Settimanali francesi: tanto odio in prima pagina

Paracchini-cop In Francia come in Italia, i settimanali rivaleggiano a suon di prime pagine ammiccanti, trash, “urlate”.

 

Quelle delle prime settimane di marzo lo sono state a tal punto da spingere alcuni giornalisti a fare il punto sul fenomeno e ad interrogarsi sulle sue ragioni.

 

di  Andrea Paracchini

 

In un recente articolo apparso sul sito di critica dei media Acrimed, Blaise Magnin se la prende con le “prime pagine trash e raffazzonate” dei settimanali. Un tema ben noto in Italia dove per anni Panorama e L’Espresso hanno rivaleggiato a suon di discutibili copertine. Più sorprendente in Francia dove, almeno nell’ immaginario, la stampa dovrebbe essere più paludata. Ma basta avvicinarsi ad un’edicola francese per capire che la situazione è ben diversa.

 

Oltralpe infatti la guerra delle copertine coinvolge ben tre contendenti: Le Nouvel Observateur (525.709 copie), L’Express(521.989) e Le Point (432.815). Da anni i tre si rincorrono in una lotta a chi, grazie alla sua copertina, porta a casa la posta in gioco ogni settimana: polemiche e “buzz”. Una lotta in cui le prime vittime sono originalità, professionalità e qualità del giornalismo, dal momento che i tre settimanali puntano da anni su un ristretto numero di “formule a impatto” per confezionare le loro copertine. Acrimed ha cercato di farne una tipologia, piuttosto disarmante:

 

 

> Scandali e rivelazioni: a prescindere dalla qualità delle informazioni contenute nel dossier, si basa su frasi “chic” che pretendono rivelare “verità” nascoste.

> Personaggi straordinari, all’insegna della ormai classica personalizzazione e peopelizzazione della vita politica

> I “grandi classici”: i prezzi dell’immobiliare (a Parigi e, a seguire, in un pugno di città di provincia “emergenti” o “dinamiche”), il palmarès delle migliori università private o dei migliori licei e varie declinazioni dei rapporti generazionali. Senza dimenticare il peso della massoneria nelle varie professioni.

 

Un tweet provocatorio in cui l’associazione Attac ironizza sulle copertine de L’Express

 

 

Fin qui c’è poco da dire a parte forse farsi prendere da sincero scoramento. Se non fosse che alla lista si aggiunge una quarta tipologia, più subdola e ambigua, composta di copertine sensazionaliste in odore di sessismo e xenofobia.

 

 

Sessismo e xenofobia…

 

Il sette marzo ad esempio, L’Express esce con in copertina un fotomontaggio di Marcela Iacub (la giornalista di Libération che ha fatto parlare di se per essere diventata amante “infiltrata” dell’ex direttore dell’FMI Dominique Strauss-Kahn allo scopo di scrivere un libro, da poco uscito in Francia) e delle Femen sotto al titolo provocatorio “Le donne – L’arma del sesso”.

 

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Una copertina che ha suscitato reazioni indignate sul web nei confronti di un settimanale non nuovo a provocazioni sessiste. A ottobre, ad esempio, L’Express aveva titolato un numero sul presidente François Hollande “Queste donne che gli rovinano la vita”.

 

 

Stesso procedimento per il Le Nouvel Observateur che ha lanciato “l’affaire Iacub” annunciandone in prima pagina il suo “racconto esplosivo”. Toni da rotocalco che sono valsi al Nouvel Obs molte critiche e una condanna per violazione della privacy: 25.000 euro di danni e, per la prima volta dalla sua creazione, la pubblicazione in prima pagina di un comunicato che rende nota la sanzione.

