La vicenda di Paola Bacchiddu, si allarga la polemica

bacchidduMentre in Usa una corte d’ appello ha equiparato i blogger ai giornalisti, stabilendo che, se pubblica informazioni di interesse generale, anche un non giornalista è tutelato dal Primo Emendamento –  in Italia un giornalista che scrive su una testata online (regolarmente registrata) non gode delle stesse tutele dei colleghi della carta stampata e la testata viene considerata come un qualsiasi ‘’mezzo di pubblicità’’ e non come ‘’stampa’’.

 

Il caso di Paola Bacchiddu continua a sollevare grosse polemiche.

 

In un articolo su Wired, interpellato da Alessio Jacona, Ernesto Belisario, avvocato esperto di diritto digitale, per spiegare questa anomalia fa riferimento alle lacune presenti nella legge sulle Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali del 2001.

 

“Il problema è semplice – spiega il legale -: il testo della legge 62 del 2001 non contiene disposizioni che consentano di applicare alla stampa online le norme previste dalla legge del 1948 per la stampa tradizionale ma si è limitato ad introdurre la registrazione dei giornali online solo per ragioni amministrative, e in ultima analisi, perché possano essere richieste le provvidenze previste per l’editoria. Manca insomma l’esplicita estensione all’online di tali regole, che restano solo ed esclusivamente per la carta. In questo contesto – aggiunge – che la Bacchiddu abbia pubblicato il suo pezzo sul sito de Linkiesta o su qualsiasi altra piattaforma, compreso il suo blog personale, non fa alcuna differenza”.

 

La vicenda presenta anche dei forti rilievi di correttezza costituzionale, rileva Deborah Bianchi, avvocato e collaboratrice di Lsdi in un intervento che pubblichiamo qui sotto, in cui fra l’ altro si sottolinea come questa grave lacuna normativa  non sia contemplata neppure nel DDL Diffamazione in discussione al Senato.

Diffamazione e web. Tutela del giornalista alla luce della costituzione. Il caso Bacchiddu

 

di Deborah Bianchi

 

La grave lacuna normativa rilevata dal caso Bacchiddu non è colmata neppure nel cosiddetto DDL Diffamazione, in corso di approvazione al Senato.

 

Merita annotare due osservazioni: una di carattere generale sulla figura del “giornalista telematico” e una di carattere specifico sulla possibile soluzione temporanea dei tanti CASI BACCHIDDU che si consumano nel nostro spazio digitale.

 

La giornalista della testata telematica LINKIESTA, Paola Bacchiddu, risulta imputata per diffamazione aggravata dal mezzo di pubblicità (internet) a seguito di un articolo pubblicato sul giornale on line cui appartiene. Il processo penale era stato avviato anche nei confronti del suo direttore che però ha ottenuto l’archiviazione grazie all’applicazione interpretativa della Cassazione penale 1.10.2010, n. 35511 secondo cui la stampa digitale non può ricomprendersi nella disciplina della Legge stampa n.47/1948.

 

Ammesso che la stampa on line sia realtà differente dalla stampa cartacea e che il direttore non sia responsabile dei contenuti della testata telematica rimane il problema gravissimo della tutela del giornalista-autore del pezzo. Come dire: “alla fine della fiera…sfigati e mazziati”.

 

Conseguenza: tendenza all’ autocensura ai livelli massimi.

 

Posto che la sentenza “decalogo del giornalista” Corte Cass. I civ. 18 ottobre 1984, n. 5259 (l’ unico modo per non cadere nell’ illecito da parte della stampa è quello di osservare i limiti della verità, della continenza espressiva e dell’ utilità sociale della notizia) rimane sempre il paradigma di riferimento ai fini del corretto esercizio dell’ informazione e ai fini delle scriminanti, resta comunque l’ interrogativo dell’ inquadramento giuridico preciso del giornalista della testata telematica.

 

Si tratta di un comunicatore digitale puro e semplice? Si tratta di un professionista dell’informazione on line? (no comment sulla riforma dell’ Ordine dei Giornalisti).

 

In sostanza il Legislatore nulla dice al riguardo neppure nella ppl del DDL Diffamazione perché non esiste attualmente una definizione univoca di “giornalista telematico”.

 

Potremmo tuttavia individuare un criterio orientativo nel mezzo utilizzato per diffondere la notizia. Quando scrivo in qualità di cronista su una testata telematica sto svolgendo la funzione di professionista dell’informazione on line ed esercito questa attività nell’area giuridica della libertà di informazione ex art. 21 Cost. comma 2 e seguenti. Quando scrivo sul mio blog (si badi bene: anche se sono giornalista!!!!) sto esercitando il diritto di libera espressione in qualità di comunicatore digitale puro e semplice ed esercito questa attività nell’area giuridica della disciplina sulla libertà di espressione ex art. 21 Cost. comma 1 ovvero come semplice cittadino.

 

Il mezzo di comunicazione fa la differenza: chi scrive sulla testata telematica rientra nelle guarentigie assicurate alla stampa ex art. 21 Cost., comma 2 e seguenti; chi scrive sul blog, sul forum, sul social network non gode del regime di garanzie “privilegiato” della scriminante del diritto di cronaca magistralmente esplicato dalla sentenza “decalogo del giornalista” Corte Cass. I civ. 18 ottobre 1984, n. 5259.

 

Passando dunque dal generale allo specifico del CASO-BACCHIDDU.

 

Non avendo una normativa cui fare riferimento, l’ unico modo per tutelare la Bacchiddu si individua in via interpretativa.

 

La giornalista de LINKIESTA riferisce che il Tribunale ha accolto la tesi dell’autonomia giuridica tra stampa cartacea e stampa elettronica sulla scorta della Cassazione pen. 1.10.2010, n. 35511 archiviando il processo per il direttore sulla scorta del principio della tassatività della legge penale e del divieto di analogia in malam partem. Ecco dunque che la legge stampa n. 47/1948 non può essere applicata all’ internet perché costituirebbe un’estensione in malam partem.

 

A questo punto, decaduta l’applicabilità della disciplina specifica della professione, il giornalista-autore viene imputato di diffamazione aggravata non più in qualità di professionista dell’informazione bensì in qualità di semplice cittadino. Insomma come chi scrive un post lesivo su Facebook o sul proprio blog.

 

In definitiva il giornalistadigitale-autore pur esercitando nell’ambito normativo ex art. 21 Cost. comma 2 e seguenti non potrebbe godere del regime di garanzie che la nostra Carta Fondamentale gli riconosce.

 

E’ chiaro che un’interpretazione del genere non potrebbe che sollevare una questione di manifesta illegittimità costituzionale. Di conseguenza risulta COSTITUZIONALMENTE CORRETTO riconoscere al giornalistadigitale-autore che ha scritto sulla testata telematica la scriminante del diritto di cronaca. Laddove questo giornalistadigitale-autore abbia operato nei limiti individuati dalla sentenza “decalogo del giornalista” Corte Cass. I civ. 18 ottobre 1984, n. 5259 (limiti della verità, della continenza espressiva e dell’utilità sociale della notizia) il processo dovrà essere archiviato.

 

Purtroppo si tratta solo di una soluzione in via temporanea. Occorrono piuttosto risposte sostanziali da parte dell’ Ordinamento giuridico capaci di coniugare i principi di proporzionalità in materia dettati dalle Corti UE con l’ assunzione di una consapevolezza maggiore del mondo del giornalismo digitale. Bello lo spot del Governo sull’ abolizione della reclusione per il reato di diffamazione ma nei fatti cosa cambia se non si procede a introdurre un criterio di proporzionalità nelle quantificazioni del risarcimento?