Nuovi siti web: è solo questione di metodo

538 Una singolare differenza fra le vecchie testate giornalistiche e i nuovi siti che stanno emergendo, soprattutto negli Stati Uniti, è che questi ultimi non si differenziano fra di loro per l’ area di copertura, ma, al contrario, per il metodo di copertura.
 
Lo segnala, su The Atlantic, Alexis C. Madrigal in un articolo dal titolo ‘’Method Journalism’’, spiegando che di fatto non esiste nemmeno più un’ area di copertura e che la distinzione quindi avviene non sul cosa ma sul come.
 

E’ molto interessante la sua analisi, perché segnala uno dei cambiamenti più significativi di questa fase dello sviluppo del giornalismo: la costruzione di siti attorno a nuovi linguaggi e nuove tecniche narrative. E perché indica anche il rischio di pensare ai contenuti solo come a delle forme, a dei metodi.

 

Ecco come Madrigal descrive le varie testate fiorite negli ultimi tempi:

 

FiveThirtyEight è molto chiaro, più di tutti gli altri, a partire dal manifesto sul metodo  steso dal direttore Nate Silver: ‘’FiveThirtyEight è una testata di data journalism”.

 

Ezra Klein a Vox ha parlato della necessità  “di costruire una redazione da zero’’, concentrata nella creazione di contenuti esplicativi.

 

Circa produce contenuti giornalistici per smartphone, basati su un nuovo metodo per strutturare i dati (quote azionarie, affitti, etc) all’ interno degli articoli. “A Circa facciamo le cose in modo diverso. Il processo di creazione di un servizio richiede che l’ autore tagghi le notizie in una maniera strutturata”.

 

Upshot del New York Times si concentra sul ‘’giornalismo analitico, dal linguaggio semplice’’. David Leonhardt è stato tanto specifico nello spiegare come avrebbe coperto l’ informazione che aveva addirittura indicato il suo punto di vista grammaticale: “Un modello per il nostro lavoro è Tara Parker-Pope, che conduce sul Times Well, un blog sulla salute. L’ autrice parla ai lettori direttamente, usando la prima e la seconda persona’’.

 

Inside usa il metodo più estremo in questo fascio di siti.  La promessa che viene fatta ai lettori è presentare pezzi di soli “300 caratteri, [che] ti danno quello che ti serve sapere, mentre ti sposti”.

 

Matter, rilanciata questa settimana come un magazine pubblicato su Medium.com, ha diffuso una nota del suo nuovo direttore che secondo alcuni era avara di particolari ma che invece ci dice abbastanza. Che cosa i dati rappresentano per FiveThirtyEight, che cosa le spiegazioni sono per Vox, che cosa la struttura mobile-first è per Circa, che cosa la sperimentazione è per Matter. “Prima di tutto, Matter è provare nuove cose’’,  ha scritto Mark Lotto. Questo è il  metodo.

 
 
In un mondo dove i sistemi tradizionali possono non avere più senso – spiega Madrigal -, dove quasi tutta la crescita del traffico marginale viene da Facebook (…), gran parte della risposta del settore quest’ anno è stata creare dei siti che diventano famosi per come ‘coprono’ piuttosto che per cosa ‘coprono’.

 

Per il giornalista, si tratta del ‘’prossimo passo nella formalizzazione dell’ allontanamento dalla “voce giornale.” In un primo momento nella libertà dei media digitali abbiamo sentito la cacofonia della blogosfera. Poi abbiamo visto l’ aziendalizzazione e la sistematizzazione dell’ industria del web (webbiness).

 

Ed ora arrivano questi siti, che cercano di sviluppare un punto di vista e un metodo di azione del tutto diverso dal melange che vediamo su ogni tipo di sito della Rete’’.

 

Combattere contro questa tendenza, secondo Madrigal, ‘’sarebbe come voler bloccare la placca del Pacifico nel movimento di lenta collisione con la crosta continentale del Nord America’’.

 

Ma – aggiunge – ‘’penso al periodo di massimo splendore dei magazine nel 20 ° secolo. Se uno voleva aprire una nuova rivista la avrebbe fatta su qualcosa, che fosse  un argomento (Vogue, Wired, Forbes) o un luogo (Texas Monthly, New York). Questi nuovi siti sono esplicitamente su niente. Sono un punto di vendita. Più generosamente parlando, potremmo dire che sono sulla “notizia”, ​​se uno pensa che sia notizia quello di cui la gente sta parlando’’.

 

Sembra assurdo – conclude l’ autore – sostenere che ci sarebbe bisogno di più pubblicazioni su qualcosa. Ma è questo il punto in cui siamo.