L’ evoluzione digitale della specie all’ insegna della ‘’biomedialità’’

Lsdi-Dalmasso-copUna complessa evoluzione è in atto nel campo della comunicazione e tutti, consapevolmente o meno, siamo attori, o comparse, in questo scenario in continuo mutamento. Dall’  11° Rapporto sulla Comunicazione – L’evoluzione digitale della specie, appena arrivato nelle librerie (era stato presentato un mese fa) emerge il quadro di un grande cambiamento antropologico, all’ insegna, soprattutto, della ‘’biomedialità’’.
Sul  piano dell’ informazione, note cupe per i media tradizionali, anche se questa può essere un’ occasione di forte trasformazione. Un cambiamento che,
 se attuato nelle giuste forme – dicono Censis e Ucsi -, potrà portare giovamento a tutti, sia ai lettori che ai professionisti dell’ informazione.

  

 

di Fabio Dalmasso

 

Dettagliato e preciso, il rapporto annuale stilato da Censis e Ucsi  e pubblicato da Franco Angeli rappresenta un interessante e utile strumento non solo per tracciare il quadro generale della comunicazione in Italia, ma anche per cercare di capirne le prospettive e, in alcuni casi, anticipare ciò che potrà avvenire nei prossimi anni.

 

Una capacità quest’ ultima, che risulta essere sempre più difficile e ardita visto che i cambiamenti sono spesso repentini e imprevedibili. Ma, come sottolineano Massimiliano Valerii e Settimio Marcelli nell’ introduzione, un mutamento in atto è già ben visibile ed evidente: l’era della “biomedialità” sta assumendo un ruolo sempre più importante e predominante. Con “biomedialità” gli autori intendono “la sovrapposizione tra uso dei media e creazione della propria identità personale (digitale)”. Un processo che si evidenzia nella sempre più evidente fusione tra dimensione corporea–mentale e tecnologie digitali grazie alla progressiva miniaturizzazione dei device e, soprattutto, grazie al fatto che i media sono sempre meno media, cioè tramite tra una cosa e l’altra: “gli strumenti digitali – scrivono i due autori – “sono” la cosa che si forma dalla fusione di noi stessi con i dispositivi telematici”.

 

 

 Smartphone protagonisti

 

Una vera e propria evoluzione della specie, dunque, di cui erano stati annunciati i primi segnali già nei precedenti rapporti sulla comunicazione: se nel documento del 2011, infatti, si segnalava con forza la progressiva personalizzazione dell’ uso dei media, in quello successivo, datato 2012, emergeva chiaramente come l’ utente fosse sempre più protagonista attivo della comunicazione, stravolgendo così i canoni classici della trasmissione dell’informazione e puntando sempre più sulla condivisione e sulla produzione di contenuti da parte dell’utente.

 

Nel rapporto 2013 queste tendenze sono sempre più evidenti e vengono supportate dai dati sull’ andamento dei consumi mediatici e da quelli di vendita dei supporti principe della nuova comunicazione, cioè gli smartphone. Se l’uso dei cellulari segna infatti un + 4,5% rispetto allo scorso anno, per quanto riguarda gli smartphone sempre connessi in rete il segno positivo raggiunge il 12,2%, con i giovani 14-29 anni veri protagonisti (il 66,1% ne utilizza uno). Interessante notare come dal 1992 al 2011 la spesa delle famiglie italiane per telefoni e servizi telefonici abbia fatto registrare un aumento del 366,4%, arrivando ad oltre 22 miliardi di euro.

 

 

Evoluzione digitale della specie

 

La rapida e sempre maggiore diffusione di tali supporti, così come dei tablet, rappresenta un passo decisivo per quella che è stata definita “evoluzione digitale della specie”: come fanno notare gli autori, infatti, se anche in un momento di crisi e di difficoltà economiche, si decide comunque di acquistare uno smartphone, le ragioni devono essere forti e superiori alla semplice moda passeggera o al potere della pubblicità.

 

“La spinta principale all’acquisto di questi apparecchi – si legge nel rapporto – si può riassumere in una parola: integrazione. Con gli smartphone oggi si può fare di tutto. Nel momento in cui ogni tipo di messaggio può essere digitalizzato e, una volta trasferito su Internet, diffuso immediatamente ovunque, avere in tasca uno smartphone significa avere in tasca il mondo”.

 

Tutto questo è inevitabilmente collegato alla diffusione e all’utilizzo dei social network, vero e proprio motore della rivoluzione in atto con  Facebook utilizzato dal 44,3% degli utenti (con un +3% rispetto al 2012) e che raggiunge percentuali pari al 79,8% tra i giovani 14-29 anni e 68,8% tra i 30-44 anni.