 

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Ma ancor più che le donne, aveva già sottolineato Acrimed, sono Islam e musulmani le vere fonti inesauribili di copertine sensazionalistiche. Quest’autunno, ad esempio, Le Point attizzava la polemica titolando in copertina “Questo Islam senza ritegno”. Commentatore sulla radio Europe 1 e per l’Huffington Post, Guy Birenbaum si indignava:

 

“Il settimanale avrebbe potuto titolare ‘Questi islamisti senza ritegno’, ossia evocare la minoranza di attivisti integristi dai comportamenti criticabili ma ha scelto di generalizzare. Cosa provocano queste copertine? Liberano l’odio, l’intolleranza e la menzogna”

 

 

…per qualche pugno di lettori in più

 

Cui prodest? “Quando una pubblicazione non va bene, cerca di provocare, è un classico”, afferma Dominique Wolton, direttore dell’Institut des Sciences de la Communication del CNRS intervistato da Anna Ravix, giornalista a TV5 Monde e autrice del blog “L’occhio della redazione». «Non bisogna dimenticare che è questo che ha fatto vendere la stampa sin dal 1850. La stampa popolare era completamente votata al sesso e al crimine”.

 

Come il resto della stampa, le pubblicazioni periodiche soffrono in questo momento e temono la mannaia che potrebbe abbattersi sugli aiuti alla stampa di cui beneficiano ampiamente. Il gruppo L’Express-Roularta ha così annunciato in febbraio un piano di ristrutturazione volto a ridurre del 10% la massa salariale per meglio affrontare un 2013 giudicato “a rischio”.

 

 

Certe prime pagine “eccessive” avrebbero quindi la funzione di attirare i lettori e sostenere le vendite. Contestato per una copertina su “I veri costi dell’immigrazione”, Christophe Barbier, ineffabile direttore de L’Express si era giustificato spiegando che il “buzz negativo” è pur sempre “buzz” e precisando che “la copertina si rivolge alla pancia del lettore e il contenuto al suo cervello”.

 

 

Per Jean Stern, autore di un libro-accusa dal titolo “Les patrons de la presse nationale, tous mauvais.” (“I padroni della stampa nazionale, tutti incapaci”, éditions La Fabrique) c’è un vero e proprio scollamento fra contenuti e copertine. Intervistato da Anna Ravix, spiega:

 

 

“Mi ricordo di Le Point di sei mesi fa, ‘Questo Islam senza ritegno’, una copertina davvero provocatoria. C’era un distacco estremo fra il contenuto degli articoli, che erano più o meno onesti, politicamente corretti e molto banali in ogni caso, e questa copertina di una violenza estrema[1]

Abbastanza per accusare i tre direttori – Christophe Barbier per L’Express, Franz Olivier Giesbert per Le Point e Laurent Joffrin per Le Nouvel Observateur – di essere dei “mercenari dell’informazione” in cerca di nuovi incassi. Peccato però che, sempre secondo Stern, l’operazione si riveli inefficace. La logica del “buzz” fa parlare del giornale, ma non fa necessariamente vendere di più[2].

 

 

“Questo segmento della stampa magazine – L’Obs, L’Express e le Point – pur non essendo in forma smagliante se la passa piuttosto bene. Sono dei magazine a forte vocazione pubblicitaria con un modello economico che si basa essenzialmente sugli abbonamenti. L’edicola conta assai poco, si tratta piuttosto di una vetrina per far parlare del giornale”

 

 

In effetti, L’Express realizza oggi a mala pena un quarto delle sue vendite in edicola contro tre quarti su abbonamento. Per Le Point e Le Nouvel Observateur, la proporzione è di un terzo in edicola e due terzi su abbonamento. Dati che fanno dire allo specialista dei media che queste copertine rispondono più a una “sfida morale e politica che a una questione economica”. Sforzarsi di “esistere” quando non sia ha più molto da dire.

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[1] Gli stessi giornalisti dei settimanali in questione non mancano di manifestare il loro disappunto alla redazione rispetto a molte delle copertine più discutibili. Si veda qui un caso recente a L’Express

[2] Per risollevare le sue finanze, il magazine americano Newsweek ha moltiplicato le copertine “choc” come Muslim rage (La rabbia musulmana). Nonostante “buzz e indignazione generale non siano mancate, il 31 dicembre 2012 usciva l’ultimo numero cartaceo del magazine.