, infatti, evidentemente, un metodo che [pre]vede un fatto non solo sul piano tecnico, ovvero nel suo “dominio canonico” (l’economia agli economisti), ma su tutti gli altri piani possibili (quelli su cui il fatto si muove e si connette ad altri); quelli che messi insieme formano –  richiudendo il cerchio su Wittgeinstein – il mondo.

 

Marco Dal Pozzo

 

In allegato il paper integrale scritto da Mario Rasetti ed Emanuela Merelli