 

 

Informazione personalizzata

 

Ed è proprio questo aspetto ad avere una delle più importanti ripercussioni sull’informazione, sul come viene cercata e come viene fruita. Nel capitolo significativamente intitolato “La costruzione multimediale dell’informazione personalizzata”, infatti, si sottolinea come la voglia di informarsi sia in costante crescita: se, nel 2011,  l’ 89,8% dichiarava di aver consultato una qualche fonte di informazione nella settimana precedente la rilevazione, nel 2013 questa quota è passata al 95,4%, segno di un forte e crescente interesse.

 

Ma a cambiare sono proprio le fonti di informazione: mentre il telegiornale sembra mantenere un ruolo comunque importante (86,4% contro l’80,9% del 2011) a subire un grande calo sono sia i periodici (dal 46,5% di utenza del 2011 al 29,6% del 2013) che i quotidiani, con flessioni pari al 16,6% per quelli gratuiti e dell’8,5% per quelli a pagamento. Anche quelli sulla rete, però, non se la passano bene se si tiene conto della flessione subita dai siti web di informazione, da quelli dei quotidiani on-line e dai siti dei telegiornali. Un calo a cui fa da contraltare l’aumento dell’uso dei motori di ricerca su Internet, Facebook, tv all news e Youtube.

 

Tali dati vanno poi letti alla luce delle diverse fasce di età degli utenti, un’analisi che permette di individuare tre profili distinti: il primo è quello formato dai più giovani che sono maggiormente attratti da un’ informazione personalizzata che, di fatto, sembra sempre meno informazione e sempre più comunicazione con scambio di “messaggi su eventi che riguardano la loro cerchia di conoscenze e le loro attività particolari”. Il secondo profilo è composto dagli adulti i quali, benché dimostrino anch’ essi un’ attrazione verso i sociali network per informarsi, rimangono in parte fedeli all’ informazione tradizionale e più strutturata. Infine il gruppo della generazione pre-digitale, fedele alla radio, alla televisione e ai quotidiani.

 

 

Attendibilità e professionalità

 

Estremamente curiosa è la sezione del rapporto dedicata alla caratteristiche che l’informazione dovrebbe avere secondo gli utenti: il quadro che ne emerge è a tratti schizofrenico. Se da un lato, infatti, sembra assodata la richiesta di chiarezza e attendibilità delle fonti da parte di tutti gli utenti, pochissimi (13,3%) attribuiscono importanza all’autorevolezza delle fonti e solo il 17,4% alla competenza dei giornalisti. Altri segnali curiosi (e preoccupanti): il 70% ritiene che gli apparati dell’ informazione tradizionale manipolino le notizie, mentre il 56,7% pensa che chiunque sia testimone di un evento può fare informazione, anche se il 45% è convinto che per fare informazione ci sia bisogno di un apparato costoso per la raccolta e la verifica delle notizie. E ancora: per il 44,5% è la stessa partecipazione degli utenti a garantire l’affidabilità delle notizie su Internet, anche se il 33% ritiene non professionale e non attendibile l’ informazione sulla rete. Il 36,1%, infine, è convinto che il sistema dell’informazione tradizionale sia superato.

 

Una visione, dunque, alquanto confusa non solo dell’informazione, ma anche di chi la fa e dell’attendibilità della stessa: un aspetto che dovrebbe far riflettere. Così come dovrebbe far pensare un dato alquanto allarmante per la carta stampata: in un solo anno la percentuale dei giovani che ha abbandonato la lettura sui mezzi stampa è passata dal 43% al 55,5%, segno di quella evoluzione della specie che inesorabilmente sembra orientata verso un uso sempre più massiccio e omnicomprensivo di Internet.

 

 

Ritardi italiani

 

Ovviamente proprio agli utenti del web è dedicato un intero capitolo dell’11° Rapporto sulla Comunicazione – L’evoluzione digitale della specie: essi rappresentano il presente, ma soprattutto il futuro dei fruitori di informazione ed è quindi interessante andare a scoprirne abitudini e attitudini.

 

Un primo dato importante è che due italiani su tre hanno ormai stabilmente confidenza con Internet: il 92,4% si connette preferibilmente da casa, con connessione adsl, mentre un 34,1% lo fa dai luoghi di studio o di lavoro. A questi si affiancano coloro che si connettono, o almeno ci provano, da luoghi pubblici o all’aperto, usando quindi il proprio smartphone o tablet per agganciarsi a una qualche rete messa a disposizione dalle amministrazioni o dai locali: purtroppo, però, questi utenti rappresentano solo il 6,2% (luoghi pubblici) e il 9,3% (luoghi aperti), segnale dell’arretratezza che il nostro paese sconta nella predisposizione di rete pubbliche di accesso. Un ritardo ben noto e contro il quale sembra mancare la sensibilità da parte delle amministrazioni, ma non solo.

