Equo compenso: per una assoluta parità fra lavoro dipendente e lavoro autonomo

equo La legge sull’ equo compenso del lavoro giornalistico non può essere considerata un  palliativo per dare un pizzico di dignità in più al lavoro autonomo e mettere un po’ di ordine e di giustizia nella giungla del precariato, ma introduce un criterio molto più radicale, quello della totale pari dignità del lavoro giornalistico indipendente rispetto a quello subordinato.

 

E il parametro per la definizione dell’ equità non può che essere a questo punto la retribuzione prevista dall’ art. 1 del CNLG.

 

E’la linea suggerita in un documento approvato dalla Commissione nazionale Lavoro autonomo della Fnsi e in attesa della valutazione della giunta della Federazione.

 

 

La legge sull’ equo compenso del lavoro giornalistico non può essere considerata un  palliativo per dare un pizzico di dignità in più al lavoro autonomo e mettere un po’ di ordine e di giustizia nella giungla del precariato, ma introduce un criterio molto più radicale, quello della totale pari dignità del lavoro giornalistico indipendente rispetto a quello subordinato. Parità che deve riguardare tutto il ventaglio dei diritti previsti per il lavoro dipendente (ferie, maternità, ecc.) attraverso lo strumento di un compenso – appunto – equo.

E il parametro per la definizione dell’ equità non può che essere a questo punto la retribuzione prevista dall’ art. 1 del CNLG, con una maggiorazione per le spese di produzione, previdenza, contributi, malattia, ferie, che non gravano direttamente sul lavoratore dipendente (e che rientrano ovviamente nel costo globale del lavoro giornalistico per gli editori).

 

E’  questa  la linea suggerita in un documento approvato nelle scorse settimane dalla Commissione nazionale Lavoro autonomo della Federazione nazionale della stampa (il sindacato dei giornalisti italiani), che contiene proposte e metodologie per la determinazione dell’ equo compenso.

 

Il documento sta circolando in questi giorni in maniera ufficiosa ma non è stato ancora esaminato ufficialmente dalla giunta della Federazione.

 

 

Il documento

 

Nel documento la commissione articola prima di tutto il quadro dei riferimenti normativi e applicativi della legge. Che nell’ articolo 1 fa riferimento esplicito all’ art. 36 della Costituzione.

 

‘’Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa’’.

Ciò comporta, secondo la Commissione, che, ipotizzando un impegno a tempo pieno, questo debba fruttare anche al giornalista non contrattualizzato da dipendente un provento “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.  E che tale quantum debba essere in “coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria”, cioè che esso possa garantire lo stesso tenore di vita garantito a un giornalista titolare di contratto di lavoro subordinato.

 

 

In particolare l’ art. 1 della legge stabilisce che:

 

– per equo compenso si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato.

 

Questo significa, secondo la Commissione, che è equo un compenso solo se esso è in qualche modo parametrato alla retribuzione ”dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato”.

Bisogna tener conto poi che il reddito lordo del lavoratore dipendente (a parte le ritenute per le tasse) non è gravato da tutte le spese  di produzione, previdenza, contributi, malattia, ferie, che gravano invece sul lavoratore autonomo. Per l’ equo compenso quindi bisognerà compensare anche per garantire un’effettiva parità di condizioni di compenso e di tenore di vita tra giornalista lavoratore dipendente e autonomo (a parità di tempo di lavoro) il punto di riferimento per l’equo compenso debba essere il costo aziendale lordo della paga del dipendente, maggiorato di una percentuale per coprire i costi di produzione e gestione e dell’unità produttiva, che nel caso del dipendente sono interamente a carico del datore di lavoro.

 

 

La giornata di lavoro unità di misura

 

 La giornata di lavoro diventerebbe quindi l’ unità di misura rispetto a cui calcolare il compenso.  Questo naturalmente in caso di accordo sul ”tempo necessario” per la produzione del servizio.

 

In caso di mancato accordo, invece, la Commissione suggerisce di adottare come vincolanti i parametri individuati nel tariffario dell’ Oerdine dei giornalisti per il 2007 (l’ ultimo del genere), maggiorato dell’ inflazione.

 

Altri elementi rilevanti, secondo la Commissione:

Le spese di carattere straordinario rimborsate a piè di lista, su presentazione di idonea documentazione, salvo patto contrario scritto.

 

– Il lavoro commissionato deve essere pagato anche se non pubblicato, o annullato prima che il lavoro sia concluso; in questo caso il compenso deve essere proporzionale al lavoro svolto e comunque non inferiore al 50% di quello previsto.

 

– Il compenso per la prestazione svolta va corrisposto entro 30 giorni dalla consegna (o dall’annullamento dell’incarico) unitamente al pagamento delle relative spese sostenute.