 

 

Gli utenti del web

 

Venendo invece ai profili degli utenti del web, il rapporto 2013 individua tre categorie: la prima è quella dei cosiddetti “connessi tradizionali” che usano la rete prevalentemente per motivi di lavoro e studio e che, per quanto riguarda l’informazione, mostrano una capacità di rivolgersi a un maggior numero di media, senza privilegiarne qualcuno in modo particolare. Sono quindi lettori, spettatori, ascoltatori e internauti, senza sbilanciarsi vero questo o quel mezzo di comunicazione di massa.

 

Situazione diversa, invece, per gli altri due gruppi di utenti, decisamente orientati in quella era della “biomedialità” di cui si parlava all’inizio e rappresentati soprattutto dalle fasce più giovani.

 

Il primo di questi due gruppi è quello dei “connessi mobili”, coloro, cioè, che “sentono il bisogno di connettersi alla rete in qualsiasi momento, quanto più possibile”, mentre l’ultimo gruppo è composto dai “supermobili” che si collegano tramite smartphone o tablet per almeno tre ore al giorno e sembrano rispondere all’imperativo di essere always on e tendono, sempre di più, all’ abbandono totale dei mezzi di comunicazione a stampa.

 

Per informarsi i “connessi mobili” prediligono i motori di ricerca, Facebook, YouTube e le applicazioni degli smartphone. Gli stessi strumenti sono i punti di riferimento dell’informazione anche per i “supermobili” che però fanno registrare percentuali sensibilmente maggiori: Facebook, ad esempio, viene usato dall’85,1%, i motori di ricerca dall’82,9%, YouTube dal 67,2% e Twitter dal 28,8%.

 

 

Che informazione si cerca

 

Molto interessanti sono i dati relativi alle caratteristiche che l’informazione deve avere in relazione al gruppo di appartenenza. L’attendibilità è un fattore che accomuna tutti tre i gruppi, mentre molto apprezzata e ricercata dai “connessi mobili” e dai “superconnessi” risulta essere la tempestività. Per entrambi questi gruppi poi è importante pagare poco o niente per informarsi e avere sempre l’informazione a portata di mano.

 

L’attendibilità delle fonti e l’indipendenza non sembra essere un problema fondamentale per i connessi, che privilegiano, invece, l’accessibilità e la multimedialità.

 

Dati, questi, che fanno riflettere su come viene percepita e assimilata l’informazione da parte di questi utenti che rappresentano, nel bene e nel male, il futuro. Un futuro che sembra essere dipinto come immediato, accessibile, multimediale, ma senza sicurezza sull’attendibilità degli organi informativi né della loro indipendenza.

 

Il messaggio è quindi sempre meno importante se confrontato con altri aspetti che poco o nulla hanno a che fare con il buon giornalismo. E non è un caso che proprio fra i connessi di entrambi i tipi emergano forti quelle contraddizioni sulla professionalità dell’informazione di cui si parlava in precedenza (chiunque sia testimone di un evento può fare informazione, ma per fare informazione c’è bisogno di un apparato costoso per la raccolta e la verifica delle notizie; la partecipazione degli utenti è sinonimo di affidabilità delle notizie su Internet, ma essa non è professionale e non è sempre attendibile).

 

 

 Prospettive future

 

Il Rapporto dipinge un quadro dalle diverse sfumature, ma un dato emerge chiaramente: è in atto, e si sta consolidando, la tendenza, da parte delle persone, a ricercare un tipo di informazione sempre più personalizzata, interattiva e immediata. Ormai i “lettori” sono diventati gli “utenti” della rete e l’informazione tradizionale, quella che potremmo definire generalista, sta andando incontro a un futuro sempre più cupo. Per i mezzi di comunicazione cartacei si conferma quindi un lento declino dal quale, forse, sarà possibile risollevarsi solo se sapranno intercettare i rapidi mutamenti in atto.

 

Questo non significa dover correre dietro a ogni innovazione o, ancor peggio, introdurre elementi nuovi e “di moda” solo per cercare di recuperare possibili lettori.

 

Occorre, soprattutto, ripensare e ridefinire il concetto stesso di informazione, cercando di salvaguardare le professionalità, ma aprendosi a nuove forme di giornalismo. Il fatto che i giovani, e quindi il futuro dei lettori-utenti, stiano progressivamente abbandonando il quotidiano da edicola è di per sé un allarme importante, ma può anche trasformarsi in un’opportunità per un ammodernamento che, se attuato nelle giuste forme e non solo in base alle ultime “mode comunicative”, potrà portare giovamento a tutti, sia ai lettori che ai professionisti dell’ informazione.